sabato 19 agosto 2023

Mollo tutto e mi trasferisco alle Canarie. Per due settimane.

Prima di intraprendere questo viaggio non sapevo nemmeno dove fossero le Canarie, le confondevo con le Baleari, facendo un discreto minestrone tra Fuerteventura, Ibiza, Tenerife e Formentera, posti esotici dove i giovani andavano a divertirsi, gli adulti a far perdere le proprie tracce e i vecchi a spendere gli ultimi anni della propria vita, sperando in una tassazione migliore.

Poi, come spesso capita -specie tra le mete estive-, si inizia a sentir parlare sempre con maggior insistenza di una certa località, amici e parenti iniziano a citarla, qualche servizio in tv ne mostra le bellezze, tutto contribuisce a far nascere una curiosità, che presto si trasforma in un vero e proprio interesse, e allora è un attimo ritrovarsi a compulsare sul sito di Skyscanner intenti a cercare un biglietto per Lanzarote a luglio.


Arrivati a questo punto, però, si hanno già le idee abbastanza chiare circa le Canarie, ossia un arcipelago di formazione vulcanica costituito da sette isole maggiori e vari isolotti minori, immerso nell'Oceano Atlantico, a qualche centinaio di chilometri dal Marocco e a quattro ore di volo da Torino.

Arco de las penitas

Tenerife, Gran Canaria, Fuerteventura, Lanzarote, La Palma, El Hierro e La Gomera sono le isole principali, con grandezza, popolazione e peculiarità molto diverse fra loro.
Negli ultimi anni queste isole, popolate da poco più di due milioni di abitanti, hanno conosciuto un vero e proprio boom di turisti, specie provenienti dal Nord Europa: questo fattore è stato avvantaggiato dal clima, mite tutto l'anno, che permette di rendere piacevole una vacanza alle Canarie praticamente sempre.

Finite le premesse non resta che immergersi in questo lungo diario: prima di partire, però, inizio col dire che le isole da noi toccate saranno tre: Fuerteventura, Gran Canaria e Lanzarote.
Se -mi rivolgo a te, lettore, se esisti- stai programmando le vacanze a Tenerife, non è il post adatto a te.
Anche se stai valutando di mollare tutto e aprire un Chiringuito a Lanzarote questo pezzo potrebbe non fare al caso tuo.
Se invece sei dell'idea di organizzare un viaggio di un paio di settimane in un posto selvaggio ma comunque relativamente vicino - le Canarie sono spagnole, non serve il passaporto e si paga con l'Euro -, beh, continua con la lettura, potrebbe interessarti.
...Ma ora basta con le chiacchere, allacciamoci le cinture e partiamo!


LANZAR...ANZI NO, FUERTEVENTURA!


7-8 Luglio. 

Secondo il non troppo dettagliato piano, io e Viola, saremmo dovuti atterrare a Arrecife - capitale di Lanzarote - alle dieci di sera, e la mattina seguente prendere un traghetto per Fuerteventura. Peccato che tale traghetto partisse dal porto di Playa Blanca, sito a circa una trentina di chilometri  dall'aeroporto, a sud, e i bus per raggiungerlo sarebbero stati operativi la mattina seguente; insomma, ci troviamo di fronte al primo ostacolo della vacanza, come passare questa prima notte?
A Torino avevamo deciso di sottovalutare il problema, semplicemente non affittando stanze per la notte e sperando che questa scorresse via in un batter d’occhio. Niente di più errato.

In un primo momento proviamo ad accamparci all'aeroporto di Arrecife, ma nel cuore della notte un vigilantes ci accompagna, con metodi cordialissimi, bisogna riconoscerglielo, all'uscita.

Ci troviamo all'esterno dell'aeroporto, appesantiti da zaini e trolley, assonnati e in balia delle fortissime raffiche di vento. Il bus che ci avrebbe accompagnato al porto sarebbe passato solo alle sette, e anche se avessimo preso un taxi, il problema l’avremmo spostato solo un po’ più a sud: non vediamo altra soluzione che occupare la banchina del bus in attesa del suo passaggio.
La notte su quella scomodissima panca sembra durare un secolo ed è scandita dal freddo (si, freddo!), da festaioli che scendono in corsa dai taxi, dai camioncini della spazzatura e da precoci pendolari che si recano al lavoro.
Finalmente verso le sette montiamo sul bus che ci porta al porto di Playa Blanca, mezz'ora di traghetto e tocchiamo il suolo di Fuerteventura!

