mercoledì 9 ottobre 2024

Giro della Corsica in campeggio

La questione è molto semplice: riuscirò a sopravvivere per due settimane in campeggio, attraversando la Corsica?
Questa domanda mi tormenta l’anima mentre, sul traghetto Moby, in compagnia della mia ragazza Viola, solchiamo le placide onde del Mediterraneo.

Una finestra speciale
Le mie ultime esperienze di campeggio risalgono ormai a una quindicina di anni prima, ed erano state seguite e coordinate dai genitori. Questa volta è diverso.
Inoltre Viola, da amante della Corsica, c'era stata già diverse volte, mentre per ciò che mi riguarda, l’ho sempre vista come un’entità geografica anonima posta tra la Liguria e la Sardegna. Lei con il feticcio delle tende Quechua e della cucina liofilizzata, io infastidito dalle zanzare e da tutto ciò che richiede una certa manualità.QUESTA VOLTA GIOCO FUORI CASA. L’itinerario del viaggio l’abbiamo preparato in maniera piuttosto elastica (leggasi, abbiamo sfogliato distrattamente la guida “Marco Polo”), con un unico obiettivo: vedere il più possibile dell’isola di Napoleone in quindici giorni.

Avremmo fatto quattro, cinque, forse più tappe, prevalentemente lungo la costa e ignorando la parte Est, quella che si stende dinnanzi all’Italia, a detta di Viola meno interessante e troppo affollata. Parola dell’esperta.

I campeggi non sono stati prenotati, ci saremmo fatti guidare dall’ispirazione del momento, in modo che, qualora avessimo ritenuto una zona meritevole di più tempo, ci saremmo fermati senza troppi rimpianti.
Sbarchiamo a Bastia dopo nel tardo pomeriggio del 25 agosto, dopo una traversata di 7 ore. Puntiamo immediatamente a Nord, nel “dito” della Corsica, Capo Corso, più precisamente al campeggio “L’isolottu”: alle 20.00 chiude il check-in, ma, ancora peggio, calano le tenebre con relativa difficoltà nel montare la tenda.

Il nostro hotel 4 stelle

Affrontando le prime curve mi rendo conto che questa è la parte più selvaggia dell’intera isola: strade strette e tortuose dai guard rail inesistenti affacciate su strapiombi con vista mare, che, faticosamente, si aggrappano ad una sequenza infinita di monti. I centri abitati sono rari, e paiono mantenere l’autenticità della provincia. Arriviamo in campeggio in tempo per gustarci il primo tramonto: si tratta di un luogo grazioso ed essenziale, la tariffa giornaliera, per due, con auto, tenda (piccina) ed elettricità, si aggira sui trenta euro, grossomodo quello che spenderemo anche negli altri campeggi.

Il Nord

Sopravvissuto indenne alla prima notte in tenda, iniziamo a girare per Capo Corso. Lasciamo l’auto a bordo strada e raggiungiamo il Moulin Mattei, un mulino utilizzato in diversi spot pubblicitari e associato ad un celebre aperitivo noto in Corsica, da cui si gode una vista meravigliosa, e da cui partono numerosi sentieri per gli amanti del trekking. Poco distante si trova un suggestivo monumento dedicato alla Madonna.
Proseguiamo lungo l’unica strada, dirigendoci verso il punto più a Nord del nostro itinerario, Plage de Barcaggio. Con tre euro si parcheggia a pochi metri dalla spiaggia, il mare è trasparente, come solo in Sardegna avevo visto. Mancano le mucche, mi lamento io indicando una foto sulla guida turistica. Poco male, per stavolta ci accontentiamo delle merdacce che si nascondono tra la sabbia. Abbozziamo il Sentiero dei Doganieri, un suggestivo percorso che, se fatto nella sua interezza, dovrebbe condurre a Macinaggio. Noi ci fermiamo in una delle decine di torri genovesi che arricchiscono l’isola. Se ne trovano ovunque sulla costa, a volte ben conservate, spesso sgarrupate. Ma cosa ci fanno tutte queste torri genovesi in Corsica? Aimè ,tocca studiare un po ' di storia del posto…

