"Le persone non fanno viaggi, sono i viaggi che fanno le persone" J.Steinbeck

lunedì 29 agosto 2022

Una settimana tra Belgio e Paesi Bassi...

Torino- Bruxelles è un volo che Ryanair offre da anni a prezzi stracciati, senza che la cosa abbia mai smosso in me una particolare curiosità.

Forse perché della capitale belga non ne ho mai sentito parlare in maniera entusiastica, o magari è l'associazione che faccio con i freddi palazzi del potere europei.

Fatto sta che mi ritrovo con la solita settimana sgombra da impegni lavorativi, questa volta a fine luglio, e, una serie di situazioni, come la lenta ripresa dalla pandemia, gli scioperi delle compagnie aeree, la guerra russo ucraina, che hanno ridotto notevolmente il mio raggio d'azione: presto la scelta si riduce nel dilemma “o Belgio o casa”.
Quando mi sono quasi convinto circa la bellezza del Museo Egizio e relativa necessità di visitarlo per la tredicesima volta, con un moto d'avventura ormai sopito sotto strati di routine lavorativa e famigliare, decido che ci sarebbe la possibilità, volando su Bruxelles, di sconfinare anche verso Amsterdam, ben collegata alla capitale belga.
A questo punto il piatto diventa più succoso: investire quaranta euro A/R su Ryanair può essere una scelta saggia, chiedo scusa al faraone per averlo piantato in asso, faccio le valigie e parto.

Solo.

I GIORNO

L'aeroporto su cui vola Ryanair è il celebre Cherloi, una cittadina a circa 80 km da Bruxelles: per raggiungere la capitale belga c'è solo il pullman, della compagnia Flibco, il cui costo per una tratta è di 18 euro, più di quanto abbia pagato il volo d'andata!
Dopo essermi soffermato un quarto d'ora di troppo sulla possibilità di andare a prendere il treno alla stazione che dista circa 5 km dall'aeroporto con l'intento di risparmiare 5 euro, decido di farmi raggirare dalla simpatica compagnia di bus.


Il terminal dei bus di Bruxelles è in un luogo angusto, vicino alla Gare du Midi, ma ha il merito di farmi vedere parte della periferia cittadina, che appare ai miei occhi come degradata, piuttosto sporca, brulicante di sottopassi e macchine che li percorrono a gran velocità.

Marcio spedito verso il centro.
Il cielo è plumbeo, attraverso un luna park spettrale, inizio a inalare odore di birra e fritto, mi rifugio nel museo Magritte.
Non sono un grande amante dei musei, specie quelli pittorici, ma Magritte mi ha sempre affascinato con le sue bombette, le mele e quel senso di astratto che lascia spaesati.
Mi godo il museo, il cui costo è di dieci euro, poi scendo nelle vie centrali, pedonali, dove una fitta schiera di localini fa a gara ad accaparrarsi il più alto numero di turisti.

Pian piano vengono fuori parecchie peculiarità del Belgio, Paese un po' oscurato dagli ingombranti vicini francesi e olandesi: birra, cioccolato, patatine fritte, cozze, fumetti, sono cose che si avvicendano a ogni angolo delle strade, e la Grand Place è senza dubbio una delle piazze più belle d'Europa.
Mi imbatto nel celebre Manekkin Pis, e nel suo omologo femminile; putti che urinano sulla folla fotografante; salgo su una terrazza panoramica che mostra Bruxelles dall'alto.

Vago senza meta per le vie del centro; non sarà la città più bella del mondo, penso, ma le numerose istallazioni artistiche, le ruote panoramiche e il brulichio di gente che invade le piazzette la rendono assai accattivante.

Dormo in un ostello situato verso la stazione metro Rogier, lo Sleep Well, pago 26 euro per un letto in dormitorio e penso di aver speso molto: ancora non ho ben idea di come sono i prezzi da quelle parti e in che bettole andrò a dormire nelle seguenti notti.


II GIORNO

La mattina successiva mi sveglia una leggera e piacevolissima pioggerella che batte contro le finestre: ho dormito bene nello Sleep Well, a parte il nome che è terribile, la colazione a buffet è abbondante, e sono disposti a tenermi i bagagli fino a fine giornata nonostante il check out.
Consigliato!
Con la pioggia a farmi compagnia, mi dirigo alla stazione metro, e prendo la linea 6 direzione Heysel. per chi segue il calcio, un nome evocativo.
L'Atomium che mi si para davanti è come me l'aspettavo, imponente con le sue lucide sfere d'acciaio rappresentanti i nove atomi di una cella unitaria di cristallo di ferro.

Costruito durante l'Expo del 1958, è presto diventato uno dei simboli della città.
Dentro si può entrare, è presente un museo interattivo e, a quanto si legge su internet, è molto carino.