Prima lezione della vacanza: non fate affidamento sugli areoporti per dormire!


Corralejo, la capitale di Fuerte, è una cittadina fatta di basse case bianche e localini gestiti da expat italiani, affacciata sul mare che merita una rapida visita.

Consumiamo qualche frutto all'ombra di un grosso albero in attesa di ritirare la macchina nel primo pomeriggio.
Questo è il momento in cui entriamo in contatto con due delle massime istituzioni delle Canarie: la catena di supermercati HiperDino (declinata anche in Super Dino e Express Dino, a seconda delle dimensioni) presente ovunque ma chiusa la domenica (attenzione!), e l'agenzia di noleggio auto Cicar, che a prezzi super economici e senza far troppe storie burocratiche fa muovere la maggior parte dei turisti delle isole.

A questo proposito, noi avevamo prenotato per il nostro soggiorno sull’isola una Fiat 500, ma la signora dietro al banco ci lascia in mano le chiavi di una fiammante Seat Arona!
E chi ha mai viaggiato su un’auto così spaziosa? Finalmente un buon colpo!

Con sotto al sedere questo bolide, decidiamo di spostarci dalla città per girovagare nel Parco Naturale di Corralejo, riserva naturale adiacente la capitale, che si estende verso sud per una ventina di km, tagliata dalla statale FV-104.
Lungo la strada ci fermiamo più volte a fare il bagno e a osservare le sconfinate dune di sabbia che portano al mare: l'acqua è cristallina, e il vento spinge senza sosta surfisti e aquiloni coloratissimi.


Nel tardo pomeriggio iniziamo a sentire la stanchezza dovuta alla notte insonne e puntiamo il navigatore verso La Oliva, cittadina a nord dell’isola, dove abbiamo prenotato una casetta (“Micro House”, su Booking).
L’abitazione si trova al termine di una stradina sterrata, in una zona piuttosto rurale; è ricavata all'interno di un grosso container, ed è spartana, ma deliziosa. Quello che ci colpisce è il bagno a secco (qua per farsi un'idea), e l’utilizzo efficientissimo dell’acqua: qui più che da altre parti è bene preziosissimo.

Per cena andiamo a Puerto del Carmen, una città popolosa ma anonima, ci perdiamo cercando un Teleclub, luoghi che nascono come punti di aggregazione, celebri per la cucina casereccia e a buon mercato: ne puntiamo uno che Maps ci da aperto ma è chiaramente chiuso, demoralizzati optiamo per una pasta al sugo nella nostra casetta a La Oliva.


9 Luglio
Dopo una bella dormita, può ufficialmente partire la vacanza!
La prima meta della giornata la dedichiamo all'escursione sul vulcano Calderon Hondo, non certo l'attrazione più quotata dell'isola, ma assolutamente meritevole di una visita.
Lasciamo l'auto nella borgata di Majanicho, e ci avviamo lungo il sentiero: crateri, pietraie, massi di color arancione e grigio, sembra di attraversare un paesaggio lunare. 

Vari scoiattolini ci vengono incontro in cerca di cibo, e dopo una quarantina di minuti siamo in cima al vulcano. La vista è eccezionale: imponente il cratere centrale, fortissime le folate di vento che accompagnano il nostro giro intorno al “buco”, magnifica e desolante la vista sulle distese aride che terminano nell'azzurro del mare.

Nel pomeriggio spingiamo l'Arona verso nord, toccando Playa del bajo de la burra (la famosa pop corn beach, una spiaggetta che deve il suo nomignolo a questi fossili di alga che ricordano, appunto, i pop corn ), Playa el hierro, Playa punta blanca: le località sono collegate da una strada rigorosamente sterrata, e il fatto che nel contratto di locazione ci fosse scritto che non potessimo andare su questi tipi di strade rende la cosa del tutto irrilevante.
Nel giro del nord non può mancare il faro del Toston, in ristrutturazione, e le relative saline, pozze d'acqua cristallina in cui farsi il bagno; questo percorso del nord di Fuerte, che va da Est a Ovest, termina nella cittadina di El Cotillo.


“El  Cotillo è un ex villaggio di pescatori e vedrete il più bel tramonto della vostra vita”. Questa affermazione contiene due strafalcioni che devono mettere in guardia qualsiasi turista un po' esperto:
1. Diffidate dagli ex villaggi di pescatori, località solitamente iper turistiche ricche di negozi “chiccosi” che provano a camuffarsi dietro un innocente velo di autenticità.
2. Il più bel tramonto non può mai essere pronosticato.