Moulin Mattei
Rientrando cerchiamo invano un supermercato, un supermarché, prova in francese, magari così google ti mostra qualcosa. Rien de rien.
In questa parte di isola non se ne trovano, o, se ce ne sono, fanno orari ridotti. Finiamo con il farci spennare in un alimentari di Centuri Porto, in cui cedo alla tentazione di un melone particolarmente maturo che mi terrà compagnia per due giorni.
Il sole sta tramontando sul primo nostro giorno di vacanza, e per la prima volta realizzo che ad aspettarmi non ci sarà una casetta con piano cottura, frigo pieno di birra e una comoda doccia, bensì una striminzita tenda, scatolame preparato con militare precisione da Viola, e dei cessi a cui fare la coda con carta igienica in mano. Saranno due settimane impegnative, penso mentre, seduto sul water, sento il vicino di gabinetto, un tedesco di mezza età, effettuare flatulenze inaudite.

Rotolando verso sud ci fermiamo a Nonza, delizioso paesino appollaiato su una falesia, in cui svetta la Chiesa di Santa Giulia e la Torre cittadina; da qui è eccezionale la vista sulla spiaggia nera. Per pranzo ci fermiamo a Saint Florent, cittadina graziosa e turistica, da cui partono i battelli per le spiagge di Saleccia e Lotu, all'estremità del deserto Des Agriate, non raggiungibili con auto privata. Dopo qualche tentennamento decidiamo di proseguire, riservandoci di approfondire il deserto un’altra volta.
A Saint Florent mangiamo dello scatolame preso in un supermercato, giriamo per il porticciolo e saliamo su un bastione da cui si osserva il paese calare nell’acqua.

Nonza vista dalla sua torre.
Sempre seguendo l’unica strada disponibile, la T30, tagliamo tutta la Corsica del Nord fino a giungere dalle parti di Lumio, luogo in cui cerchiamo un campeggio che, nelle memorie della mia compagna di viaggio, doveva essere splendido (per bontà evito di scriverne il nome). Ne troviamo uno secco, polveroso, sciatto: approfittiamo dell’assenza del personale per fuggire via. Ne raggiungiamo uno decisamente migliore, il camping Panoramic, da cui si gode effettivamente di un panorama fantastico. Piccola postilla: questa parte di Corsica è quella migliore per godere dei tramonti, quella in cui si vede il sole calare direttamente in acqua.
Il resto della giornata lo impieghiamo nel rito del campeggio: montaggio della tenda e gonfiaggio del materassino sono appannaggio di Viola, mentre io ho il ruolo meno prestigioso del tirare fuori il tavolino e gli scatoloni con il cibo, sistemarli, appendere i fili per il bucato e andare a riempire la bacinella d’acqua. Mi specializza anche nella gestione del fornelletto e ricambio bombola. Mica poco.

Nel campeggio Panoramic passiamo tre notti, infatti risulta l’ideale punto d’appoggio per visitare:


  • Pigna e Sant’antonino, due affascinanti paesini incastonati sui monti corsi; il primo è celebre per la rassegna “Festivoce” che si tiene a luglio, mentre dal secondo, che visitiamo velocemente, parte uno spettacolare sentiero a lato del cimitero che a malincuore interrompiamo a causa delle tante cose da vedere durante la giornata.

  • Plage de l’Ostriconi, alla foce di un rigagnolo, la si raggiunge mediante una breve camminata attraversando un ponticello in legno, tra vegetazione lacustre. Lì ci sollazziamo mezza giornata, e io rompo l’ombrellone.

  • l'ile Rousse, cittadina tres chic, con il suo centro curatissimo, il lungomare con annessa sirenetta adagiata sugli scogli che ricorda quella di Copenaghen, e il tramonto sull’isola rossa, propaggine rocciosa che dà il nome all’intera cittadina, su cui si erge l’imponente faro.

  • Calvi e la sua cittadella fortificata, in cui scalinate e negozietti abbondano. Vi è anche un curioso (e gratuito) museo sulla Legione Francese, in cui accarezzo l’idea di arruolarmi. Ma neanche per sogno. A pochi chilometri si trova l’imponente Notre Dame de la Serra, monumento religioso da cui si gode di una vista magnifica su tutto il golfo di Calvi. Super Consigliato.