Ma a me non interessa granché chiudermi in un museo, pertanto dopo le solite foto di rito, inizio a camminare nel gigantesco Park de Laeken, cuore verde enorme e ricco di chicche da vedere, ideato sul modello del parco del Buen Retiro di Madrid.
La pioggia incessante e il fatto di essere in giro in una mattina lavorativa lo rende un luogo tetro ma affascinante.

Raggiungo una pagoda e un edificio giapponese chiusi al pubblico, rientro verso l'Atomium, faccio il giro del celebre stadio Heysel, teatro della tragedia  del 1985, che nel frattempo ha cambiato nome, e prendo nuovamente la metro, stavolta diretto verso il Parlamento Europeo.

Il cuore politico europeo è costituito da palazzi vetrati inaspettatamente accessibili; ricorrono ovunque i nomi dei personaggi che hanno fatto grande l'Europa incoraggiando e implementando il processo unitario. Ci sarebbe la possibilità di entrare nel Parlamento, ma proprio quel giorno è chiuso al pubblico: mi accontento imbucandomi nella Casa della storia europea , dove cinque piani pieni di oggetti, ricostruzioni, slide, e reperti ripercorrono l'evoluzione della storia del nostro Continente.
Si tratta di un'attrazione imperdibile, anche perché gratuita, da cui anche il più euroscettico non potrà che apprezzare i molti passi fatti avanti tutti insieme, sotto il profilo della pace e del benessere economico.
Terminata la lunga visita al museo, esco che c'è un flebile sole.

Entro in un Carrefour express e mi regalo un panino con una birra, gironzolo ancora per Bruxelles che, nelle poche ore della mia permanenza, ha recuperato parecchi punti ai miei occhi.
Alle 19.00 sono alla fermata Gare du Nord in attesa del mio bel Flixbus che mi porterà a Bruges.

Il gioiello delle Fiandre si presenta in tutt'altro modo rispetto alla capitale belga: stradine pulite e ordinate, canali sormontati da graziosi ponti ornati da fiori, file di casette fiamminghe, piste ciclabili e aree verdi. Un posto delizioso.
A guastare tutta questa magia ci pensa la proprietaria dell'ostello che mi mostra la camera in dormitorio in cui dovrò dormire: cumuli di vestiti ovunque, letti non assegnati, sporcizia e un bagno mezzo allagato e privo di doccia con il solo spruzzino della vasca ad adempiere al compito di lavare tutti. Questo incubo per ben 32 euro, colazione esclusa.
Scappo dall'ostello e mi rifugio nei vicoli cittadini medievali.

La piazza del mercato, le chiese principali e la Cattedrale di San Salvatore, il Burg in cui si affaccia il Municipio, i canali che tagliano la città: sembra di essere in una fiaba, e la visione per un momento mi allontana dall'idea di dover dormire in quello schifo.


III GIORNO

Stendiamo un velo pietoso sulla notte passiamo direttamente alla mattina seguente: dopo essermi tirato sù con un cappuccino e una brioche decido che è arrivato il momento di affittare una bici. Prendo un carcassone per 13 euro -tutto il giorno- , e faccio il giro della città: una pista ciclabile la avvolge completamente. All'altezza di Dampoort ci sono tre mulini inutilizzati e alla mercé di turisti, mentre a sud del giro vi è Minnewaterpark, delizioso parco cittadino.
Girare per Bruges in bici risulta complicato: la città è letteralmente invasa da turisti, e le strade acciottolate non favoriscono lo scivolare del mio carcassone.

Esco da Bruges e mi dirigo a Nord, seguendo il corso di un canale, verso Damme.

La strada è pulita, le indicazioni precise e costanti: il cicloturismo qui è sviluppato in tutto il suo potenziale.

Visto che non sono soddisfatto del giro decido di puntare al Mare del Nord.
La località più vicina è Knokke Heist, a circa 25 chilometri di distanza, anch'essa collegata stupendamente da varie piste ciclabili.
Sul mare mi godo una birra e uno waffle con panna per festeggiare l'impresa.
Il ritorno a Bruges è più comodo visto che ho il vento a favore.

Cambio Ostello per la notte , riesco a prenotarne uno a circa 7 km da Bruges, lungo una diga, un posticino incantevole che ha il merito di riconciliarmi con Bruges e il Belgio intero.

Lo ammetto, la tentazione di restare nelle Fiandre noleggiando una bici e vagando per quei posti mi attira moltissimo, ma sono a uno sputo di distanza da Amsterdam, e il richiamo della capitale dei Paesi Bassi è forte.

Cammino lungo la diga osservando un tratto di Belgio meno turistico: sono colpito dalla bellezza delle casettine, dai prati rigogliosi, dai fiori che spuntano ovunque, e dalla cura dei dettagli.

