Torino- Bruxelles è un volo che Ryanair offre da anni a prezzi stracciati, senza che la cosa abbia mai smosso in me una particolare curiosità.
Forse perché della capitale belga non ne ho mai sentito parlare in maniera entusiastica, o magari è l'associazione che faccio con i freddi palazzi del potere europei.
Fatto sta che mi ritrovo con la solita
settimana sgombra da impegni lavorativi, questa volta a fine luglio,
e, una serie di situazioni, come la lenta ripresa dalla pandemia, gli
scioperi delle compagnie aeree, la guerra russo ucraina, che hanno
ridotto notevolmente il mio raggio d'azione: presto la scelta si
riduce nel dilemma “o Belgio o casa”.
Quando mi sono quasi
convinto circa la bellezza del Museo Egizio e relativa necessità di
visitarlo per la tredicesima volta, con un moto d'avventura ormai
sopito sotto strati di routine lavorativa e famigliare, decido che ci
sarebbe la possibilità, volando su Bruxelles, di sconfinare anche
verso Amsterdam, ben collegata alla capitale belga.
A questo punto il piatto diventa più
succoso: investire quaranta euro A/R su Ryanair può essere una
scelta saggia, chiedo scusa al faraone per averlo piantato in asso,
faccio le valigie e parto.
Solo.
I GIORNO
L'aeroporto su cui vola Ryanair è il
celebre Cherloi, una cittadina a circa 80 km da Bruxelles: per
raggiungere la capitale belga c'è solo il pullman, della compagnia
Flibco, il cui costo per una tratta è di 18 euro, più di quanto
abbia pagato il volo d'andata!
Dopo essermi soffermato un quarto
d'ora di troppo sulla possibilità di andare a prendere il treno alla
stazione che dista circa 5 km dall'aeroporto con l'intento di
risparmiare 5 euro, decido di farmi raggirare dalla simpatica
compagnia di bus.
Il terminal dei bus di Bruxelles è in un luogo angusto, vicino alla Gare du Midi, ma ha il merito di farmi vedere parte della periferia cittadina, che appare ai miei occhi come degradata, piuttosto sporca, brulicante di sottopassi e macchine che li percorrono a gran velocità.
Marcio spedito verso il centro.
Il
cielo è plumbeo, attraverso un luna park spettrale, inizio a inalare
odore di birra e fritto, mi rifugio nel museo Magritte.
Non sono
un grande amante dei musei, specie quelli pittorici, ma Magritte mi
ha sempre affascinato con le sue bombette, le mele e quel senso di
astratto che lascia spaesati.
Mi godo il museo, il cui costo è di
dieci euro, poi scendo nelle vie centrali, pedonali, dove una fitta
schiera di localini fa a gara ad accaparrarsi il più alto numero di
turisti.
Pian piano vengono fuori parecchie peculiarità del
Belgio, Paese un po' oscurato dagli ingombranti vicini francesi e
olandesi: birra, cioccolato, patatine fritte, cozze, fumetti, sono
cose che si avvicendano a ogni angolo delle strade, e la Grand Place
è senza dubbio una delle piazze più belle d'Europa.
Mi imbatto nel celebre Manekkin Pis, e
nel suo omologo femminile; putti che urinano sulla folla
fotografante; salgo su una terrazza panoramica che mostra Bruxelles
dall'alto.
Vago senza meta per le vie del centro; non sarà la città più bella del mondo, penso, ma le numerose istallazioni artistiche, le ruote panoramiche e il brulichio di gente che invade le piazzette la rendono assai accattivante.
Dormo in un ostello situato verso la stazione metro Rogier, lo Sleep Well, pago 26 euro per un letto in dormitorio e penso di aver speso molto: ancora non ho ben idea di come sono i prezzi da quelle parti e in che bettole andrò a dormire nelle seguenti notti.
