"Le persone non fanno viaggi, sono i viaggi che fanno le persone" J.Steinbeck

sabato 21 marzo 2015

Cracovia




Prendete Cracovia, tre giorni di metà giugno, un Europeo di Calcio, due fratelli di vent’anni, un caldo infernale, Auschiwitz e i suoi orrori.
Mischiateli, e vi verrà fuori una vacanza memorabile.

Ma facciamo un passo indietro.
Torino, fine maggio 2012.
Io e mio fratello ci siamo tolti dai piedi gran parte degli esami universitari, e abbiamo da poco scoperto la potenza delle compagnie low cost: sul sito della Ryanair troviamo decine di mete disponibili a pochissimo prezzo, città ai confini dell’Europa, che magari manco pensavamo esistessero, mentre ora, eccole là, raggiungibili al costo di una cena presso un ristorante, nemmeno tanto lussuoso.
Puntiamo l’Est.
Il confine dell’Europa, la parte meno conosciuta e probabilmente la più povera.
Di tutti gli stati presenti veniamo subito attirati dalla Polonia: proprio lì, a giugno, si sarebbero disputati gli Europei di calcio,e cosa c’è di meglio che abbinare la passione del viaggio con quella calcistica?
Per cui, senza pensarci su due volte, prenotiamo un doppio andata/ritorno per Cracovia (19.90 Euro a biglietto), e poco importa se scopriamo che in quella città non si sarebbe disputata alcuna partita : proprio lì avrebbero alloggiato le nazionali di Italia, Inghilterra e Olanda, e poi mica avremmo avuto i soldi per vedere un match dal vivo.
I giorni del viaggio sarebbero stati quelli compresi tra il 19 e il 22 giugno, e ci parevano anche troppi, se non che, una volta prenotato il volo, ci mettiamo a sfogliare le guide turistiche inerenti a Cracovia: luoghi di interesse e attrazioni spuntano come funghi, e presto ci rendiamo conto che quel poco non ci sarebbe bastato per vedere tutto.
Cracovia, infatti, non è solo Auschiwitz: essa, proprio perché situata nel cuore dell’Europa, è una città-gioiello, elegante e dai tratti medievali, forgiata popoli differenti,  con un centro pedonale ricco di piazzette e strade lastricate, quartieri che trasudano storia, e, a pochi chilometri di distanza, le fantastiche miniere di sale di Wielickza (http://www.kopalnia.pl/) che abbiamo dovuto saltare per il poco tempo a disposizione.