Alle 11.00 il solito pullman Flixbus mi carica, ci vorrà una mezza giornata ma alle 18 sarò finalmente a Amsterdam.
La stazione di arrivo è Duivendrecht, a sei chilometri dall'ostello che ho prenotato “Amigo Budget Hostel”: per due notti spendendo circa 60 euro, impossibile trovare meno in tutta la capitale.
La lunga passeggiata mi serve per prendere confidenza con la città, con le sue piste ciclabili, il suo sistema di dighe, canali e giardini particolarissimo, i suoi edifici colorati e stravaganti.

Quando giungo all'ostello mi rendo conto che sarà il solito pernotto di sacrificio: scale ripidissime, bagni microscopici, una camera claustrofobica nella quale hanno piazzato 4 letti a castello; meglio farsi un giro per Amesterdam.
La cosa buona dell'ostello è che non è troppo lontano dal centro, per cui mi munisco di voglia e punto piazza Dam: scopro che il nome della capitale deriva dal fiume che la taglia “Amstel” su cui hanno costruito una diga, “Dam”.

C'è spazio anche per la cultura qua sopra.

Ad attirare la mia curiosità è la struttura del centro della città, che si nota da qualsiasi mappa cartacea e non: canali che formano semicerchi concentrici che trovano il proprio epicentro in piazza Dam. Sembra di essere all'interno di un videogioco.

A stupirmi, oltre a ciò, vi è la mancanza di palazzoni moderni: tutti i caseggiati sono bassi, in armonia tra di loro, abbelliti da piante, regalano un senso di leggerezza e respiro.
Le piste ciclabili qui hanno un senso, a differenza che in Italia, sono molto utilizzate e affiancano, quando non sostituiscono, le carreggiate per i veicoli a motore.
Attraverso piazza Rembrandt e ho la certezza di essere a Amsterdam quando inizio a notare schiere di coffee shop, pub, locali aperti h24, e gruppi di ragazzi che entrano e escono come fossero al luna park.

E' venerdì sera e presto la città diventa un enorme Paese dei Balocchi, in cui tra stormi di gente emergono soggetti stravaganti, camionette della polizia, vetrine con dentro ragazze svestite (nel famoso quartiere a luci rosse “De Wallen””), turisti che fotografano i celebri canali rischiando di finire in acqua.

A un certo punto la situazione è soffocante, mi sento trascinato da questi cercatori di divertimento, e io, essendo solo, ho a tratti la sensazione di essere a una festa in cui non conosco nessuno.
Faccio un passo di lato, mi allontano dalle vie più battute, entro in un parchetto semi abbandonato in cui il riflesso del tramonto sull'acqua dell'ennesimo canale regala un gioco di luce fantastico.

Riprendo la via dell'ostello, sperando tra me e me siano tutti fuori a fare fiesta i miei compagni di stanza.

Mi sbaglierò.

I viaggiatori solitari sono più del previsto, solo che si nascondono bene.


IV GIORNO

Il sabato seguente è dedicato a Amsterdam città.

Le due attrazioni principali, però, mi sono precluse.
Parlo del Museo di Anna Frank e quello di Van Gogh.
Entrambi necessitavano di prenotazione anticipata che, aimè, non ho effettuato.
Uno potrebbe pensare, ma se non fumi, non vai a donnine, non ti diverti e ti eviti anche i due musei principali, che ci stai a fare a Amasterdam?
Ed è quello che mi chiedo anche io passeggiando per piazza Dam, sorseggiando un cappuccino della Lidl.

Entro nel Palazzo Reale, la cui visita merita, passeggio per il mercato dei Fiori, costeggio il Nemo Science Museum, fotografo edifici particolari e battelli gremiti di turisti.

La giornata è splendida, e io ribatezzo la città come la Capitale più particolare mai vista.

Durante il giorno vi è un turismo nettamente diverso rispetto a quello notturno, e sono colpito dalla velocità con la quale l'area centrale viene ripulita dai rimasugli delle sbornie serali.

Alla stazione vengo colpito dalle centinaia di bici accatastate, e mi prendo un sandwich con una birra nel prato antistante il Van Gogh Museum.
Di fianco ci sarebbe il Rijksmuseum, museo di arte olandese consigliato da tutte le guide e dai siti dedicati alla città, e un po' mi sento un ignorante a non entrare, ma il bello di viaggiare da soli è che si può decidere senza troppi problemi dove entrare e dove no, per cui me ne sto su quel prato colmo di turisti a sorseggiare birra e a osservare il fiume di gente fare avanti e indietro.

Nel pomeriggio continuo il mio vagare per Amsterdam, compro un paio di cianfrusaglie accalappia turisti, tra cui del tè alla marijuana, entro in un paio di parchi e passo nuovamente nel quartiere a luci rosse.

Prima che le frotte di ragazzi urlanti facciano iniziare la propria giornata, decido che la mia è finita.