II GIORNO
La mattina successiva mi sveglia una
leggera e piacevolissima pioggerella che batte contro le finestre: ho
dormito bene nello Sleep Well, a parte il nome che è terribile, la
colazione a buffet è abbondante, e sono disposti a tenermi i bagagli
fino a fine giornata nonostante il check out.
Consigliato!
Con la pioggia a farmi compagnia, mi
dirigo alla stazione metro, e prendo la linea 6 direzione Heysel. per
chi segue il calcio, un nome evocativo.
L'Atomium che mi si para davanti è
come me l'aspettavo, imponente con le sue lucide sfere d'acciaio
rappresentanti i nove atomi di una cella unitaria di cristallo di
ferro.
Costruito durante l'Expo del 1958, è
presto diventato uno dei simboli della città.
Dentro si può entrare, è presente un museo interattivo e, a quanto si legge su internet, è molto carino.
Ma a me non interessa granché
chiudermi in un museo, pertanto dopo le solite foto di rito, inizio a
camminare nel gigantesco Park de Laeken, cuore verde enorme e ricco
di chicche da vedere, ideato sul modello del parco del Buen Retiro di
Madrid.
La pioggia incessante e il fatto di
essere in giro in una mattina lavorativa lo rende un luogo tetro ma
affascinante.
Raggiungo una pagoda e un edificio giapponese chiusi al pubblico, rientro verso l'Atomium, faccio il giro del celebre stadio Heysel, teatro della tragedia del 1985, che nel frattempo ha cambiato nome, e prendo nuovamente la metro, stavolta diretto verso il Parlamento Europeo.
Il cuore politico europeo è costituito
da palazzi vetrati inaspettatamente accessibili; ricorrono ovunque i
nomi dei personaggi che hanno fatto grande l'Europa incoraggiando e
implementando il processo unitario. Ci sarebbe la possibilità di
entrare nel Parlamento, ma proprio quel giorno è chiuso al pubblico:
mi accontento imbucandomi nella Casa della storia europea , dove cinque
piani pieni di oggetti, ricostruzioni, slide, e reperti ripercorrono
l'evoluzione della storia del nostro Continente.
Si tratta di
un'attrazione imperdibile, anche perché gratuita, da cui anche il
più euroscettico non potrà che apprezzare i molti passi fatti
avanti tutti insieme, sotto il profilo della pace e del benessere
economico.
Terminata la lunga visita al museo,
esco che c'è un flebile sole.
Entro in un Carrefour express e mi
regalo un panino con una birra, gironzolo ancora per Bruxelles che,
nelle poche ore della mia permanenza, ha recuperato parecchi punti ai
miei occhi.
Alle 19.00 sono alla fermata Gare du Nord in attesa
del mio bel Flixbus che mi porterà a Bruges.
Il gioiello delle Fiandre si presenta
in tutt'altro modo rispetto alla capitale belga: stradine pulite e
ordinate, canali sormontati da graziosi ponti ornati da fiori, file
di casette fiamminghe, piste ciclabili e aree verdi. Un posto
delizioso.
A guastare tutta questa magia ci pensa la proprietaria
dell'ostello che mi mostra la camera in dormitorio in cui dovrò
dormire: cumuli di vestiti ovunque, letti non assegnati, sporcizia e
un bagno mezzo allagato e privo di doccia con il solo spruzzino della
vasca ad adempiere al compito di lavare tutti. Questo incubo per ben
32 euro, colazione esclusa.
Scappo dall'ostello e mi rifugio nei
vicoli cittadini medievali.
La piazza del mercato, le chiese principali e la Cattedrale di San Salvatore, il Burg in cui si affaccia il Municipio, i canali che tagliano la città: sembra di essere in una fiaba, e la visione per un momento mi allontana dall'idea di dover dormire in quello schifo.