1° Giorno
La partenza è prevista dall’Aeroporto di Orio al Serio la mattina del 19, e per risparmiare fino all’ultimo scegliamo di arrivare con la macchina fino a Milano, parcheggiare in periferia, e prendere la metro fino alla stazione Centrale, dove acquistiamo un biglietto dal costo di 5 E presso la compagnia Shuffle per l’Aeroporto di Bergamo. Macchina-metro- pullman per risparmiare una manciata di Euro.
Da non ripetere.
Atterriamo sul suolo polacco dopo due ore scarse di volo, e subito cerchiamo di capire in che modo arrivare al centro della città. L’aeroporto Balice-Giovanni Paolo II si trova, infatti, a una ventina di km da Cracovia, e per raggiungerla ci sono tre possibilità:
-i taxi, costosi ma rapidi, che decidiamo di scartare per paura di prenderci qualche fregatura;
- il treno, probabilmente il mezzo migliore per qualità/prezzo, visto che con 10 ZL[1] in 18 minuti si arriva al centro città
- i pullman (linee 208 e 292). Economicissimi e lentissimi. Chiedono tre zl per un biglietto, e per arrivare al centro città è previsto un tempo di 40 minuti. Ci affidiamo a loro. Non è una questione di soldi, ma la voglia di iniziare a guardarsi intorno, osservando la campagna polacca e la periferia che con quel mezzo, e solo con quello, riusciremmo ad attraversare in toto.
Su quel continuo ondeggiare, possiamo scattare le prime foto, e riempirci gli occhi con le immagini della pianura polacca, che non è poi molto differente da quella italiana, ma siamo all’estero, come turisti,e quindi cambia anche il modo di osservare le cose e approcciarci con loro.
Attraversiamo la periferia e rimaniamo colpiti dalla pulizia e dall’ordine in cui ci imbattiamo: eravamo partiti con l’idea di arrivare nel terzo mondo, una specie di jungla in cui i turisti sarebbero stati assaliti dagli accattoni come le api col miele. Niente di tutto questo, Cracovia si schiude intorno alle portiere del pullman come una città ben tenuta, europea, che diventa elegante via via che ci avviciniamo al centro.
Il 292 si arresta a Krakow Glowny,il capolinea, a pochi metri dalla stazione centrale, e noi puntiamo a piedi verso l’Orange Hostel, in Dielta 64, a pochi passi dal Centro Storico.
La giornata è afosa, e carichi come siamo di zaini e borsoni, ci feriamo a bere diverse volte lungo il tragitto. Tutto costa molto poco, e la birra è più economica dell’acqua.
Semibrilli e marci dal sudore, raggiungiamo l’ostello (molto confortevole, una notte in un dormitorio da 12 stanze costa 35 Zl, 9 Euro, colazione inclusa), posiamo le valigie, e dopo una rinfrescata ci dirigiamo verso il Centro storico .
Occorre dire che il Mare Miasto, così il nome del centro in lingua locale, è stato proclamato dell’Unesco
patrimonio dell’Umanità, ed è un vero e proprio capolavoro a cielo aperto: incastonato lungo tutto il perimetro dalle mura e, tutt’intorno, una pista ciclabile che corre su una stretta lingua di parco, presenta stradine in pietra, edifici storici, chiesette ortodosse, e la più grande piazza medievale d’Europa, Rynek Glowny.
Rynek Glowny vista dalla Torre
 Questa splendida piazza presenta al centro un enorme mercato al coperto, a lato la Basilica di Santa Maria,un’imponente chiesa in stile gotico, e, in un altro angolo della piazza, la Torre del Municipio.
Optiamo per la Torre, paghiamo 6 Zl, e saliamo sù: sono circa 70 metri di scalini stretti e ripidi, spesso traballanti e sdrucciolevoli, ma una volta arrivati in cima il panorama è stupendo, e possiamo mirare il nostro prossimo obiettivo. Il Wawel.
Si tratta di una collinetta poco distante dal centro, sorge a lato del fiume Vistola, ed è il luogo in cui sono situati il Castello Reale e la Cattedrale (nota più pomposamente come Basilica Arcicattedrale di Santo Stanislao e San Venceslao). Ci sarebbe anche la leggenda del drago che abita da quelle parti, ma abbiamo superato i 13 da un pezzo, e queste storie accalappiasoldi non ci attirano per niente.
Quindi puntiamo dritti verso il Wawel, prendiamo Ulica Kanonicza (“Strada dei Canonici”, una delle principali vie della città, che collega il Centro Storico con il Wawel), e iniziamo a salire la collina.
Purtroppo, una volta arrivati di fronte al cancello d’ingresso del castello, ci accorgiamo che è chiuso.
Non resta che godersi il panorama dalla collina,notando lo skyline della città lungo il letto del fiume, fare un giro per la cattedrale e apprezzare il bel monumento dedicato a Papa Giovanni paolo II fatto edificare proprio in occasione della sua morte.
Il tempo sta scorrendo rapido, e iniziamo a sentire la stanchezza del viaggio accumularsi nelle ossa. Torniamo in ostello camminando lungo la Vistola, e ci prepariamo per la serata: le vie sono colme di gente, e in giro si respira l’aria carica d’energia che l’Europeo sta infondendo. Ogni bar, locale, ristorante ha una tv in cui si ammassano tifosi di ogni nazionalità, e in una delle piazzette centrali, a pochi metri da Rynek glowny, è allestito un tendone in cui vengono proiettate le partite su un maxischermo. Con uno stinco di maiale e un litro di birra ci guardiamo Portogallo- Rep. Ceca. O Svezia-Inghilterra. In fondo, chissenefrega della partita.

