"Le persone non fanno viaggi, sono i viaggi che fanno le persone" J.Steinbeck

domenica 2 agosto 2020

L' Andalusia d'estate è un forno, e io sono un pollo.

Patiamo col dire che il viaggio è stato influenzato pesantemente da due fattori:
-l’emergenza covid-19
-il caldo torrido, che in Andalusia a fine luglio tocca punte di 40 gradi.

Dunque perché partire? Primo perché avevo questa settimana di ferie, poi perché il volo, prenotato in anticipo, non aveva subito cancellazioni; e pure la quarantena non sarebbe stata obbligatoria di ritorno dalla Spagna seppur i casi di contagio erano in aumento. E poi, in alternativa, che avrei fatto. Per quanto riguarda il caldo, beh, nel primo pomeriggio sarei rimasto in stanza cercando di muovermi prevalentemente la mattina e le ore finali del giorno

Avrei affittato una macchina (da malagacar.com, super consigliato, 150 euro una settimana con km illimitati) e fatto il classico Granada- Cordoba- Siviglia- Cadice –più alcuni paesi bianchi e Ronda.
Un programma molto ricco, assolutamente troppo per goderselo al meglio.
Però tant’è, il tempo a disposizione era quello.

Sconfortato dalle recensioni che la additano come una città prettamente di mare, che ha poco da offrire in termini di turismo decido di puntare direttamente Granada scartando Malaga, città dell’atterraggio.
Prendo la macchina, una nuovissima Fiat 500, e mi dirigo verso la meta prestabilita.
Subito mi accorgo che qui hanno le Autovie, specie di autostrade tenute in maniera eccellente in cui non si paga alcun pedaggio*. Una vera scoperta! Altro che Italy!
Sono 150 km che mi sparo dopo il volo in aereo, col buio, e la tensione di chi guida per la prima volta in un paese diverso dall’Italia: sbaglio un paio di volte uscita e arrivo a destinazione verso mezzanotte.
Molto stupidamente mi accorgo di essere entrato in pieno Centro ignorando totalmente la zona ztl. Mi sposto verso una zona residenziale e controllo bene i cartelli. Pare che le telecamere siano attive solo fino alle 22.00, per stavolta dovrei averla sfangata!

Per la prima notte non ho prenotato l’ostello, non sapevo a che ora sarei arrivato, per cui tiro già il sedile dell’auto, abbasso i finestrini, e provo ad addormentarmi. La notte è calda, passano dei gruppetti di ragazzi che indicano la macchina, sghignazzano, ho difficoltà a dormire. Mi alzo per cercare una fontanella con dell’acqua, la trovo a qualche centinaio di metri, prenoto dal cellulare la visita all’Alhambra (15 euro) per la mattina che viene.
Inutile dire che dormo ben poco. Mi alzo verso le sette più stanco di prima e punto la collina dove poggia l’Alhambra, simbolo di Granada e sito più visto di Spagna. Costruito durante il regno dei mori, è stato convertito e utilizzato durante la Reconquista dai governanti cattolici.
In coda c’è poca gente, tutti con mascherina, io sono distrutto. Mi vedo sfilare davanti quella che è una meraviglia architettonica, faccio foto.
Esco dopo tre orette carico di dubbi circa la mia vacanza.
Scendo dalla collinetta e faccio qualche passo verso il Centro, passo davanti alla Cattedrale, vado a recuperare lo zaino che avevo lasciato nel bagagliaio dell’auto, lo porto in ostello, macino km su km a piedi e il sole è già alto nel cielo.
La doccia e un trancio di pizza mi danno nuova linfa, mi addormento qualche oretta, poi sono pronto per sfidare la calura e guardare altro della città, che appare deserta.
Giro il quartiere Albayzin, arabo e caratteristico, salgo sul Belvedere di San Nicolas a vedere il tramonto sulla città: il terrazzo è affollato di turisti, la polizia municipale vigila sull’uso delle mascherine, e io mi perdo tra le vie del Centro prima di crollare a letto.