Questi primi giorni nel nord ovest della Corsica mi portano a formulare alcune parziali riflessioni sull’isola: la prima è che me l’aspettavo più selvaggia! Dalle testimonianze di chi ci era stato, mi ero fatto l’idea di un’isola semi abbandonata a sé stessa, invece il turismo non manca, magari è più discreto che da altre parti, l’edilizia è più curata, però targhe straniere e servizi abbondano.

Uno scorcio di Sant'Antonino

Secondo pensiero: è piuttosto cara, specie per ciò che riguarda il cibo. Sarà che tocchiamo aree turistiche, sarà l’essere in Francia, ma i prezzi sono decisamente più alti che in Italia.

Inoltre non ho ancora visto uno stabilimento balneare, le spiagge sono libere e spaziose, l'acqua limpida e calda.
Le strade non sono a pagamento, il parcheggio è spesso frutto di fantasia a causa degli spazi ristretti,ma non mi pare si aggirino loschi individui con il taccuino pronti a fare cassa (perdonate la digressione, frutto della mia deformazione professionale).


Il Centro

Attraverso le mille curve che caratterizzano la frastagliata costa corsica scendiamo più a Sud, ci lasciamo alle spalle la Riserva Naturale di Scandola (“prossima volta…”cit.) e planiamo nel Golfo di Porto, con la classica torre genovese posta in bella mostra su uno sperone a darci il benvenuto.
Scegliamo un campeggio posto a qualche chilometro dal mare,“Funtana a L’ora”, ricco di vegetazione, pulito e con ampie piazzole.
Quest'area della Corsica è perfetta sia per chi ama la montagna, che per chi cerca il mare. Lasciando l’auto a Ota improvvisiamo un trekking lungo fiume direzione Evisa: non riusciamo ad arrivare alla meta, complice anche una frana che ha parzialmente reso inagibile il percorso, ma attraversiamo due splendidi ponti ad arco romano -Pont de Pianella e Pont de Zaglia-, ci immergiamo in una vegetazione rigogliosa, a tratti montana, facciamo il bagno in una splendida acqua dolce.
Tornati a Ota ci mettiamo alla ricerca degli animali allo stato brado che occupano la carreggiata: notiamo un allevamento di maiali e qualche capra che razzola indifferente sul cemento. La giornata termina davanti a una bella Petra ghiacciata, e riflettiamo su come sia stata interessante questa parentesi interna dell’isola.
Ad Evisa ci torniamo il giorno seguente, in macchina. Iniziamo il cammino  nella foresta d’Aitone, che pare il preludio di qualcosa di eccezionale, però ad un certo punto ci blocchiamo, ci sentiamo un po’ sciocchi a camminare nei boschi quando viviamo tutto l’anno vicino ad ambienti del genere, mentre un mare simile chissà quando ci ricapita. Tronchiamo così il trekking e ci catapultiamo a Porto.

Porto, che è una frazione di Ota, consiste in una stradina che scende fino al mare ai cui lati si alternano baretti e stand in cui vendono escursioni con battello. Nulla di esaltante.
La spiaggia, poi, è una delle poche trascurabili della Corsica.
Dopo una visita alla Torre genovese, prenotiamo un’escursione via mare per le Calanche di Piana, per il tramonto.
La fortuna, però, non ci assiste:  una strana foschia si alza dall’acqua, rendendo il tramonto una formalità. La minicrociera costa 35 euro - il prezzo varia da compagnia a compagnia, ma ballano pochi euro di differenza - , dura un ora e mezza e non mi ha entusiasmato. Le scogliere sono suggestive, e le insenature attraversate dalla piccola imbarcazione affascinanti, ma forse sono troppo abituato a questo tipo di paesaggi per meravigliarmi come un nord europeo, e poi non prendo bene la stoccata della guida che, descrivendo una fessura a forma di Sardegna, cita un detto corso “la Sardegna è 2.5 volte più grande della Corsica, 5 volte più popolosa e 7 più brutta”. Merci.
La tappa seguente è nei paraggi di Ajaccio: prima di raggiungere la città che ha dato i natali a Napoleone, facciamo tre piccole tappe, prima Plage de la Ficajola, poi Cargese, cittadina costiera nota per la sua chiesa ortodossa, e infine la spiaggia du Stagnone, ampia e poco frequentata.

