"Le persone non fanno viaggi, sono i viaggi che fanno le persone" J.Steinbeck

lunedì 11 febbraio 2019

Fes e dintorni


Capita di trovare occasioni a cui è difficile rinunciare, tipo un volo andata/ritorno per Fes a poco più di 50 euro, in partenza da Torino i primi di febbraio. E visto che il Marocco è un Paese che mi ispirava parecchio, e che non avevo mai messo piede in territorio africano, decido che è giunto il momento di cedere alla tentazione: convinco mio papà a partecipare alla spedizione e prenotiamo il volo.
Si va da lunedì a venerdì, tre giorni pieni più un pomeriggio, così spartiti: un giorno e mezzo alla scoperta di Fes, uno a Meknes e Volubilis e l’ultimo alla volta di Chefchaouen, la leggendaria città blu posta a quattro ore di pullman da Fes.

Arriviamo nel modernissimo aeroporto della città marocchina in una calda mattinata di febbraio, e le impressioni paiono subito positive, se non che, una volta usciti dalla struttura, ci viene detto che il servizio bus per raggiungere la città (l’aeroporto si trova a una ventina di km dal Centro) non è operativo: l’unica è affidarsi a un grand taxi. Per la tratta ci scuciono 120 Dh, l’equivalente di 12 euro che, se sembrano pochini a primo impatto, sono da considerarsi un’ingente cifra visto il costo della vita a Rabat e dintorni.
Ma altre opzioni non ce n’erano.
Le tenneries di Fes
Approdati al Nouzha Hotel, un tre stelle che in Italia faticherebbe ad arrivare a due, nei pressi di una piazzetta che da google maps pareva rigogliosa mentre dal vivo si presenta in piena ricostruzione, decidiamo di posare i bagagli e partire subito per un sopralluogo.
Molti sono gli edifici dismessi, semi abbandonati o lasciati in costruzione; le vie brulicano di vita e di macchine che proprio non ci pensano a far attraversare i pedoni, anche sulle strisce -considerate per lo più un optional- , i marciapiedi spesso sono sgarruppati, le barriere architettoniche non si contano e i commercianti ai lati delle strade vendono di tutto, arance e fazzoletti, scarpe e orologi.
Ci sediamo in un locale un po’ spartano: presi dall’entusiasmo c’eravamo quasi dimenticati di mettere qualcosa in pancia: ordiniamo cibo a caso e ci arrivano dei peperoni, del riso, un the verde e un pollo che pareva cotto vari giorni prima. Paghiamo (poco) e ce ne andiamo.
Comprimo un po’ d’acqua e qualche dolciume che potrà tornare utile durante il viaggio. Ed è subito sera.

Martedì lo dedichiamo a vedere la Medina di Fes, a un paio di chilometri dall’hotel.
Ispezioniamo i vicoli colorati e brulicanti del centro storico, veniamo invasi da richieste di tutti i tipi, guide, vendite, posti al ristorante: tutti che hanno come obiettivo quello di spillarci soldi. Missione dura!
Costeggiamo il Dar Batha, palazzo del visir inaccessibile, passiamo sotto la Porta Blu, incantevole, e facciamo un parziale giro delle mura, lunghissime.
Ci perdiamo tra i banchi del bazar e alla ricerca delle concerie, celebri pozze in cui vengono colorate le pelli. Google maps non ci aiuta molto in tutta quella matassa di stradine, e allora un bimbo ci viene incontro chiedendoci se avevamo bisogno, gli indichiamo sulla cartina lo scorcio che stavamo cercando e lui ci scorta fino all’imbocco del negozio, in cui una guida ci prenderà in consegna facendoci salire le scale, donandoci un ramoscello di menta e mostrandoci le famose concerie.
Mio padre si compra persino una cintura in pelle di cammello- chissà poi se era cammello- dopo un’estenuante trattativa, e ben contenti usciamo dalla medina.

All’agenzia di bus CTM, l’unica che si occupa della tratta Fes – Chefchaouen, ci viene detto che tutti i posti sono occupati, sia per mercoledì che per giovedì. Una doccia gelata che ci getta nello sconforto! La città blu sarebbe stata la ciliegina sulla torta di tutto il viaggio, probabilmente la meta più ambita.
Passiamo la serata  a vagliare altre possibilità per raggiungere questa cittadina: nulla da fare, il treno non ci arriva, altre compagnie nemmeno, così come non ci sono passaggi blablacar.
Ci sono tour giornalieri, certo, ma partono da 220 euro l’uno … onestamente non ce la sentiamo. 
Non andarci a questo giro è comunque un buon motivo per tornarci, diciamo un po’ per consolarci.