Cordoba.
Per raggiungerla ci vogliono 200 km, che si fanno in due ore.
Arrivo nella città più a nord dell’Andalusia che fa già caldo, quando giungo all’ostello – il Funky hostel- , mi accorgo che non c’è nessuno in reception, chiamo e mi dicono di aspettare.
Stendo dei panni al sole e mi giro la Via di San Basilio dove sono presenti molti patii da poter ammirare. Scopro che in primavera c’è proprio una gara al più bello, e mi infilo in un paio di essi, se non alto sono freschi e rigogliosi.
Dopo essermi piazzato in ostello (mi mandano i codici d’accesso via whatsapp) e ristorato con la solita doccia, percorro il glorioso ponte romano, simbolo della città, mi perdo nei vicoli della Juderia, quartiere ebraico, bianco e ornato da deliziosi vasetti di fiori appesi un po’ ovunque, do’ un occhiata al teatro romano e qualche altra piazza circostante, tra cui spicca quella della Corredera.
Faccio una minispesa, approfittando della disponibilità della cucina e del frigo dell’ostello (pare non ci sia anima viva) e mi preparo una bella cenetta.
La sera giro per le vie del centro di Cordoba e mi assale un po’ di tristezza: questo tipo di visita mordi e fuggi non fa minimamente apprezzare le città, ma trasforma la vacanza in una corsa a più non posso con le varie attrazioni da segnare come fosse la lista della spesa.
La prossima volta ci torno e me la godo di più, penso guardano i tanti giovani che affollano le piazze centrali.
Mi sono tenuto il pezzo forte di Cordoba per la mattina seguente.
Si tratta della grande moschea Mezquita che ha ingresso gratuito dalle 8.30 alle 9.30.
E’ qualcosa di enorme, presenta un forte impatto scenografico, in cui agli elementi musulmani sono affiancati a quelli cattolici. Uno spettacolo imperdibile per chi si reca a Cordoba.
Il biglietto d’ingresso costa 10 euro (se non si è in fascia gratuita).
Faccio ancora un mezzo giro per vedere il Cristo de los faroles, lascio perdere l’Alcazar (fortezza): punto a vedere quella di Siviglia, più maestosa e reclamizzata.

Siviglia
A Siviglia arrivo verso mezzogiorno,la paura di entrare in zone a pagamento o con parcheggi blu è tanta che lascio la macchina lungo il Guadalquivir a 4 km dall’ostello. In fondo con un buon passo in un’ora si arriva.
Siviglia è la quarta città per popolazione della Spagna, conta oltre 600.000 persone, e si nota subito l’aspetto quasi da capitale. Le dedicherò due giorni.
Dopo essermi sistemato al Sevilla Kitsch hostel e lasciato scorrere le solite ore bollenti (nelle quali prenoto la visita all’Alcazar e quella alla Cattedrale più la salita alla Giralda), mi concedo una passeggiata lungofiume, vado in piazza di Spagna, mi sorprendo a vederla così vuota.
E’ bellissima, probabilmente la piazza più bella che abbia mai visto.
Per il tramonto seguo il consiglio datomi all’ostello e mi reco sul Metropol, struttura in pannelli di legno alta circa 30 mt da cui si vedono i tetti di Siviglia. A parte che la trovo una costruzione terribile, ma poi canno l’orario della salita; è troppo presto e si muore dal caldo, scendo maledicendo me stesso, i 5 euro spesi, e chi mi ha consigliato quell’attrazione.
La sera resto lungo il fiume, dove i sevillanos tirano il fiato e si rilassano.