III GIORNO
Stendiamo un velo pietoso sulla notte
passiamo direttamente alla mattina seguente: dopo essermi tirato sù
con un cappuccino e una brioche decido che è arrivato il momento di
affittare una bici. Prendo un carcassone per 13 euro -tutto il
giorno- , e faccio il giro della città: una pista ciclabile la
avvolge completamente. All'altezza di Dampoort ci sono tre mulini
inutilizzati e alla mercé di turisti, mentre a sud del giro vi è
Minnewaterpark, delizioso parco cittadino.
Girare per Bruges in
bici risulta complicato: la città è letteralmente invasa da
turisti, e le strade acciottolate non favoriscono lo scivolare del
mio carcassone.
Esco da Bruges e mi dirigo a Nord, seguendo il corso di un canale, verso Damme.
La strada è pulita, le indicazioni precise e costanti: il cicloturismo qui è sviluppato in tutto il suo potenziale.
Visto che non sono soddisfatto del giro
decido di puntare al Mare del Nord.
La località più vicina è
Knokke Heist, a circa 25 chilometri di distanza, anch'essa collegata
stupendamente da varie piste ciclabili.
Sul mare mi godo una birra
e uno waffle con panna per festeggiare l'impresa.
Il ritorno a Bruges è più comodo
visto che ho il vento a favore.
Cambio Ostello per la notte , riesco a prenotarne uno a circa 7 km da Bruges, lungo una diga, un posticino incantevole che ha il merito di riconciliarmi con Bruges e il Belgio intero.
Lo ammetto, la tentazione di restare nelle Fiandre noleggiando una bici e vagando per quei posti mi attira moltissimo, ma sono a uno sputo di distanza da Amsterdam, e il richiamo della capitale dei Paesi Bassi è forte.
Cammino lungo la diga osservando un tratto di Belgio meno turistico: sono colpito dalla bellezza delle casettine, dai prati rigogliosi, dai fiori che spuntano ovunque, e dalla cura dei dettagli.
Alle 11.00 il solito
pullman Flixbus mi carica, ci vorrà una mezza giornata ma alle 18
sarò finalmente a Amsterdam.
La stazione di arrivo è Duivendrecht,
a sei chilometri dall'ostello che ho prenotato “Amigo Budget Hostel”: per due notti spendendo circa 60 euro, impossibile trovare
meno in tutta la capitale.
La lunga passeggiata mi serve per
prendere confidenza con la città, con le sue piste ciclabili, il suo
sistema di dighe, canali e giardini particolarissimo, i suoi edifici
colorati e stravaganti.
Quando giungo all'ostello mi rendo
conto che sarà il solito pernotto di sacrificio: scale ripidissime,
bagni microscopici, una camera claustrofobica nella quale hanno
piazzato 4 letti a castello; meglio farsi un giro per Amesterdam.
La
cosa buona dell'ostello è che non è troppo lontano dal centro, per
cui mi munisco di voglia e punto piazza Dam: scopro che il nome della
capitale deriva dal fiume che la taglia “Amstel” su cui hanno
costruito una diga, “Dam”.
C'è spazio anche per la cultura qua sopra.
Ad attirare la mia curiosità è la struttura del centro della città, che si nota da qualsiasi mappa cartacea e non: canali che formano semicerchi concentrici che trovano il proprio epicentro in piazza Dam. Sembra di essere all'interno di un videogioco.
A stupirmi, oltre a ciò, vi è la
mancanza di palazzoni moderni: tutti i caseggiati sono bassi, in
armonia tra di loro, abbelliti da piante, regalano un senso di
leggerezza e respiro.
Le piste ciclabili qui hanno un senso, a
differenza che in Italia, sono molto utilizzate e affiancano, quando
non sostituiscono, le carreggiate per i veicoli a motore.
Attraverso
piazza Rembrandt e ho la certezza di essere a Amsterdam quando inizio
a notare schiere di coffee shop, pub, locali aperti h24, e gruppi di
ragazzi che entrano e escono come fossero al luna park.