E infatti vediamo calare il sole dietro una serie di nuvole in maniera piuttosto anonima, con alle spalle i soliti ristorantini tipici dei maledetti ex villaggi di pescatori.


10 Luglio.
Il programma prevede di esplorare il centro dell'isola: contate che ci vogliono solamente un paio d'ore per andare da nord a sud di Fuerteventura.
La prima tappa è Betancuria, ex capitale dell'isola, oasi verde in mezzo a scenari di rocce grigie e terre ocra.
A parte la chiesa - “Iglesia de santa maria de Betancuria", - due euro l'ingresso da versare a un affaticata dipendente comunale - , qualche vietta ombreggiata e un paio di fontane ben tenute, non c'è molto da vedere.
Riprendiamo la strada Fv-30 e, superata la cittadina Vega de rio Palmas, parcheggiamo dove sono presenti altre macchine, all’imbocco di un sentiero.
Nonostante le perplessità della mia compagna di viaggio,Viola, improvvisiamo un trekking al Barranco de las Penitas, che scopriamo proseguire fino a una diga inutilizzata, per poi arrivare a una stretta vallata arida e rocciosa con al centro una deliziosa cappella bianca (“Ermita de la pena”). Girando a destra, sempre costeggiando la montagna, superiamo un paio di turisti italiani che avevano deciso di affrontare la camminata con delle comodissime infradito, ci inerpichiamo sui massi fino a raggiungere l'Arco de la penitas, una formazione naturale di roccia da cui guardare il panorama sottostante.
Un trekking di un paio d'ore assolutamente consigliato, da fare con scarpe giuste e magari non a mezzogiorno, ora in cui giungiamo alla macchina che sta allegramente bollendo sotto il sole.


Il pomeriggio lo passiamo ad Ajuy, ex villaggio di pescatori (ancora!) famoso per avere la spiaggia nera, riparata dal vento, e le grotte: si può entrare solo in un paio di esse, mentre per le restanti non resta che guardarle da lontano.

spiaggia nera di Ajuy
Lungo il viaggio di rientro ci fermiamo al solito SuperDino a comprare del pesce che grigliamo la sera stessa, accompagnato da del terribile vino bianco acquistato grazie al suggerimento di un veneto conosciuto di fronte al reparto surgelati.


11 Luglio.
E' tempo di salutare la nostra deliziosa casetta con il cesso a secco che tanto ci aveva fatto penare e puntare a sud, verso Morro Jable. Prima, però, facciamo tappa ad Antigua, cittadina al centro dell'isola dove entriamo al Museo del Queso: in un paio d'ore diventiamo massimi esperti sui tipi di capre (oltre trenta!) presenti sull'isola, sulla formazione del latte, e ci regaliamo perfino una degustazione del celebre formaggio locale.
Di quest'ultima capiamo poco, anche perchè tutta in spagnolo e la traduttrice ufficiale del viaggio, Viola, si dimostra poco efficiente nel districarsi tra i termini “formaggeschi” iberici.

All’interno del Museo del Queso viene dedicato spazio anche agli aspetti geologici e storici delle Canarie, per cui una tappa mi sento di consigliarla. 

L’ingresso costa quattro euro, da aggiungerne cinque per la degustazione.
La temperatura è parecchio soffocante, e vogliamo farci un bagno: scegliamo una località a sud est dell'isola, Las Playtas.
La spiaggia è ampia e invitante ma, non ricordo il motivo, evitiamo di tuffarci. 

Ci spostiamo verso il Faro de la Entallada, da raggiungere in macchina dopo un tragitto particolarmente affascinante fatto di curve e strapiombi.
Da lì la vista sull'oceano è pazzesca, e c'è anche una mostra gratuita sulle maschere africane: Fuerte, delle isole Canarie, è la più vicina all’Africa, trovandosi, in linea d'aria, a 97 km dalle coste marocchine.