La mattina seguente è il turno dell’Alcazar, maestosa fortezza dove si rifugiavano i reali spagnoli, gestivano le trattative e si occupavano dei possedimenti Oltreoceano. Naturalmente è un luogo splendido (specialmente i giardini), da vedere obbligatoriamente, ma rispetto all’Alhambra è molto meno di impatto.
Faccio una breve toccata all’Arena dei tori (senza entrare) aspettando si facciano le 13,30, orario della mia visita alla Cattedrale. Fremo all’idea di vedere la tomba di Colombo, anche se i dubbi che le sue spoglie siano lì dentro sono piuttosto concreti.
Appena scatta l’ora mi reco al portone centrale. Tutto chiuso.
Corro a quello laterale. Anche lì nessuno.
Faccio due- tre volte il giro dell’immensa cattedrale, sudo, mi agito, il tempo corre e lì non c’è nessuno. Chiedo a un paio di turisti che non sanno che rispondermi, entro all’Infopoint tutto trafelato chiedendo spiegazioni. Non sanno darmene. Maledico la Spagna e pure Colombo.
Riesco a trovare un campanello in un lato nascosto della Cattedrale, suono.
Mi vengono ad aprire degli operai. Quello che dev’essere il capo, guardando i biglietti, mi fa notare che ho prenotato per il 29 del mese successivo e che ora la cattedrale è chiusa per lavori.
Mi viene da sprofondare. Non c’è possibilità di rimborso (costa 11 Euro), si potrebbe spostare ma per oggi e domani nessun posto disponibile.
Scottato dalla delusione giro per Santa Cruz, quartiere molto carino dietro l’Alzacar, taglio per il centro fino ai giardini Alameda de hercules. Soni incazzato con me stesso.
Mi passa in parte solo grazie a due cerveza gelate che consumo in un bar.
Il resto del pomeriggio è un camminare per il centro di Siviglia pensando alle cose che potrei vedere: la maggior parte a causa del Covid sono chiuse. Me ne faccio una ragione.

Cadice
Cadiz, la città vecchia, è una lingua di terra che si spinge nell’Oceano Atlantico.
Ha un bel centro, piccolo e ingarbugliato, brulicante di vita e localini.
Le costruzioni più interessanti sono la Cattedrale e la torre Tavira.
E’ una cittadina in cui ci si lascia trasportare tra vicoli e vie, in cui i villeggianti camminano in costume e ombrellone, aspettando tramonti il sole. E’ la sera che Cadice colpisce di più con le sue mille “taperie”, ristorantini, locali e piazzette gremite.
Durante il pomeriggio vale la pena entrare nel Castillo di Santa Caterina (gratuito),  passeggiare sul lungomare, fare una sosta al Parque Genoves, arrivare alla Playa de la Caleta in cui si riversano i natanti.
Io mi tolgo la soddisfazione di fare un bagno, il primo nell’Oceano, anche se l’acqua mi pare torbida e calda, ben diversa da come me l’ero aspettata.
In serata mi imbatto nel bel monumento dedicato alla Costituzione di Cadice del 1812 (ecco cosa mi ricordava il nome di questa città!) e nella solita movida.
Segnalo il mercato, posto in pieno centro, molto caratteristico in cui trovare ottimi posti un cui mangiare, e l’ostello, il Summer Cadiz, molto ben tenuto con tanto di colazione inclusa.

Gli ultimi due giorni sono quelli per cui sono un po’ indeciso: sul tavolo ci sarebbero Tarifa e Gibilterra, che però decido di scartare un po’ per il caldo, un po’ perché non mi sento così invogliato: leggo dei famosi paesi bianchi, paesini arrampicati sulle colline andaluse che come macchie di vernice colorano la regione. Ne scelgo tre, anche se ce ne sarebbero molti di più:
- Arcos de la Frontera: indubbiamente suggestivo, anche se dalle foto in Internet mi aspettavo qualcosa di più. Faccio l’errore di lasciare la macchina in un parcheggio a valle sopravvalutando la mia resistenza fisica. Arrivato in cima al pesino sono madido di sudore, e me lo godo pochissimo.
-Zahara de la Sierra, incastonato su una montagnola, con una torretta in cima. Ci arrivo verso le due e onestamente non me la sento di salire sù. Trovo un bel promontorio da cui faccio le foto del pesino e amen.
-Setenil de las Bodegas, quello che mi colpisce di più. Si trova in una conca e la sua caratteristica, oltre ad essere bianco, sono le case, molte delle quali costruite nelle montagne. Lo scenario è veramente unico, anche se si porta dietro un filo di malinconia. Mi sembra un paesino un po’ dimenticato, con segni del passato vivace mentre ora giace quasi abbandonato.
Ma forse era così deserto solo a causa dell’ora nella settimana più calda di tutto l’anno.

