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La Via degli Dei. Da Bologna a Firenze.

Con questo post proverò a raccontare la mia esperienza sulla Via degli Dei , un percorso di circa 130 chilometri che si snoda lungo l’Appenn...

mercoledì 26 giugno 2024

La Via degli Dei. Da Bologna a Firenze.

Con questo post proverò a raccontare la mia esperienza sulla Via degli Dei, un percorso di circa 130 chilometri che si snoda lungo l’Appennino tosco-emiliano, collegando Bologna e Firenze.Metterò l’accento sulle sensazioni provate più che sui dati oggettivi come le quote raggiunte, le distanze percorse o l’attrezzatura necessaria, elementi che si possono facilmente trovare in rete. O su una guida. Compratene una e non fate i mozzoni!L’avventura si è svolta tra la fine di maggio e l’inizio di giugno, cinque giorni e una mattinata (un bel modo per non dire sei), e ha visto come protagonisti il sottoscritto e la sua ragazza, Viola, esperta di cammini*.
Ci sono alcune regole che vanno seguite, altre che verranno apprese solo durante la marcia.
La prima riguarda lo zaino! Deve essere LEGGERO: alcuni youtuber** sostengono debba pesare massimo un decimo del proprio peso.
Quando saliamo sulla bilancia entrambi gli zaini pesano circa 10 chili l’uno.
Iniziamo quindi a togliere felpe, doppie scarpe, t-shirt, pigiami, ciabatte, scendiamo a otto chili. Meno non siamo in grado di fare. Su internet sono facilmente reperibili liste di cose che non possono mancare: io mi limito a sottolineare l’importanza di un kit contro le verruche, magliette termiche che si asciugano in un batter d’occhio, e mantella per proteggere lo zaino in caso pioggia.

Altra regola aurea è che bisognerebbe preparare il cammino con escursioni via via più intense, selezionando le scarpe più adatte e l’asset migliore. Ovviamente questa regola è stata ignorata.
Per ciò che riguarda i posti in cui dormire, scartando l’opzione tenda, soluzione che garantisce massima libertà ma anche maggiore peso sulle spalle, non resta che affidarsi alle strutture ricettive presenti sul percorso. Sono parecchie e per tutte le tasche, ma se si organizza la VDD in primavera conviene prenotare con un certo anticipo. I prezzi sono mediamente più alti rispetto a quanto ci si aspetterebbe da camerate e cene spartane: solitamente con 25 euro si dorme in camere condivise, e con altri 25 si cena.
Su Facebook sono presenti alcune pagine ricche di recensioni circa le strutture alberghiere che si incontrano lungo la VDD: mi divertirò anch’io a dare le mie valutazioni (Bruno Barbieri, spostati!).
Infine, un nodo da sciogliere affrontando questo cammino riguarda il tempo di percorrenza: 4,5 o 6 giorni. Questa scelta va fatta considerando la propria condizione fisica, il tempo a disposizione e la volontà di gustarsi il viaggio con calma. Per me cinque giorni erano sufficienti, Viola spingeva per i sei. Alla fine ne è venuto fuori un ibrido***.
Finito sto inutile pippozzo, possiamo metterci in marcia.
*Ne aveva fatto uno circa dieci anni fa.
** Mia principale fonte di informazione
*** A fine percorso siamo entrambi d’accordo sull’affermare che, per due persone in forma, cinque giorni vanno più che bene.