Proprio la prima spiaggia, con quel nome in grado di attirare i doppi sensi del malizioso uomo italico, vince il personalissimo premio come miglior spiaggia della Corsica: da Piana una stradina piuttosto ripida di circa 5 chilometri conduce ad un parcheggio dove lasciare l’auto, e dopo un breve sentiero, si giunge in questo gioiello incastonato tra le calanche, con acqua cristallina, un paio di casupole perfettamente inserite nel contesto, e rocce bianche alla cui base fare snorkeling. Viste le ridotte dimensioni, da visitare la mattina presto, prima che si riempia di turisti.

Plage de la Ficajola: voto 10


Attirato dalle piscine in evidenza su Google Maps, scelgo U Prunelli, un campeggio nei pressi di Ajaccio, posto di fianco all’aeroporto Napoleone Bonaparte, con ingresso direttamente sulla tangenziale: non la scelta più azzeccata. A peggiorare la situazione ci pensa un attacco di zanzare, che ci sorprende mentre siamo intenti a montare la tenda. L’idea di prendere e scappare ci sfiora la testa per un attimo, poi lo sciame se ne va, entriamo nei maestosi bagni, e pensiamo che per un paio di notti possiamo pure resistere.
Al di là dell’impatto complicato, il camping mostra alcuni lati positivi, come le dimensioni delle piazzole, i già citati servizi, e le notevoli piscine, ma l’idea di ficcarsi sul materassino e sentire il rumore delle auto sfrecciare, fa passare tutta la magia legata all’esperienza del campeggio.
La mattina seguente visitiamo Ajaccio, piccola capitale della Corsica, e più precisamente: la casa di Napoleone, il quartiere genovese, la fortezza -restaurata e abbellita, sede di alcune mostre-, il mercato centrale e il monumento a Napoleone, in Piazza d'Austerlitz.
Una città sicuramente interessante, meno turistica e più vissuta delle altre visitate sinora, in cui è impossibile trovare parcheggio gratuitamente. Ci torneremo la sera per mangiare un tipico piatto corso, la pizza.
Nel pomeriggio ci rechiamo a vedere le Isole sanguinarie, un arcipelago composto da quattro isolotti di porfido rosso (da ciò il nome), con incluso un imponente faro.
Le isole, che si possono raggiungere in kayak o in battello, sono perfettamente osservabili da “La Parata”, un promontorio alla cui cima sorge la solita torre genovese. Gran parte dei turisti si limita a lasciare l’auto in uno dei parcheggi (rigorosamente a pagamento), e, percorrere il sentiero che conduce a questa torre. Da lì il panorama sulle isole sanguinarie è notevole. Alcune gocce di pioggia e sudore lambiscono il tabulè comprato per pranzo.
Appagati da tanta vista (e scaduto il ticket della salata sosta), ci accampiamo in una deliziosa spiaggetta posta tra le isole Sanguinarie e la città di Ajaccio, Plage Terre Sacrée, dove attendiamo placidi l’ora della già citata pizza.

Isole Sanguinarie

Al termine di questa quarta tappa il mio rapporto con la vita da campeggio inizia a essere, se non piacevole, più confortevole. Ormai smontiamo e rimontiamo il nostro accampamento automaticamente, riesco a capire dove recuperare e posare gli oggetti, apprendo l’importanza dell’ordine e apprezzo quei rituali che all’inizio mi pesavano particolarmente.Inizio a notare i vantaggi della vacanza in campeggio, ossia l’assenza di tempi morti, la complicità con i vicini di piazzola, un maggiore contatto con la natura e la sera, spostandosi di qualche decina di metri, un cielo incantevole.
Ah, e il risparmio. Fare questo tipo di vacanza, oltre a essere più economico sul costo della notte, porta ad uscire decisamente meno la sera. Finito di cenare bisogna andare a lavare i piatti, fare il bucato, programmare il giorno seguente, e poi i campeggi sono quasi sempre fuori dal centro abitato…chi ha voglia di muoversi? 


Il Sud e Corte.