Giorno 2°
Questa giornata è dedicata totalmente a Auschwitz (Oswiecim in polacco); tra i tanti siti a disposizione, suggerisco questo per avere info Auschwitz.
Non ho intenzione di dilungarmi con frasi emotive e retoriche sul valore della visita,sulle emozioni provate e sulle riflessioni tratte perché penso che certe cose vadano vissute e basta: mi limiterò a spiegare come raggiungere la cittadina partendo da Cracovia.
In teoria ci sono sempre le tre famose possibilità, taxi, treno e pullman. La prima la scartiamo per paura del prezzo che potrebbe palesarsi dopo 60 Km di marcia. Anche il treno è sconsigliabile: la stazione in cui esso si ferma è quella del paese di Oswiecim , che dista 4-5 kilometri dal campo di concentramento, e proprio non ci alletta una bella camminata sotto i quasi 40 gradi presenti.
Rimane il pullman: prendiamo quelli della linea Pks, che partono ogni quaranta minuti circa dalla stazione dei pullman di Cracovia, situata a pochi metri dalla stazione Ferroviaria centrale. Il costo di andata e ritorno è di circa 30 Zl , 7 Euro(ma son passati tre anni, e i prezzi possono essere aumentati).
Il viaggio dura un ora e mezza (sono autobus di linea che compiono diverse fermate), e l’entrata al campo è gratuita. Chiaramente le visite guidate, in varie lingue e in partenza su diverse ore, sono a pagamento e durano circa 4 ore : consigliamo a tutti di entrare nel campo con di questi gruppi.
Tutta la visita sarà fruita con speciali cuffie, collegate con l’auricolare della guida. Questo perché in quel luogo deve regnare il silenzio, e una delle immagini che mi porto dietro è quando mi sfilo la cuffia per un istante e vedo quella massa di persone, colorate e di tutte le etnie possibili, completamente mute, come fossi sotto una campana di vetro.
La guida in lingua italiana parte alle 11.00 e alle 15.00 (per vedere orari aggiornati, eecc consulta sito), e noi riusciamo al pelo ad aggregarci alla comitiva in partenza.
Da notare che Auschwitz e Birkenau sono distanti l’uno dall’altro tre km, e il trasporto è assicurato da delle navette che collegano i due siti con viaggi frequenti, gratuite.
Birkenau è molto più vasto , e avrebbe dovuto completare l’orrore iniziato nel primo e più piccolo Auschwitz: è lì che è presente la famosa rotaia che taglia a metà il campo, entrando dall’imponente cancellata centrale. Il caldo è tremendo e gli spazi tra i vari dormitori sono dilatati: alcuni anziani si fermano all’ombra di certi alberi, rinunciando ad arrivare fino in fondo, luogo in cui sorge un monumento alle vittime dell’Olocausto, oltre che i forni, quasi completamente distrutti.
Alle tre si conclude la visita, e dopo qualche difficoltà riusciamo a raggiungere il pullman che ci porterà indietro. Sono le cinque passate quando mettiamo nuovamente piede a Cracovia, e nonostante sia stata una giornata non faticosa, siamo saturi di emozioni.
Per oggi non ci va di vedere più altro. Filiamo in ostello e lì ci riposiamo fino all’ora di cena.

Tra i colori e l’euforia della gente riusciamo a mettere da parte il pensiero di quanto vissuto in giornata, troviamo un bel ristorante in pieno centro dove mangiare le specialità del luogo, i pierogi (specie di ravioli) e i bigos (un piatto a base di carne e crauti), ci gustiamo le partite della serata davanti al solito litro di birra, e finiamo per trovarci all’una di notte in uno scantinato, seduti su un divanetto con in mano un cocktail, luci soffuse e cinque spogliarelliste che ci ballano davanti.
Ma questa è un'altra storia.