Meknes è una delle quattro città imperiali, molto più piccola di Fes e distante 40 minuti di treno. In due paghiamo 56 dh, meno di sei euro, e ci rendiamo subito conto che il servizio treni è eccellente e soprattutto … caldo.
Ho omesso di scrivere che in Marocco i termosifoni non sono molto diffusi, e non fa eccezione il nostro Hotel. Risultato: la notte la passiamo a battere i denti, con mio papà che per difendersi dal gelo – la temperatura di notte tocca i 2 gradi - è costretto a dormire con cappello e guanti!

il mosaico che tanto mi piacque
Macinati i soliti due, tre km che dividono la stazione di Meknes dalla medina, facciamo un sopralluogo del centro, decisamente più piccolo rispetto a quello di Fes, finiamo in quella che è la piazza principale, con negozi, bazar, ristoranti, incantatori di serpenti e scimmiette. Mi innamoro di una fontana da cui non esce acqua ma è arricchita da un mosaico incantevole, infine trascorriamo un’oretta in un museo centrale in cui con pochi soldi ci è data la possibilità di osservare abiti e utensili storici del luogo.
Raggiungiamo l’ambasciata francese da cui partono i gran Taxi per raggiungere Volubilis, insediamento romano a una trentina di km da Meknes. Dopo una veloce contrattazione raggiungiamo la cifra di 250 dh per la visita di un’ora al sito.
Particolarmente interessante è il viaggio per raggiungere i resti storici: verdi prati e coltivazioni, oliveti e colline si sostituiscono ai paesaggi brulli e desertici che ci eravamo figurati nelle nostre teste.
Il Marocco ci appare terra decisamente rigogliosa!
L’accesso al sito costa 70 dh, e lo consiglio a tutti.
È un luogo magico, in cui si respira la grandezza della storia che fu. A ripensarci un’ora fu assolutamente insufficiente.
Rientriamo in tempo per subire un’intervista da parte di un gruppetto di scolari che facevano domande sulla superstizione in cui me la cavicchio con il mio inglese sempre troppo mediocre, ci corichiamo un po’ su un giardino cittadino assaporando mandarini e avocadi e rientriamo nella bella Fes.
Lì, ormai lanciati a pieno nel mood marocchino, osiamo mangiare una ciotola di ceci da un baracchino su strada, particolarmente affollato.
Le condizioni igieniche delle tazzine e cucchiai sono quelle che sono, ma tuttora sono vivo.
La mattina dell’ultimo giorno, quella sulla carta dedicata a Chefchaouen, la passiamo a setacciare possibili mete: il babbo è parecchio stanco (aimè, l’età avanza) e nutre dubbi sulla mia proposta di fare una puntatina in giornata a Rabat ( circa 170 km, 2.30h con il treno), quindi decidiamo di puntare Borj Sud, fortezza su un promontorio che sovrasta Fes.
Io e il babbo tra le rovine di Volubilis

Prima di ciò, però, passiamo ancora una volta dalla medina per visitare la Scuola Coranica (solo il cortile è aperto al pubblico non di fede musulmana e non durante la preghiera, costo 20 dh) e una serie di banchi alimentari in cui veniamo scandalizzati dall’esposizione di teste di cammelli, capre, e polli vivi stipati come oggetti in piccolissime gabbiette e pronti allo sgozzamento.

Costeggiamo le mura e puntiamo il bellissimo promontorio, verde e ricco di cavalli che brucano l’erba.
Le pelli stanno asciugano al sole, che tocca venti gradi o qualcosa in più, e alcuni turisti ne approfittano per scattare foto meravigliose.
Lo spettacolo è veramente entusiasmante e, in cima, c’è un bastione diroccato e dall’altro lato del promontorio si vedono delle dolci colline su cui sorgono piccoli borghi e un bianchissimo cimitero.
Il sole è bello alto in cielo, e seppur la tentazione di attendere lì il tramonto è forte, puntiamo la fortezza poco distante. Non è nulla di che, e buttiamo l’occhio sulla periferia: distese di parallelepipedi color ocra piene di vita, una giungla cui evitiamo di addentrarci..
Il ritorno, rigorosamente a piedi, è parecchio lungo, e passeggiando vediamo spegnersi il quarto sole della nostra toccata e fuga marocchina.
C’è ancora tempo per un tajin, piatto tipico a base di prugne, agnello e cipolle, e un’insalatona.
Poi dritti all’hotel, c’è un taxi da prendere alle 5 di mattina. Si presenterà puntuale, pretendendo una tariffa maggiorata, 150 dh, poi via, si torna in Italia.