Prima di arrivare a Morro Jable, facciamo una capatina nella celebre Playa de Sotavento, luogo di culto per surfisti. Dopo aver fatto il solito pezzetto di sterrato, si lascia l’auto in un parcheggio e si procede a piedi, lungo la spiaggia sterminata e sabbiosa.
Le forti raffiche di vento non lasciano spazio alle speranze: fare il bagno sarà un'impresa. Ci limitiamo a un veloce tuffo, poi guardiamo i surfisti solcare le piccole onde; la spiaggia è attraversata da fiumiciattoli presenti grazie alla bassa marea.
La località è molto suggestiva e merita sicuramente una tappa.


playa de sotavento

In serata raggiungiamo Morro Jable, e sin da subito veniamo colpiti da quanto sia…turistica!
Palme, palazzoni, residence affacciati sul mare, spiagge attrezzate, ristoranti, locali, piste ciclabili, perfino qualche artista di strada: tutto ciò fa decisamente a pugni con il resto dell’isola, arido e autentico. Basta passeggiare per qualche metro sul lungomare, curatissimo, per rendersi conto della quantità di pelle chiara, sandali e accento nordico che solca quei marciapiedi, una specie di enclave anglotedesca all'estremità sud di Fuerte.


Vaghiamo un po’ spaesati tra tutta quella civiltà, per poi terminare la serata di fronte a una cerveza e un hamburger: l’alloggio affittato questa volta, al secondo piano di una palazzina abbastanza trascurata, è meno particolare ma decisamente più comodo del precedente.


12 Luglio

Per l’ultimo giorno sull’isola c’è in programma la mitica spiaggia di Cofete, raggiungibile solo mediante una strada sterrata di 18 chilometri che, a leggere le recensioni su internet, pare sia irta di insidie e portatrice di forature.
Io temo l’ira funesta di Cicar sul cui contratto di noleggio c’è scritto…beh, già è stato detto; Viola invece è più spavalda e decide di prendere il comando delle operazioni e guidarmi per quaranta minuti tra quel saliscendi di terra battuta. A metà strada, più o meno, si arriva al Mirador de Cofete, punto da cui osservare le distese di sabbia e i monti colare a picco nel mare: diversi intrepidi turisti si fermano a fotografare il panorama, rischiando di venir portati via dal ventaccio.

Cofete è un insieme di baracche, pare ci sia anche un ristorante, o almeno, c’è una scritta che ne indica uno; superate le casupole, si arriva in un grosso parcheggio, e a fianco c’è un affascinante cimitero, delimitato da una piccola recinzione, con le lapidi affondate nella sabbia.
La spiaggia si allunga per vari chilometri e, a causa della difficoltà nel raggiungere questa località, ci sono sterminati spazi liberi da esseri umani.
A metà giornata decidiamo di fare un salto nell’altra attrazione del luogo, Casa Winter, una villa semiabbandonata posta a metà di un pendio di roccia lavica, e caratterizzata da una serie di leggende, tra cui quella che sarebbe stata il rifugio di Hitler dopo la sua disfatta.
La villa, l’unica costruzione presente nel raggio di chilometri, si raggiunge anche a piedi in mezz’oretta dalla spiaggia di Cofete, ed è abitata da un erede della famiglia che, in cambio di una mancia, acconsente ai turisti di visitare l’interno abitazione: articoli di giornali, divise delle SS e altra cianfrusaglia adornano la casa.
Sentendo parlare lo strampalato inquilino, pare stia conducendo delle ricerche sul soggiorno del Fuhrer e di generali nazisti in quel luogo; noi teniamo le antenne accese e, nel caso saltasse fuori qualcosa di nuovo, aggiorneremo la pagina rimuovendo dal testo il termine “strampalato”.



Nel tardo pomeriggio facciamo rientro a Morro Jable, io sono sollevato per non aver bucato le ruote dell’auto; ci concediamo un ulteriore giro per la cittadina, incrociamo mio fratello e la sua ragazza che da Gran Canaria arrivano a Fuerteventura: sono rimasti appiedati a causa di un’incomprensione con Cicar, perciò li ospitiamo a dormire da noi: in questa vacanza c’è spazio anche per la beneficenza.


13 Luglio GRAN CANARIA (da qui in avanti sarò più conciso, prometto...)


Gran Canaria è stata scelta perché Tenerife era troppo scomoda da raggiungere con i traghetti. Fatta questa premessa, che la rende non troppo appetibile, bisogna fare un paio di considerazioni;

  1. Gran Canaria è la seconda isola dell’arcipelago per popolazione, e la sua capitale, Las Palmas, con i suoi quasi quattrocentomila abitanti rientra tra le prime dieci città spagnole. (#esticazzi direte..)