3° Giorno
Ormai siamo totalmente stregati da Cracovia, e decidiamo di girare la città come trottole per vedere il più possibile.
Prima, però, facciamo un salto a Casa Azzurri. Nonostante l’interesse per la squadra sia lentamente scemato a causa delle meraviglie turistiche in cui ci imbattiamo in continuazione, decidiamo di spendere un paio d’ore nella sede ufficiale della spedizione azzurra: a piedi raggiungiamo l’enorme parco Blonia, centralissimo polmone verde della città, e poco distante cerchiamo di entrare a Casa Azzurri. In un primo momento l’ingresso ci viene negato: d’altronde, non è un posto per turisti. Ci spiegano che si tratta semplicemente di un polo da dove trasmettono i giornalisti e media italiani, e che frequentemente ospita gli atleti e alcuni personaggi famosi per interviste. Tuttavia, dopo qualche minuto, riusciamo a impietosire la guardia messa a controllo della struttura: dopotutto siamo italiani,ragazzi, giovani, innocenti,con l’unica colpa quella di amare il calcio, e che han fatto i chilometri per poter vedere i propri beniamini. Passa la teoria tanto nostrana del “volemose bene, che ce costa un giretto veloce veloce in barba alle regole?”, e così pochi minuti dopo ci troviamo di fianco a un raggiante Pierluigi Pardo col quale scattiamo una foto.
Dopo un veloce giro dello stadio del Cracovia, posto a pochi metri da Casa Azzurri, ci concediamo una birretta gelata; rinfrancati, vediamo dall’esterno l’Università Jegellonica, celebre per aver avuto tra i suoi insegnati Copernico, attraversiamo la Porta Florianska e puntiamo il quartiere ebraico.
Esso si trova poco fuori le mura del Centro Storico, a Sud, ed è delimitato dal fiume Vistola: ha origini antichissime, e rappresenta un perfetto esempio di integrazione tra comunità cristiana e comunità ebraica. Lo raggiungiamo a piedi, tanto la giornata è splendida, e ci regaliamo una passeggiata tra i particolarissimi negozietti, i mercatini e le sinagoghe.
Entriamo anche in una, di sinagoga.
Solo che è in restaurazione, e non riusciamo a vedere molte differenze dalle nostre chiese. Ma prima di entrare ci fanno mettere la Kippah (la “papalina” ebraica), e questo ci fa sentire allegri e idioti allo stesso tempo. Visitiamo anche il cimitero retrostante e notiamo le decine di sassi sulle tombe. Chiediamo. E’ una tradizione che proviene dai tempi di Mosè, quando si veniva seppelliti nel deserto, e più sassi avevi sul luogo di sepoltura e più eri importante.
Puntiamo verso la Fabbrica di Shindler (Schindlera Fabryka), che si trova fuori dal quartiere ebraico,dopo il fiume, ma una volta arrivati là davanti pensiamo che stiamo esagerando con la scoperta del mondo ebraico: il tempo stringe, e abbiamo dedicato già l’intera giornata di ieri alla Shoa.
E poi vogliamo vedere un po’ di periferia, scoprire veramente come se la passano gli abitanti un po’ fuori dalle orbite turistiche.
Abbiamo letto che Cracovia ha avuto una forte influenza comunista e che Stalin negli anni ’50 ha tirato su un intero quartiere intorno a una poderosa acciaieria, grossa 5 volte il Centro Storico di Cracovia, che dava lavoro a oltre 40.000 operai e forniva acciaio a oltre il 50 % del Paese.
Questo quartiere, che è riduttivo definirlo tale visto che era stato concepito come un qualcosa di autonomo dalla città, prende il nome di Nowa Huta (Nuova Acciaieria), e seppur non viva un grande momento, complice il calo della produzione, l’inquinamento, la microcriminalità, le leggende legate ad esso ci hanno attirato.
E che Nowa Huta sia.
Essa si trova a 9 km dal Centro di Cracovia, e per raggiungerla prendiamo uno dei tanti tram di collegamento. Dopo mezzora di viaggio una scritta in acciaio, imponente, ci accoglie 
Huta im Sendzimira
Dalla piazza principale, una volta chiamato Josiph Stalin, ora ribattezzata beffardamente Ronald Reagan dipartono tre boulevard enormi, uno centrale e due laterali. Iniziamo a battere quello centrale e notiamo la tipica architettura sovietica: casermoni lunghi e squadrati marroncino/grigio, piazze semplici e spaziose, grandi colate di cemento e aree verdi, file di alberi perfettamente dritte, panchine con vecchi che paiono residui storici,un po’ di incuria, qualche graffito sui muri,nessun locale o concessione al divertimento e alla fantasia.
In giro c’è poca gente. Qualche pensionato che gioca a scacchi, un gruppo di ragazzini sul motorino. Il sole sembra schiacciarci sotto i suoi 40 gradi.
Pare Falchera, ma il paragone è piuttosto azzardato, almeno nelle proporzioni.
Giriamo spaesati per quei vialoni per qualche ora. Com’è distante la Cracovia medievale ed elegante sita solo a pochi Km da noi.
Le palazzine sono tutte maledettamente uguali, tutte così squadrate e allo stesso tempo decadenti.
Sembra di respirare i fasti di un passato che non c’è più.
Siamo colpiti dalla maestosità delle proporzioni, dal fascino che le dittature continuano esercitare su di noi. Costruire in pochi anni un quartiere capace di ospitare centinaia di migliaia di persone. Trasferirle lì. Metterle a produrre per la Patria. Straniera.
Potente e folle allo stesso tempo.
Pensiamo a Letta, che in quel momento è a capo del nostro governo.
Altri uomini, altra storia.
E’ ormai sera quando il pullman ci riporta all’ostello, poco lontano dal centro, in Strada Dielta.
Anche oggi abbiamo vissuto la giornata intensamente, e siamo stanchi morti.
Un po’ per inerzia ci trasciniamo fin dentro il Centro Storico, mangiamo altri piatti locali, di cui non ricordo il nome, accompagnando il tutto dall’onnipresente Tyskie (che con la Zywiec e la Lech sono tra le birre più diffuse). Guardiamo le partite della sera, respiriamo ancora una volta quel clima di festa che sembra aver colpito tutta la città, facciamo ancora una volta avanti e indietro per le vie più centrali osservando i profili delle Chiese  gotiche e spettrali, filiamo all’Orange e ci buttiamo sui nostri letti a castello.