Dopo l’esperienza agrodolce del precedente campeggio, selezioniamo con calma il luogo in cui avremmo passato le successive tre notti: la scelta ricade sul camping Des Iles, adagiato su un promontorio a pochi chilometri da Bonifacio, con minimarket e piscina. Tale decisione risulta azzeccata.
Da lì, a piedi, raggiungiamo Plage de Piantarella (piena di alghe verdi), e, camminando sulla battigia, tiriamo dritti per Plage du petit Sperone (veramente troppo affollata) e pointe de Sperone, dove stendiamo i nostri asciugamani e facciamo un bel tuffo in acqua.
La prima sensazione circa il sud dell’isola è che il turismo sia decisamente superiore rispetto al nord: per la prima volta scorgo qualche timido venditore ambulante, uno sparuto stabilimento si fa largo tra le spiagge libere, e qualche agghiacciante esemplare di palazzone turistico getta la sua ombra sulle strade cittadine. Da Ajaccio in giù, della Corsica selvaggia che mi era stata raccontata non vi è traccia; anzi, a dirla tutta, il selvaggio l’ho percepito solo a Capo Corso e in alcune parti interne.

La giornata dedicata a Bonifacio è parzialmente rovinata dalla pioggia.
E poi Bonifacio è una splendida cartolina, ma per me tale resta.

Cartolina da Bonifacio
Una località da osservare, fotografare da più angolazioni, ma costruita ad arte per i turisti:  nella città vecchia ci si lascia trascinare dalla folla che riempie le viuzze, tra costosissime boutique e negozietti luccicanti.
Se si arriva in auto, occorre lasciarla in uno dei parcheggi a pagamento che si trovano a valle: meglio non prendersela troppo con calma, poiché anche quelli terminano in fretta.

Dopo una rapida occhiata al porto e alle sue scintillanti imbarcazioni, iniziamo a salire i gradoni in pietra. Per avere un’ottimale visione della città vecchia, appollaiata su altissime scogliere bianche e protetta da imponenti mura, percorriamo il sentiero Campu Romanilu, che si inerpica tra le rocce, e regala una vista eccezionale su Bonifacio. Peccato la pioggia, ma è una delle conseguenze della vacanza settembrina.
Nel pomeriggio il cielo si apre un po’, così  decidiamo di fare una salto a Capo Pertusato. Con l’auto si arriva fino al faro, poi si prosegue a piedi per circa venti minuti, tra bassi arbusti e rocce bianche. La spiaggia a cui si accede è estremamente suggestiva, e due speroni ricordano chiaramente una barca e una sfinge. L’unico problema è il vento, che tira in maniera costante, e rende la permanenza sulla spiaggia difficoltosa. A leggere le recensioni su Maps, pare sia un fenomeno abbastanza frequente: però un paio d’ore qui sono ben spese.

Il giorno seguente ci spingiamo fino a Porto Vecchio, località turistica della Corsica nord orientale, dove percorriamo distrattamente le vie del centro e assaggiamo i miccioli, frittelle al formaggio. Nel pomeriggio puntiamo alla rinomata spiaggia di Santa Giulia; il parcheggio per tutto il giorno costa 10 euro, noi però troviamo spazio lungo la carreggiata, e, troviamo più salutare percorre 1-2 km a piedi prima di mettere i piedi sulla sabbia. 

Questa spiaggia ha il potere di farti sentire in due luoghi contemporaneamente: se guardi l’acqua pare di essere ai Caraibi per quanto sia limpida, con scogli affioranti bianchi, e una passerella in legno che si protende verso l’orizzonte. Se rivolgi lo sguardo verso la spiaggia, invece, sembra essere a Rimini, visto l’ammasso di gente (moltissimi italiani), che si riversa su questa sottile lingua di terra.

Vista su Corte
Secondo il programma avremmo dovuto visitare un’altra spiaggia nel pomeriggio, ma,visto che a fatica ci siamo conquistati il nostro spazio al sole, conveniamo sul fatto che sia meglio trascorrere qui il resto della giornata.
Il giorno seguente è nuovamente ora di sbaraccare e spingersi a nord, verso Bastia. Prima però, tappa a Corte. Anzi, prima ancora tappa nella Plage de Palombaggia, scartata il giorno precedente.