E' venerdì sera e presto la città diventa un enorme Paese dei Balocchi, in cui tra stormi di gente emergono soggetti stravaganti, camionette della polizia, vetrine con dentro ragazze svestite (nel famoso quartiere a luci rosse “De Wallen””), turisti che fotografano i celebri canali rischiando di finire in acqua.
A un certo punto la situazione è
soffocante, mi sento trascinato da questi cercatori di divertimento,
e io, essendo solo, ho a tratti la sensazione di essere a una festa
in cui non conosco nessuno.
Faccio un passo di lato, mi allontano
dalle vie più battute, entro in un parchetto semi abbandonato in cui
il riflesso del tramonto sull'acqua dell'ennesimo canale regala un
gioco di luce fantastico.
Riprendo la via dell'ostello, sperando tra me e me siano tutti fuori a fare fiesta i miei compagni di stanza.
Mi sbaglierò.
I viaggiatori solitari sono più del previsto, solo che si nascondono bene.
IV GIORNO
Il sabato seguente è dedicato a Amsterdam città.
Le due attrazioni principali, però, mi
sono precluse.
Parlo del Museo di Anna Frank e quello di Van
Gogh.
Entrambi necessitavano di prenotazione anticipata che, aimè,
non ho effettuato.
Uno potrebbe pensare, ma se non fumi, non vai a
donnine, non ti diverti e ti eviti anche i due musei principali, che
ci stai a fare a Amasterdam?
Ed è quello che mi chiedo anche io
passeggiando per piazza Dam, sorseggiando un cappuccino della Lidl.
Entro nel Palazzo Reale, la cui visita merita, passeggio per il mercato dei Fiori, costeggio il Nemo Science Museum, fotografo edifici particolari e battelli gremiti di turisti.
La giornata è splendida, e io ribatezzo la città come la Capitale più particolare mai vista.
Durante il giorno vi è un turismo nettamente diverso rispetto a quello notturno, e sono colpito dalla velocità con la quale l'area centrale viene ripulita dai rimasugli delle sbornie serali.
Alla stazione vengo colpito dalle
centinaia di bici accatastate, e mi prendo un sandwich con una birra
nel prato antistante il Van Gogh Museum.
Di fianco ci sarebbe il
Rijksmuseum,
museo di arte olandese consigliato da tutte le guide e dai siti
dedicati alla città, e un po' mi sento un ignorante a non entrare,
ma il bello di viaggiare da soli è che si può decidere senza troppi
problemi dove entrare e dove no, per cui me ne sto su quel prato
colmo di turisti a sorseggiare birra e a osservare il fiume di gente
fare avanti e indietro.
Nel pomeriggio continuo il mio vagare per Amsterdam, compro un paio di cianfrusaglie accalappia turisti, tra cui del tè alla marijuana, entro in un paio di parchi e passo nuovamente nel quartiere a luci rosse.
Prima che le frotte di ragazzi urlanti facciano iniziare la propria giornata, decido che la mia è finita.
V GIORNO
L'ultima
giornata a Amesterdam parte male: ho comprato uno di quei tour
organizzati su GetYourGuide in modo da dare un'occhiata anche alla
campagna olandese, ma, cinque minuti prima della partenza fissata per
le 9.00, sono perso per la stazione centrale di Amsterdam in cerca
della palina da cui sarebbe partito il bus.
Scorgo il gigantesco
bus rosso allontanarsi dalla stazione e con una corsa di cui non mi
ritenevo capace, lo raggiungo e lo prendo al volo, madido di sudore,
tra il disappunto dei passeggeri che devono sorbirsi cinque minuti di
ritardo a causa delle procedure del mio check in.
Non sono un fan di questi tour, costano poco, è vero, ma sono utilizzati dagli organizzatori per venderti di tutto: nello specifico, il pranzo in un posto convenzionato, dei formaggi e dei salumi in due aziende locali.
Purtroppo avendo poco tempo ed essendo privo di macchina spesso sono un buon compromesso.