Tappa 1. Bologna-Brento
(27.88 km + 2 extra) La Via degli Dei parte ufficialmente da Piazza Maggiore, cuore di Bologna, ma poiché abbiamo dormito presso l’ostello Combo, che si trova a un paio di chilometri da suddetta piazza, c’è da considerare anche questa piccola aggiunta.
Un’inezia, se si pensa ai chilometri totali da affrontare, ma sarà la levataccia, sarà la calca di persone che iniziano ad affollare la grassa Bologna fin dal mattino, saranno le spalle che devono abituarsi a sorreggere gli otto chili dello zaino, trovo questi due chilometri tra i più pesanti di tutto il Cammino.
Nelle orecchie ci risuonano ancora le note del festival tecno ospitato dall’ostello Combo la sera precedente quando imbocchiamo i portici di via San Luca che, dopo un’interminabile salita, ci conducono al noto Santuario. La giornata è soleggiata, ed arriviamo in cima grondanti di sudore. Ricarichiamo le borracce e testo per la prima volta l’attendibilità di Walkplus, un’applicazione che mostra i punti d’acqua presenti sul percorso, le strutture ricettive, la traccia da seguire ed altre chicche interessanti sui luoghi da incontrare durante il percorso.
Primo errore: dimentichiamo di timbrare le credenziali! Ce ne vogliono almeno cinque per ottenere un MERAVIGLIOSO gadget una volta giunti a Firenze. Ce la faremo? Chissà.
Ci rimettiamo in marcia seguendo le indicazioni CAI , e, scendendo dal monte, superiamo per la prima volta un uomo dal passo incerto ma dalla parlata sciolta, accento del centro-sud, sigaretta tra le dita ed età decisamente avanzata, la cui figura leggendaria tornerà costantemente durante questi sei giorni.
Ci mettiamo alle spalle Casalecchio di Reno e finiamo in una zona paludosissima dalle parti di Sasso Marconi. Le piogge dei giorni precedenti hanno reso questo tratto irto di enormi pozzanghere: il trucco per saltare questa parte è quello di percorrere la Via della Lana e della Seta, sentiero alternativo che si allunga sull’altra parte del Reno. Questo, però, lo scopriamo solo a fine tappa. Quindi giù di fango e melma per cinque chilometri buoni!
Superata l’Oasi di San Gherardo, troviamo un meraviglioso luogo attrezzato con tavolini e acqua, dove mangiamo due panini presi in una gastronomia bolognese. Ci concediamo una deviazione di un chilometro a Vizzano, dove percorriamo un ponte in ferro che ricorre spesso nelle guide turistiche; sulla strada incrociamo una signora che offre caffè e, pochi chilometri dopo, un uomo con un banchettino che, in cambio di una mancia, elargisce ciliegie, bicchieri di tè e un pezzo di torta. La natura appare rigogliosa e colorata dai molti fiori, le salite sono dolci, e di camminatori, che aspettavamo a frotte, se ne vedono pochi.
Il percorso, sempre ben segnalato dalle bande bianco - rosse del CAI, sale ancora un pochino fino al monte del Frate (547 metri), e, quando le gambe iniziano a sentire il peso della giornata, arriviamo al primo B&B chiamato molto semplicemente “Sulla Via degli Dei”, a poche centinaia di metri dal Monte Adone. L’edificio è immerso nella natura, ed ha un bel portico in cui rilassarsi davanti a una birra gelata, cosa che facciamo con gli altri viandanti che alla spicciolata arrivano a destinazione. Il posto in camerata costa 25 euro, e consiste in una grossa stanza con una quindicina di materassi adagiati sul pavimento e un unico bagno a disposizione.
Coda per fare la doccia, e, se ci si alza tutti insieme la mattina, è un casino.
Prima di cenare dobbiamo attendere un’ultima persona che aveva prenotato ma che ancora non si è palesata. Quando sono quasi le otto di sera, e inizia a scendere qualche goccia sull’Appennino, ecco spuntare un pick-up con il signore superato a San Luca: dice di essersi perso e di aver girato mezza provincia con un povero malcapitato che si era fermato a soccorrerlo. Una birra accompagnata da un paio di sigarette rimettono in sesto l’uomo, che scopriamo avere 76 anni ed una vita quantomeno entusiasmante.
La cena, conviviale e goduta tutti insieme, è un’enorme quantità di pasta al ragù, seguita da abbondante insalata. Vino e caffè. .
Si va a dormire presto, prestissimo. Forse non sono nemmeno le 22.
Altra regola del camminatore da appuntare: si va a dormire con le galline, ci si alza con il gallo.
Sulla via degli Dei
Costo: 42 (25 posto letto e colazione + 17 di cena)
Pro: rapporto qualità/prezzo, struttura e accoglienza, colazione.
Contro: La camerata troppo spartana, un unico bagno per tutte quelle persone.
Voto 7.

Tappa 2. Brento-Madonna dei Fornelli.(26 km)
 