  2. A differenza che a Lanzarote e Fuerte, c’è della vegetazione, specie al centro e al nord. 


Per quanto espresso al punto 1) decidiamo di passare qualche ora a Las Palmas, che si sviluppa verticalmente lungo la costa; lasciati i bagagli in un locker del centro (a questo proposito, potrebbe essere utile scaricare l’app “Radical Storage”) saliamo su un pullman che ci porta dritti al quartiere Vegueta, dove mangiamo un gelato e ci perdiamo nelle strette viuzze. Vale la pena dare un’occhiata alla cattedrale di Sant'Anna, la Casa Museo di Colombo, il quartiere di Triana e il parco San Telmo.
Impossessati della macchina, lasciamo Las Palmas direzione Arucas, sede di un’imponente chiesa gotica, la “Iglesia de San Juan Bautista”, e di un giardino metropolitano estremamente grazioso.

Virgen del Pino
Sulla strada per Aguimes, luogo dove abbiamo prenotato da dormire, ci fermiamo a Teror, comune famoso per la cattedrale “Virgen del Pino”, e le case da cui spuntano splendidi balconi lignei arricchiti da coloratissimi fiori e piante tropicali.
Entrambe le cittadine, Arucas e Teror, ben curate e immerse nel verde, meritano sicuramente un passaggio.

Ad Aguimes ci arriviamo in tarda serata, accolti da un vento caldissimo e incessante. La sistemazione questa volta si trova all’interno di una specie di società agricola, sperduta nel nulla a chilometri di distanza dalla città, da raggiungere dopo il solito tratto di sterrato.
Dalla finestra del moderno appartamentino ci sono campi coltivati e cavalli, e il frigo è ricco di sorprese per la colazione.



14 Luglio.

Oggi entriamo nel cuore dell’isola.
Come accennato sopra, Gran Canaria è ricca di monti e di vegetazione, specie nel centro, e una giornata di trekking è caldamente consigliata.
Puntiamo il navigatore direzione Tejeda, e dopo un’ora abbondante fatta di stradine strette e tortuose, pinete e vegetazione inaspettatamente rigogliosa, arriviamo a destinazione.
Tejeda è una cittadina adagiata sui monti, da cui si gode di un panorama eccezionale, con il Roque Nublo e il Roque Bentayga che si stagliano nitidi nel cielo.
A Tejeda ci sarebbe anche un utilissimo Centro Informazioni- ahimè chiuso-; dopo una fugace visita al paesino, puntiamo al Roque Bentayga.
Non è semplicissimo trovare il parcheggio da cui parte il rapido trekking che porta a questo masso enorme, e infatti riusciamo a perderci, improvvisando una camminata sull’asfalto caratterizzata da sudore e improperi; una volta imboccato il percorso giusto, però, lo spettacolo in cima al Roque merita la fatica.

El Roque Nublo

Per ciò che riguarda il Roque Nublo, vi si può accedere tramite un percorso diretto o un anello di cinque chilometri. Noi scegliamo il primo poiché oggi abbiamo le pile scariche; per tirarci su prendiamo un gelato nel chioschetto di fronte al punto di partenza.
Anche in questo caso, tappa assolutamente consigliata: la vista è eccezionale, e lo sguardo arriva fino alla punta del monte Teide, a Tenerife!
Un’ultima capatina al Pico De Las Nieves è d’obbligo, il punto più alto di Gran Canaria, che si raggiunge direttamente in auto, e poi via verso il mare: scegliamo una spiaggia vicino casa, la Playa del Cabron, forse attirati dal nome.
Il vento e la presenza di logorroici romani renderà il passaggio sulla spiaggia abbastanza dimenticabile.
Nel supermercato lungo la strada di ritorno cerchiamo una paella surgelata, non la troviamo e viriamo su un risotto parecchio terribile.



15 Luglio.

Insieme al Roque Nublo è il luogo più iconico dell’isola, esibito sulla maggior parte delle cartoline relative a Gran Canaria: MASPALOMAS!
Anch’essa colonizzata dai popoli nordici, Maspalomas è la località più turistica di Gran Canaria.
Ci divertiamo a solcare queste gigantesche onde di sabbia facendo foto cretine, e, camminando sul bagnasciuga, arriviamo fino alla Playa del Ingles, dove veniamo sorpresi dal solito ventaccio che ci obbliga a cercare riparo in un supermercato.
Seguendo i consigli di mio fratello (e compagna), ci spostiamo verso Playa de Amadores, spiaggia che ha la grandiosa caratteristica di essere protetta dal vento e dalle correnti: si tratta di una specie di catino in cui vi è la densità di Rimini a Ferragosto, ma dove finalmente ci concediamo un bagno tranquillo… E una Jarra ghiacciata, qui, come in tutte le Canarie, veramente economica!