Ultimo
Siamo alle battute finali.
Alle conclusioni.
Una, da fare doverosamente, e che ho omesso in queste poche pagine di racconto sta nell’ospitalità.
I polacchi sono estremamente ospitali, ed è stata una sorpresa.
Non c’è stata volta in cui, fermi per strada con una cartina aperta davanti o con lo sguardo spaesato per aria, una persona non si sia fermata chiedendoci gentilmente se potesse aiutarci. Sono un popolo giovane, orgoglioso, e felice di mostrare ai turisti i propri tesori.
Una volta, in un supermercato, un bestione della sicurezza si è avvicinato a noi. Era armato, e noi avevamo lo sguardo perso di fronte al bancone dei salumi e tutti quei nomi assurdi.
Pensavamo ci volesse perquisire, o addirittura randellare. E invece ci ha indicato i migliori prodotti locali per fare un buon sandwich. E anche se aveva dei gusti pessimi, ci è piaciuta la sua apertura verso i turisti.
In generale, è stata una bella sensazione quella di essere considerati dei graditi ospiti.
Forse quella che manca al nostro paese.
Altra considerazione è relativa ai mezzi di trasporto, molto frequenti!
I prezzi variano da molti fattori, tra cui il tempo percorso: il minimo, la corsa semplice di 15 minuti costa 2,00 Zl, meno di 50 centesimi, mentre l’abbonamento completo ai mezzi di trasporto per tre giorni costa 28 Zl, sui 7 euro.
Porta Florianska
Chiaramente bisogna vedere se questi servizi, ottimi, sono stati frutto dell’evento in corso e l’esigenza di farsi belli di fronte al Mondo, oppure sono la normalità.
 A noi hanno colpito, e ve li segnaliamo!
La mattina dell’ultimo giorno scorre senza acuti.
Fuori piove, e carichi come muli, puntiamo la stazione Ferroviaria.
Per l’ultima volta attraversiamo Rynek Glowny entriamo nel mercato al coperto (noto anche come il “mercato dei tessuti”) e compriamo un paio di souvenirs.
Lasciamo Cracovia con la sensazione agrodolce di aver passato tre giornate fantastiche, ma di esserci persi troppe cose, a partire dalle miniere di sale, la Dama con l’Ermellino di Da vinci, situata Museo Czartoryski, scartata perché ci pareva assurdo andare a vedere i geni italiani all’estero, quando magari ignoriamo le loro opere in patria, una serie importante di parchi , e moltissime Chiese poste ai primi posti dalle migliori cartine turistiche della città.
Ma si è già detto, non siamo dei ferventi amanti dell’architettura religiosa.




[1] la moneta polacca è lo zloty, e ce ne vogliono poco più di 4 per fare un Euro.

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