il Monte Adone
Come previsto, il primo che si alza a pisciare sveglia tutti. E allora eccoci qui, alle cinque, tutti in piedi, un po’a fare colazione un po’in coda al bagno. Fa freschino quando ci mettiamo in marcia, ed il primo ostacolo che incontriamo è il Monte Adone, che fa più impressione a nominarlo che a raggiungerne la vetta. Infatti si trova a 650 metri di altezza, bazzecole per chi da del tu alle Alpi!
Nebbia, arenarie e lecci caratterizzano la salita al Monte, sulla cui cima sventola una bandiera del Bologna, appena qualificatosi per la prossima Champions League.
La strada per Monzuno è la meno entusiasmante del percorso, infatti si svolge perlopiù su asfalto; ci abbeveriamo nella frazione Tre Fasci e compriamo due panini in un alimentare. Un tizio armeggia contro le vesciche, e io mi auguro i piedi tengano.
Altro consiglio non richiesto: portarsi dietro un kit anti verruche, vasellina, e calze tecniche.
Arrivati a Monzuno si giunge a un campo di calcio, -del Real Monzuno, che scatena l’ilarità ingenerosa di qualche viandante- e da lì parte una salita piuttosto lunga ed impegnativa, in cui si attraversa la comunità hippie di Meraki, che con la sua fantasia abbellisce quella frazione di bosco, e che culmina con un bel castagneto in cui ci fermiamo a mangiare.
Sul Monte del Galletto le pale eoliche spazzano via le nostre fatiche; da lì parte uno splendido crinale che, dopo qualche chilometro immerso tra campi fioriti, porta direttamente a Madonna dei Fornelli, termine della seconda tappa.
A causa della partenza anticipata, riusciamo ad arrivare al B&B Romani prima delle 14, salvandoci da un temporale che si abbatte sul posto nel primo pomeriggio.
Anche stavolta dormiamo in una camerata, ma con letti normali.
Madonna dei Fornelli, nome dovuto in parte alla devozione dei cittadini verso la Vergine e in parte grazie alla numerosa presenza dei carbonai, si trova a 800 metri d’altezza, tanto da obbligarci la sera alla felpa; presenta alcune strutture ricettive, un paio di alimentari, una chiesa, ed addirittura una birreria, tanto da sembrare una località turistica!
Al nostro arrivo Gianni, l’anziano signore tanto attesao ieri, è già con i piedi sotto al tavolo a gustarsi una birra, e la cosa insospettisce un po’ tutti noi viandanti che giuriamo di averlo superato durante il cammino. C’è chi sostiene di averlo sorpassato due volte nell’arco della giornata, e si sprecano congetture e ipotesi assurde su come egli stia affrontando il percorso. E’ la nascita del mito.
Dopo la cena (alle 19!), la proprietaria del B&B allieta i suoi ospiti raccontando della nascita della  Via degli Dei e di come essa abbia aiutato economicamente un territorio in stato di abbandono.
Decidiamo, con alcuni altri ospiti del B&B, di fare un salto nella birreria del posto (Skal!), e notiamo che quello che ci sta piacendo maggiormente del cammino è proprio questo clima di solidarietà che si instaura con gli altri partecipanti. Si viene a creare una specie di bolla spazio-temporale in cui una manciata di persone, con storie, età, provenienze diverse, condividono un tratto di strada in comune, raccontando davanti a una birra della propria vita, o delle difficoltà incontrate durante la tappa odierna.
B&b Romani.
Costo: 50 euro (25 di letto e colazione + 25 di cena)
Costo: 50 euro (25 di letto e colazione + 25 di cena)
Pro: Posizione centrale, il lavatoio, il giardino e la colazione artigianale.
Contro; camerata umida e con poche prese per la corrente, alcuni extra addebitati in maniera poco chiara.
Voto 6,5.

Tappa 3.Madonna dei Fornelli-Passo della Futa
(16 km).
Il cimitero germanico
Questa è la tappa più corta del Cammino, ed è stata tagliata così a causa della carenza di strutture ricettive nei paraggi. A peggiorare la situazione ci pensa la presenza del MotoGp, che la domenica successiva si sarebbe svolto al Mugello, e che ha intasato tutti i posti letto del luogo.
Tuttavia, per quanto breve, è una tappa significativa per svariati motivi: viene attraversato il confine tra l’Emilia Romagna e la Toscana, e si supera la metà del Cammino (in termini chilometrici); ci si imbatte nella strada Militare Flaminia-percorso romano su cui si è disegnato in parte il tracciato della VDD-; inoltre si sale incessantemente fino al punto più alto del tracciato, il Passo della Futa (903 mt) fino ad arrivare presso un imponente cimitero germanico in cui riposano circa 35000 soldati tedeschi morti durante la Seconda Guerra Mondiale.
Da un punto di vista paesaggistico, poi, questa tappa presenta scorci estremamente affascinanti, in cui si alternano boschi di faggi, distese di felci, zone pianeggianti (in una delle quali, particolarmente suggestiva, si incontra “il Capannone”), e una radura, la Piana degli Ossi, in cui sono presenti resti di un’antica fornace romana. Quest’ultima, aimè, parecchio trascurata ed utilizzata da alcuni idioti a mo’ di toilette.
Arriviamo di fronte al cimitero intorno alle 13 e, prima di accedervi, mangiamo il solito panino in compagnia di una coppia di veneti conosciuta la sera prima. Migliaia di lapidi bianche incastonate in maniera regolare nel curatissimo prato, in cima si staglia un mausoleo: l’atmosfera è di religioso silenzio, e penso sarebbe difficile trovare un posto più azzeccato per una costruzione del genere. Chiamiamo la proprietaria dell’alloggio in cui dormiremo, che si era offerta di venirci a prendere e fare da navetta tra la VDD e la sua abitazione, sita a Roncobilaccio.Si, proprio Roncobilaccio, località nota a chi ascolta spesso la viabilità alla radio per presentare incredibili code all’uscita, che si rivela essere una frazione incassata in una stretta valle dell’Appennino, in cui convivono una RSA, un ristorante, e una serie impressionante di case disabitate.
Riusciamo a lavare gli indumenti e lasciarli asciugare ai raggi di un timido sole: questa pratica è una sorta di preghiera laica del buon camminatore (l’ho letta da qualche parte, non ricordo dove).
Ca' de Chiaroli, questo il nome della nostra abitazione, è la classica soluzione più affascinante da vedere che non da vivere: si tratta di una casetta nel bosco minuscola, presumibilmente ricavata da un capanno degli attrezzi, costituita da un paio di letti e una tettoia. La casetta è umida e ricca di insettini. A metà notte mi sveglio con il cuscino tutto sbavato, un bel lumacone mi ricorda quanto è brutto essere poveri.
Per la cronaca, per cena mangiamo due pizze nel ristorante “Il Ronco”.
Ca' de Chiaroli
Costo: 28 euro a testa (senza colazione).
Pro: località graziosa, accoglienza, navetta da e per la VDD super flessibile.
Contro: interni poco curati, distante dal Cammino.
Voto: 6,5.