Prima di rientrare facciamo ancora in tempo a passare per il Barranco de Las Vacas e il Barranco de Guayadeque: il primo è trascurabile, e non sono così convinto di averlo visitato realmente, mentre il secondo lascia l’amaro in bocca per non esserselo gustato a fondo a causa del poco tempo.


16 Luglio.

Quarto e ultimo giorno a Gran Canaria, dedicato al Nord dell’isola.
Lasciamo la nostra ventosissima fattoria per dirigerci a Frigas, cittadina famosa per avere una fonte di acqua minerale e relativo indotto.
Il centro di Frigas è una chicca, con chiesetta e fontanelle che inneggiano alle isole Canarie.
In una piazzetta c’è anche un monumento dedicato ai vari comuni di Gran Canaria che ricorda, con le dovute proporzioni, Plaza de Espana, a Siviglia.
Moya e Guia sono due cittadine che se ci passassi di fianco in Italia non mi sognerei minimamente di fermarmi.  Occhei la piazzetta, va benissimo la chiesetta, ma potendo optare per il mare, non avrei dubbi su cosa scegliere.
Ciò che potrebbe valere il prezzo del biglietto (tre euro e cinquanta) è il Cenobio de Valeron, sito archeologico composto da una serie di grotte adibite a granai dagli abitanti locali, circa 800 anni fa.

Il tour delle cittadine nordiche si chiude a Galdar, festosa cittadina, in cui è piacevole camminare per le strade pedonali fino alla Parroquia de Santiago Apostol; lì vicino si trova il museo della “Cueva Pintada”, che per ragioni di tempo non visitiamo.
Dopo aver mangiato un piatto tipico del posto, kebab con patatine, puntiamo a Las Palmas.
E’ ancora presto, il traghetto partirà alle 23.50, ma dobbiamo disfarci dell’auto, capire dove lasciare i bagagli, e poi entrambi siamo ansiosi di natura.

Le ultime ore a Las Palmas, prima di salpare per Lanzarote, sono confusionarie: facciamo avanti e indietro dal porto per capire dove possiamo lasciare l’auto, telefoniamo al servizio clienti Cicar senza risultato, alla fine la parcheggiamo in città godendoci le ultime ore di sole nella spiaggia cittadina di Santa Catalina, attrezzata con tanto di bagni e docce.
Il molo Naviera Armas dista oltre cinque chilometri da dove abbiamo lasciato l’auto, ma decidiamo comunque di raggiungerlo a piedi, carichi di zaini e trolley. 

Arriviamo madidi di sudore, in tempo per la partenza; ho un flashback, pare di essere tornati indietro al primo giorno.



17 Luglio. LANZAROTE.

A Lanzarote parte un’altra vacanza, diversa da quella precedente, e i motivi saranno i seguenti:

1) Viaggeremo e dormiremo in un van noleggiato su YesCapa, da una coppia di italiani;
2) Gran parte del soggiorno sarà condiviso con mio fratello e la sua ragazza, Alessia, e un’altra coppia di amici, che, per convenzione, chiameremo Jacopo e Silvia.

3) Non abbiamo un piano definito.


Arriviamo al porto di Arrecife intorno alle 7, le pastiglie contro il mal di mare hanno avuto l’effetto sperato, niente nausea, solo un gran sonno.
Per dieci euro prendiamo un taxi che ci porta fino a Costa Teguise, dove abbiamo appuntamento con Alessio, amico della coppia di italiani, che ci consegna il van.
Subito capiamo che questo mezzo ci darà un sacco di problemi: in primis, Alessio ci dice che a causa di un contenzioso tra l’amministrazione di Lanzarote e YesCapa sarebbe opportuno non dire che abbiamo noleggiato il van tramite questa app; poi c’è tutto il resto. Marce durissime da inserire, retromarcia che si attiva solo mediante un trucchetto, portelloni che si aprono e chiudono ognuno in maniera diversa, contachilometri che segna una velocità diversa da quella percorsa, doccino che non funziona (lo scopriremo in seguito), luce di posizione sinistra bruciata e, durante il viaggio, si guasterà anche il rudimentale sistema per aspirare l’acqua del lavabo. Insomma, un catorcio.