Stremato punto all’ultimo ostello, El rifugio, a una ventina di km da Ronda.
Ad aspettarmi c’è Botz un hippie inglese sulla sessantina ormai trasferitosi in quella cittadina di poche anime da vent’anni. La struttura ricorda le abitazioni tipiche andaluse, Botz mi dice che sono l’unico ospite e che gli ultimi li ha avuti due settimane fa; il dormitorio è composto da otto semplici letti su un solaio. Un paio di scale conducono a due letti appollaiati sollevati.
Non ci sono locker, comodini, o cassettoni, manca l’acqua calda, e pure il condizionatore: mi viene dato un vecchio ventilatore. Sono incuriosito ma anche un po’ inquietato dalla situazione.
In serata Botz si propone di prepararmi una cena, declino dicendo di voler ancora visitare Ronda, città spettacolare in cui regna il Puente Nuevo, costruito a fine 700 che collega le due parti della città, divise dal fiume Tajo. Il ponte è alto oltre 200 metri e va giù a strapiombo. Oltre al panorama su tutta vallata è molto bello prendere una delle stradine che potano giù e guardare lo stesso ponte in tutta la sua imponenza.
Oltre a ciò faccio un salto alla Plaza de toros e al Puente Vejos, romano.
Quando rientro in paese, a Cartajima, c’è Botz che mi aspetta nella sala di sotto con della musica jazz, mi propone di bere una birra, è un tipo molto socievole che ha girato il mondo, però qualcosa di lui mi tiene in allarme, e poi mi spinge a consumare per gonfiare il conto… certo si tratta di un euro a lattina, però mi sembra una simpatia interessata. E anche il fatto che il giorno dopo insista tanto per preparami la colazione, ottima per la verità, al costo di 4,5 euro, lo rende vagamente calcolatore.
Detto questo l’esperienza in quello sperduto paesino bianco mi è piaciuta tanto e ha arricchito ulteriormente un viaggio già ricco di emozioni: le mie erano più che altro paranoie legate al fatto di trovarmi in una situazione così singolare. Alla luce dei fatti Botz si è comportato molto bene nei miei confronti.

L’ultimo giorno non so bene che fare, in teoria sarei dovuto andare a fare il Caminito del Rey ma a causa del caldo quel giorno resta chiuso: prima punto comunque a El chorro, la vallata del Caminito, tanto è di strada, poi dopo qualche curva presa un po’ alla “garibaldina” penso di non sfidare troppo la sorte con queste sortite in mezzo al nulla nel giorno della partenza e decido di passare l’ultima giornata a Malaga, la tanto disprezzata Malaga. Che poi non si rivela per nulla male, ha l’Alcazar , il museo di Picasso (chiuso) un teatro romano, e un lungo mare quasi interamente al riparo grazie ad alberi e palme.
Mi spingo sul molo dove ci sono una sfilza di localini e negozi.
Il Centro presenta vie larghe e affollate; è sicuramente una città estiva a differenza di Granada, Cordoba e Siviglia. Ciondolo un po’ qua e là finche si fanno le 18, l’ora in cui andare a prendere la macchina, lasciata ancora una volta a qualche chilometro dal Centro. Faccio benzina e la porto al centro consegna. Non la guardano nemmeno, e da lì mi accompagnano in aeroporto.
Atterro a Orio al Serio all’una di notte, il primo flixibus è alle 4, ma costa 40 euro, decido di andare a piedi fino alla stazione di Bergamo e aspettare il primo treno per Milano e poi Torino.
Passo la notte in stazione, un grande classico.

*informandomi, hanno anche alcuni tratti a pagamento, su determinate tratte.


Cadice, vista sulla Cattedrale

Piazza di Spagna, Siviglia

Alcazar di Siviglia

Un patio di Cordoba

La grande moschea di Cordoba

Alhambra al tramonto

una delle meraviglie dell'Alhambra

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