Tappa 4. Passo della Futa-Tagliaferro
(33 km)
Dopo la digressione Roncobilaccio, veniamo scaricati dalla gentile proprietaria della casetta nuovamente sul sentiero, sul Passo della Futa, e, come due pedine del gioco dell’oca, riprendiamo dalla casella in cui ci eravamo arrestati.
La fitta nebbia avvolge i boschi che silenziosamente attraversiamo, mentre la rugiada si adagia sulle foglie e sopra le nostre facce assopite.
Il clima è decisamente spettrale, e ciò è stato alimentato anche da alcuni discorsi sui lupi fatti dalla signora in macchina.
Ogni tanto incrociamo qualche viso già noto, ci affianchiamo per qualche decina di metri e poi lo distanziamo. Durante il cammino ognuno va a una velocità diversa, stare ad aspettare o pretendere che qualcuno rallenti il passo non giova a nessuno.
Dopo qualche ora uno sperone triangolare in pietra ci annuncia l’arrivo al Passo dell’Osteria Bruciata: la leggenda dietro a questo nome offre un’ulteriore riflesso sinistro a questa porzione di percorso. La vegetazione è fitta, alcuni tratti un po’ fangosi, poi il panorama di colpo cambia; scendendo tra le vigne e zigzagando tra un paio di aziende agricole, giungiamo a Sant’Agata, i cui confini sfioriamo senza però visitarla, poi un tratto lunghissimo di strada bianca pianeggiante, con annesso cimitero al cui lato c’è una preziosa fontana in cui ci abbeveriamo.
A poche centinaia di metri da San Piero a Sieve troviamo una lettera fissata su una corteccia di un albero, una ragazza ringrazia un'altra persona per i momenti passati insieme lungo questo cammino, per averla aiutata durante un periodo buio. Pezzi di intimità si respirano lungo la Via Degli Dei.
A San Piero a Sieve si arriva passando in mezzo ad un impianto sportivo, e c’è un comodissimo CRAI in cui Viola prende una schiacciata e io una confezione di gelati Bounty che consumiamo in un parchetto della cittadina. Si aggiunge a noi anche una ragazza che stava facendo il cammino in solitaria: come Viola, un’altra educatrice!
Da San Piero a Tagliaferro, luogo in cui è presente il nostro B&B, distano solo sette chilometri, che però sono per metà in salita, decisamente ripida fino alla Villa Medicea del Trebbio: inoltre i precedenti 23 chilometri odierni iniziano a farsi sentire. Non sazi, sulla cima del colle sbagliamo strada, allungando di un paio di chilometri la tappa: fortuna che avevo dato un’occhiata a Walkplus!
Arriviamo al B&B Tagliaferro decisamente sfiancati: è stata la tappa più impegnativa del Cammino!
Adagiato sul letto ritroviamo il buon Gianni che, distrutto, ci racconta di aver alzato bandiera bianca, facendosi aiutare tramite autostop. Oltre a lui ci sono molte persone incontrate lungo la strada, con cui nel frattempo si è creata una certa confidenza.
La gestrice del B&B ci accompagna lungo le stanze di questa antica e nobile cascina al termine della quale ci accoglie una sala da pranzo regale, arredata in maniera medievale, in cui ci strafoghiamo con pappa al pomodoro, vino, arrosto, verdure e un dolce alla crema.
C’è anche una chiesetta incorporata nell’edificio, in cui ci viene raccontata la storia del posto e scattata una foto ricordo. Il giorno dopo molti punteranno direttamente Firenze, mentre noi ci fermeremo pochi chilometri prima, a Fiesole: ci salutiamo calorosamente, siamo consapevoli che probabilmente non ci vedremo più, però abbiamo condiviso una bella avventura, e mi viene da pensare che dovremmo vivere anche la quotidianità come se stessimo percorrendo un cammino.
B&B Tagliaferro
Costo: 50 euro (25 di cena + 25 di notte e colazione)
Pro: Cena e post cena, spazi comuni, cura dei dettagli da parte della gestrice.
Contro: nulla
Voto: 8,5