Iniziamo a prendere confidenza con il van lungo la strada che ci porta al Parco Nazionale del Timanfaya, dove abbiamo l’appuntamento con mio fratello e gli amici.
Al Parco si accede per un breve tratto con l’auto, poi si parcheggia e l’escursione prosegue all’interno di un pullmino: l’enorme presenza di turisti fa si che la coda in auto duri oltre un ora e mezza, e l’esperienza a bordo del bus, per quanto spettacolare, risulta influenzata dal fatto che è dieci giorni che vediamo spettacoli analoghi.
Costo esperienza: 12 euro a persona, incluso lo spettacolino con i mini “geyser” e la cottura delle cosce di pollo tramite il calore che si sprigiona dai buchi nel vulcano.
Voto: 7.

Usciti dal Parco proviamo a mettere giù dal van un tavolino per pranzare tutti insieme: veniamo subito cazziati da una guardia e il nostro rapporto con il catorcio inizia sin da subito a essere complicato.

Dopo tanta cultura, c'è voglia di mare: qualcuno propone la spiaggia di Famara, a Nord dell’isola. Affare fatto, si parte!
La spiaggia è enorme e sabbiosa, e i monti calano a picco sul mare, creando un effetto veramente suggestivo.
A causa del tempo diversamente soleggiato la voglia di buttarsi in acqua è minima: io faccio lo splendido correndo tra le onde, scivolo su una pietra e mi taglio il piede e lo stinco sinistro. Un dramma.
La sera la concludiamo in grande, a casa di mio fratello, grigliando e bevendo birra, poi ci ritiriamo in una spiaggia in riva al mare, al termine di una stradina sterrata, nella località “La Isleta”, dove ci accampiamo per la notte.


18 Luglio.
La giornata dell’equivoco.
Stiamo facendo la vacanza nello stesso punto dei nostri amici, abbiamo le stesse mete, ma non è stata una cosa fatta di proposito. Per cui ci chiediamo, continuiamo la vacanza tutti insieme oppure ognuno va per la sua strada incrociandosi di tanto in tanto?

Vista su La Graciosa

L’equivoco si fa evidente quando, dopo aver incrociato mio fratello e la sua ragazza a Haria, graziosa città nel Nord dell’isola, celebre perché legata alla figura di Cesar Manrique, artista che impreziosirà Lanzarote, li incrociamo anche al Mirador del Rio. A quel punto decidiamo di unire le forze e proseguire di fatto la vacanza insieme. Mossa molto importante poiché, oltre alla piacevole compagnia, i due ci forniranno docce comode.
Tornando un secondo sul Mirador del Rio, vale la pena appuntarsi il fatto che l’ingresso in cima costa cinque euro, che noi decidiamo di tenere nel nostro portafoglio. Ci accontentiamo di osservare il panorama da un altro punto di vista, in cui l’isola “La Graciosa” regala il meglio di sé.

Nel pomeriggio giriamo due spiagge poste a nord dell’isola, la Caleto del Mojon Blanco, selvaggia e bizzosa, e il Caleton Blanco. Quest’ultima è riparata da rocce naturali, per cui presenta acqua calma e limpida, sabbiosa come la precedente, ed è l’ideale per un bagno tranquillo. Entrambe meritano una nuotata.


Piccola postilla: a Lanzarote, un po' per il fatto che siamo con amici e un po' perche' non siamo grandi amanti delle attrazioni super turistiche in cui far coda, spendere, per vedere cose già viste su depliant e cartoline, non visitiamo i celebri Jardin de Cactus, Jameos del Agua e la Cueva de los verdes, privilegiando le calette e le spiaggie free.
Cesar Manrique, perdonaci! Ma osservando la fila di turisti all’esterno delle attrazioni a te riconducibili, gli affari pare ti stiano andando comunque bene!


Con il van rientriamo a Costa Teguise, ci docciamo in uno squallido parcheggio di periferia, e lì ci rendiamo conto che, al di là degli innumerevoli difetti presenti sul mezzo, è proprio quel tipo di vita che non ci appartiene. Capita.


Pizza al volo e passeggiata, con gli altri per Costa Teguise: località costruita a uso e consumo dei turisti con poca anima. Qui bevo la peggiore sangria della mia vita, peggio pure della “San Simon” che si trova nelle confezioni in plastica in tutti i supermercati italiani.