Il costo per il parcheggio “full day” è di 8 euro, obolo che versiamo senza troppi rimpianti; il problema è lo stesso della spiaggia Santa Giulia: la troppa gente! Ancora una volta fatichiamo a trovare i nostri due metri quadri di spazio per piantare l’ombrellone, ma, consapevoli che molto probabilmente questo sarà il nostro ultimo bagno in terra corsa, ci facciamo spazio accaparrandoci la nostra parte di spiaggia. Verso mezzogiorno decidiamo di scappare da questo carnaio, facciamo il solito pit stop al supermercato “Casino”, riforniamo la macchina e ci spingiamo fino a Corte, tappa fortemente voluta dallo scrivente.
Collocata nel centro dell’isola, rappresenta la vecchia capitale corsa, da alcune guide viene dipinta come il covo dei nazionalisti, ai miei occhi appare come una splendida cittadina, la cui vecchia cittadella che include il castello, abbarbicato su uno sperone di roccia, viene definita nido d’aquila.

A Corte troviamo rifugio nel campeggio Chez Bartho, ai piedi della cittadella, ai cui lati scorre un fiumiciattolo. Il campeggio, posto su più piani, è ombreggiato da platani e noci, i cui frutti ogni tanto vanno a cadere sulle auto dei turisti incazzati; ma la parte migliore è l’area centrale, una piazzetta ricoperta di tavolini, in cui è possibile degustare un’ottima pizza -per gli standard francesi-, con  birra Pietra. Noi non ci limitiamo questo ma testiamo anche l’aperitivo Matei e il tradizionale Pastis.

La città di Corte si gira in una giornata scarsa: il belvedere che punta sul nido d’aquila, il Museo della Corsica, moderno ma con un taglio che mi ha soddisfatto poco, la Fontana dei Quattro Cannoni, Place Gaffory, e, in generale, il saliscendi tra le stradine acciottolate.
Corte è anche un luogo ideale per i trekking: infatti la cittadina si apre sulla meravigliosa Valle Restonica, area inserita all'interno del Parco Naturale Regionale della Corsica, che presenta vette di oltre mille metri. E’ abbastanza frequente vedere in città camminatori che usano Corte come punto di partenza per arrivare al Lac de Melu e Lac de Capitellu. Anche noi abbiamo mezza intenzione di provare a raggiungere i due laghi, ma arrivati a metà strada, la circolazione veicolare viene interrotta, causa frane. Bisognerebbe aspettare la navetta, che comunque non porterebbe all’esatto punto di partenza. L’impresa, che già partiva in salita, viene accantonata immediatamente per far posto a una più semplice camminata che, partendo dalla Cappella di Sant’Antonio, e tenendosi sulla sinistra l’Università di Corsica Pasquale paoli, conduce fin sulla punta U Corbu, da cui il panorama sulla valle e sulla città è magnifico. Si sale ancora un pochino tra pini e larici, e poi si prende una lunga discesa che porta fino alla Passerelle de Chjarasgiolu; lì ci fermiamo a pranzare su un paio di scogli lungo il fiume. Per rientrare a Corte basta seguire la strada asfaltata, poco battuta causa limitazioni del traffico, e in 4-5 chilometri torniamo dal nostro caro Chez Bartho.

Visuale dalla nostra stanza
Gli ultimi giorni sono stati caratterizzati da un clima uggioso; una notte ha persino piovuto, regalando le immaginabili seccature che l’acqua può regalare ai campeggianti.
La mattina seguente tocca fare un’ora e mezza di macchina per raggiungere Bastia, il porto, poi casa. Quando ripongo l’ultimo picchetto nel sacchetto mi sale un nodo alla gol…non esageriamo!  A un Leclerc agguantiamo qualche ricordo, una serie di marmellate tipiche, una bottiglia di birra Pietra e un tagliere con la testa del moro, simbolo della Corsica.
A bordo della Sardinia Ferris viene riprodotta una compilation musicale tamarissima, mentre dalla poppa della nave vediamo allontanarsi sotto una leggera pioggerellina il profilo di Bastia. Missione compuita. Au revoir, Corse!

In questo link il tragitto compiuto, con le indicazioni dei campeggi e dei punti più interessanti visti: Giro della Corsica 2024

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