Tappa 5.Tagliaferro-Fiesole (24 km)
Montesenario
Diamo il via all’ultima tappa con tutta la calma del mondo.
Quasi tutti i viandanti se ne sono andati al sorgere del sole, dovendo raggiungere Firenze, mentre noi ci gustiamo la colazione forti di una tappa leggermente più breve.
Il primo stop della giornata è il Convento di Montesenario (aperto e visitabile), a un paio d’ore di cammino, seguito da una foresta di pini fitti ed altissimi, e un’antica ghiacciaia.
Da lì si scende fino a Vetta Le Croci, e poi si risale verso Poggio Pratone: riusciamo a trovare altro fango per la strada e la stanchezza accumulata nei giorni precedenti si fa sentire. Man mano che ci avviciniamo a Firenze e ci lasciamo alle spalle l’Appennino sentiamo la temperatura salire, aumentano i pezzi di strada asfaltata sul percorso, e con loro i cartelli stradali che progressivamente ci avvicinano alla destinazione. Ciclisti della domenica e villeggianti iniziano a comparire, si mischiano a noi, ed è lì che ho la sensazione il cammino stia volgendo al termine.
Poggio Pratone è l’enorme terrazza d’erba che affaccia su Firenze per chi compie la VDD, l’ultimo luogo in cui riposarsi prima di affrontare la discesa, prima verso Fiesole, poi verso la destinazione finale.Fiesole con i suoi oleandri e le sue abitazioni eleganti ci mette in soggezione: ci ristoriamo presso l’albergo Villa Sorriso, e poi facciamo un giro per la cittadina.
Ci sarebbe il Parco Archeologico da visitare, ma decidiamo di restare umili prima concedendoci uno spritz alla Casa del Popolo (super consigliato per prezzi e vista panoramica!), e poi degustandoci nientepopodimeno che un kebab con incantevole vista sulla Cupola del Brunelleschi.
Ormai il traguardo è a portata di..sguardo.
Villa Sorriso
Costo: 105 euro (per due con colazione)
Pro: Posizione, colazione, simpatia delle due che lo gestiscono
Contro: caro per la qualità della stanza.
Voto: 6

Tappa 5,5 Fiesole-Firenze (7 km)

La vista su Firenze da Fiesole
E’ il “pasillo de honor”, la passeggiata finale e trionfale che porta fino a Firenze. C’è poco da scrivere a riguardo, basta seguire l’antica strada di Firenze e farsi guidare dal Cupolone, che si avvicina a ogni curva. In tre quarti d’ora tagliamo il cartello FIRENZE, poi puntiamo verso il Centro. Più ci avviciniamo al cuore della città e più veniamo inghiottiti da quella specie di babele costituita dalle lingue più disparate, camicie eleganti, scatti fotografici, clacson e code per entrare ovunque. Noi, sudati e con le scarpe scarpe infangate, ci aggiriamo spaesati come due novelli Robinson Crusoe. Che fare? Poi l’illuminazione…c’è il GADGET da andare a ritirare!

Considerazioni finali
La Via degli Dei è stata un’esperienza memorabile. Più che per i paesaggi o i paesini incontrati-che risultano affascinanti, ma non appaiono unici nel contesto italiano- vale la pena percorrere la Via degli Dei per apprezzare il calore dei territori attraversati e i dettagli artistici che abbelliscono il cammino, misurarsi con le proprie forze, conoscere nuovi camminatori, e valorizzare un tipo di turismo lento, riflessivo.
Inoltre, quale occasione migliore per visitare due splendide città come Bologna e Firenze?

 


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