19 Luglio.

Tutti a sud! Tutti alla Playa del Papagayo!
Si mormora che in quelle località ci siano ben 4 gradi in più rispetto al Nord, e la cosa sarebbe assai gradita.
Ci facciamo scarrozzare da Silvia e Jacopo fin giù: abbiamo passato la notte in un parcheggio frequentato da camperisti, ci siamo sentiti al sicuro ma il romanticismo è finito sotto i piedi.
Come anticipato, una luce del van è guasta, così come il lavandino interno: i due noleggiatori ci sconsigliano vivamente di muoverci con il buio.

Arriviamo alla Playa del Papagayo intorno alle dieci, e in effetti il clima è decisamente più caldo.

Dopo una breve camminata su un promontorio si giunge a una serie di calette, una più bella dell’altra: c’è solo da scegliere e scendere giù.
Noi ne giriamo un paio, prima che Viola si senta poco bene a causa del sole: troviamo riparo in una grotta di fianco a due nudisti.
La giornata scorre serena, tra una nuotata e uno spuntino: il consiglio per questa località è scontato. IMPERDIBILE.

Visto che siamo alle battute finali della vacanza, decidiamo di viziarci scegliendo un teleclub per cena. Le operazioni sono affidate a mio fratello che ne sceglie uno particolarmente misero: si paga poco ma si mangia poco. 

Zuppa di mais e cotica, formaggio fritto e birra.


20 Luglio.

Abbiamo la mattinata vincolata a causa dei problemi del van: veniamo costretti dai proprietari a cambiare la lampadina bruciata, che è anche giusto, per carità, ma questo ci obbliga a fare tappa da un carrozziere vicino Arrecife. L’elettrauto non si presenta, e siamo costretti a continuare con il van che fa l’occhiolino.

Un po’ per sbaglio attraversiamo la Geria, località in cui si coltiva vino: le viti sono protette  dal vento grazie a costruzioni in pietra a forma di mezzaluna, offrendo una visione della vallata, verde, molto particolare.
Ci imbattiamo anche nella Casa Museo del Campesino, che guardiamo dall’esterno perché chiusa: si tratta di una riproduzione di un tipico villaggio del luogo operata da Cesar Manrique, luogo in cui si valorizza la tradizione e l’artigianato di Lanzarote.

Come ultima località marittima decidiamo di provare “Punta Mujeres”, cittadina a nord est dell’isola, famosa per le sue piscine naturali. La scelta si rivela azzeccata; grosse pozze d’acqua riparate dal mare ci cullano fino a metà pomeriggio.
Acquistiamo qualche souvenir nel Museo dell’Aloe e ci dirigiamo a Teguise (città dell’entroterra, abbastanza distante da Costa Teguise) dove facciamo un giro per le viette centrali. Anche in questo caso, mi sento di consigliare una sosta qua.

Pian piano si fa sera, e rimane da decidere dove passare l'ultima notte: Famara.
Lì mangiamo pesce presso un altro teleclub, decisamente di livello superiore rispetto al precedente, e prendiamo posto a fianco all’immensa spiaggia.
Ancora una volta il vento è fortissimo, e il van ondeggia continuamente finché non prendiamo sonno.


21 Luglio.
C’è poco da aggiungere: Dario e Alessia ci raggiungono a Famara per una breve passeggiata sulla spiaggia, e, dopo aver fatto il solito pieno di sabbia e vento, ci rechiamo in Costa Teguise dove consegnamo il van.
Conveniamo sul fatto che l’esperienza è stata abbastanza scadente, colpa nostra ma anche del catorcio noleggiato. Tuttavia il ragazzo italiano che ci ha seguito in queste (dis)avventure si è dimostrato molto disponibile, e, a tratti, quasi in colpa per i vari disservizi.
Li grazio evitando di pubblicare recensioni sul sito.
L’aereo Ryanair che ci molla a Torino è puntuale, il sole italiano picchia e quasi rimpiangiamo il forte vento canario, nostra madre ci viene a prendere con la pandina, rientriamo a casa distrutti ma con diverse storie da raccontare.

Ci attende un agosto di lavoro, l’estate appena iniziata per molti, per noi è già finita.




1 commento:

  1. Top! Bel racconto...
    Mi hai convito ad andare alle Canarie la prossima estate 😎

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