V GIORNO

L'ultima giornata a Amesterdam parte male: ho comprato uno di quei tour organizzati su GetYourGuide in modo da dare un'occhiata anche alla campagna olandese, ma, cinque minuti prima della partenza fissata per le 9.00, sono perso per la stazione centrale di Amsterdam in cerca della palina da cui sarebbe partito il bus.
Scorgo il gigantesco bus rosso allontanarsi dalla stazione e con una corsa di cui non mi ritenevo capace, lo raggiungo e lo prendo al volo, madido di sudore, tra il disappunto dei passeggeri che devono sorbirsi cinque minuti di ritardo a causa delle procedure del mio check in.

Non sono un fan di questi tour, costano poco, è vero, ma sono utilizzati dagli organizzatori per venderti di tutto: nello specifico, il pranzo in un posto convenzionato, dei formaggi e dei salumi in due aziende locali.

Purtroppo avendo poco tempo ed essendo privo di macchina spesso sono un buon compromesso.

Durante il tour c'è la possibilità di apprendere qualcosa grazie a un'audioguida, tipo cos'è un polder e il fastidio che si provoca ai locali chiamando Olanda i Paesi Bassi.

La prima tappa è Zaanse Shans, ricostruzione di un sito museale con vari mulini a vento affacciati sull'allargamento di un canale, in molti dei quali è possibile entrare per capire il funzionamento degli stessi e la vita degli abitanti dell'epoca.(apprezzando la nostra).
Vi è anche un museo chiuso a cui non ci è concesso entrare causa breve tempo della visita.
A Volendam riescono a vendermi quattro forme di formaggio, di cui una terribile al pesto, e per pranzo scelgo una bancarella con dei frutti di mare carissimi, ma per il resto la cittadina è splendida, un quadro fiammingo che consiglio assolutamente di vedere.
Marken è un villaggio di pescatori convertito al turismo, quindi scenografico ma anch'esso abbastanza costruito.

Qui l'autista ha deciso che la giornata è praticamente finita, non essendoci più nulla da vendere, per cui taglia corto e ci concede mezz'oretta scarsa per girare il posto.

Rientriamo ad Amsterdam nel tardo pomeriggio, sono abbastanza soddisfatto della visita, anche se, oltre alle valigie, mi trascino dietro due chili di formaggio olandese, e con esso la sua fragranza.

Dalla stazione centrale vado direttamente alla stazione dei Bus Flixbus: la vacanza sta virando al termine, e come ultima tappa ho Gand, città fiamminga in cui, per puro caso, alloggiano i genitori della mia ragazza.
L'idea di scroccare un divano per la notte è assai allettante, così come il fatto di avvicinarmi all'aeroporto.

Giungo nella città fiamminga in tarda serata, mi accolgono con un minestrone e della birra, l'ideale dopo aver passato una settimana ad alternare panini e sandwich.
Loro hanno appena concluso un circuito ciclistico in Olanda (pardon, Paesi Bassi...), io ho trottato come poche volte mi è capitato in negli ultimi tempi: siamo tutti d'accordo che il giorno dopo lo passeremo bighellonando per il centro di Gand (o Genk in lingua locale) senza esagerare.


VI GIORNO

Due pecche guasteranno in parte la visita a questa città, estremamente graziosa: il tempo piovoso e la conclusione, il giorno prima, di un festival che ha coinvolto tutta Gand, per cui le strade sono invase da camioncini della nettezza urbana e da ditte che smontano impalcature.

Tuttavia il castello Gravensteen è spettacolare, così come tutto il centro medievale, la cattedrale di San Bavone,il Beffroi di Gent (la torre campanaria), il Municipio, la chiesa di san Nicola.
Avevamo discrete aspettative per la via dei Murales, rivelatasi poi non troppo differente dalle mura imbrattate di vernice all'interno di una qualsiasi stazione ferroviaria italiana.

Nel pomeriggio, stanchi del vagar, prendiamo la macchina e puntiamo Ostenda, città belga sul mare del Nord, nella quale mangiamo pesce in cartoccio e facciamo un po' i villeggianti.

E' una cittadina per famiglie che cercano il relax e, a parte la cattedrale e il bastione Napoleone, non c'è granché da vedere.
La passeggiata lungomare è piacevole, ed è rilassante camminare sulla battigia osservando i pochi intrepidi che sfidano il vento facendosi il bagno.

La sera dormo in aeroporto, luoghi dotati di bagni, prese per il cellulare, wi-fi e sedie (discretamente) comode.

Dopo il divano dei genitori della mia ragazza, il miglior posto dove ho dormito nell'ultima settimana.
Il volo parte in orario, anche stavolta non ci sono stati intoppi: torno che sono più stanco di quando sono partito, ma ho visto un sacco di cose, e per la quattordicesima volta al Museo Egizio ci sarà tempo.






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