Durante il tour c'è la possibilità di apprendere qualcosa grazie a un'audioguida, tipo cos'è un polder e il fastidio che si provoca ai locali chiamando Olanda i Paesi Bassi.
La prima tappa è Zaanse Shans,
ricostruzione di un sito museale con vari mulini a vento affacciati
sull'allargamento di un canale, in molti dei quali è possibile
entrare per capire il funzionamento degli stessi e la vita degli
abitanti dell'epoca.(apprezzando la nostra).
Vi è anche un museo
chiuso a cui non ci è concesso entrare causa breve tempo della
visita.
A Volendam riescono a vendermi quattro forme di formaggio,
di cui una terribile al pesto, e per pranzo scelgo una bancarella con
dei frutti di mare carissimi, ma per il resto la cittadina è
splendida, un quadro fiammingo che consiglio assolutamente di
vedere.
Marken è un villaggio di pescatori convertito al turismo,
quindi scenografico ma anch'esso abbastanza costruito.
Qui l'autista ha deciso che la giornata è praticamente finita, non essendoci più nulla da vendere, per cui taglia corto e ci concede mezz'oretta scarsa per girare il posto.
Rientriamo ad Amsterdam nel tardo pomeriggio, sono abbastanza soddisfatto della visita, anche se, oltre alle valigie, mi trascino dietro due chili di formaggio olandese, e con esso la sua fragranza.
Dalla stazione centrale vado
direttamente alla stazione dei Bus Flixbus: la vacanza sta virando al
termine, e come ultima tappa ho Gand, città fiamminga in cui, per
puro caso, alloggiano i genitori della mia ragazza.
L'idea di
scroccare un divano per la notte è assai allettante, così come il
fatto di avvicinarmi all'aeroporto.
Giungo nella città fiamminga in tarda
serata, mi accolgono con un minestrone e della birra, l'ideale dopo
aver passato una settimana ad alternare panini e sandwich.
Loro hanno appena concluso un circuito
ciclistico in Olanda (pardon, Paesi Bassi...), io ho trottato come
poche volte mi è capitato in negli ultimi tempi: siamo tutti
d'accordo che il giorno dopo lo passeremo bighellonando per il centro
di Gand (o Genk in lingua locale) senza esagerare.
VI GIORNO
Due pecche guasteranno in parte la visita a questa città, estremamente graziosa: il tempo piovoso e la conclusione, il giorno prima, di un festival che ha coinvolto tutta Gand, per cui le strade sono invase da camioncini della nettezza urbana e da ditte che smontano impalcature.
Tuttavia il castello Gravensteen è
spettacolare, così come tutto il centro medievale, la cattedrale di
San Bavone,il Beffroi di Gent (la torre campanaria), il Municipio, la
chiesa di san Nicola.
Avevamo discrete aspettative per la via dei
Murales, rivelatasi poi non troppo differente dalle mura imbrattate
di vernice all'interno di una qualsiasi stazione ferroviaria
italiana.
Nel pomeriggio, stanchi del vagar, prendiamo la macchina e puntiamo Ostenda, città belga sul mare del Nord, nella quale mangiamo pesce in cartoccio e facciamo un po' i villeggianti.
E' una cittadina per famiglie che cercano il relax e, a parte la cattedrale e il bastione Napoleone, non c'è granché da vedere.La passeggiata lungomare è piacevole, ed è rilassante camminare sulla battigia osservando i pochi intrepidi che sfidano il vento facendosi il bagno.
La sera dormo in aeroporto, luoghi
dotati di bagni, prese per il cellulare, wi-fi e sedie
(discretamente) comode.
Dopo il divano dei genitori della mia
ragazza, il miglior posto dove ho dormito nell'ultima settimana.
Il
volo parte in orario, anche stavolta non ci sono stati intoppi: torno
che sono più stanco di quando sono partito, ma ho visto un sacco di
cose, e per la quattordicesima volta al Museo Egizio ci sarà tempo.
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