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La Via degli Dei. Da Bologna a Firenze.

Con questo post proverò a raccontare la mia esperienza sulla Via degli Dei , un percorso di circa 130 chilometri che si snoda lungo l’Appenn...

mercoledì 9 ottobre 2024

Giro della Corsica in campeggio

La questione è molto semplice: riuscirò a sopravvivere per due settimane in campeggio, attraversando la Corsica?
Questa domanda mi tormenta l’anima mentre, sul traghetto Moby, in compagnia della mia ragazza Viola, solchiamo le placide onde del Mediterraneo.

Una finestra speciale
Le mie ultime esperienze di campeggio risalgono ormai a una quindicina di anni prima, ed erano state seguite e coordinate dai genitori. Questa volta è diverso.
Inoltre Viola, da amante della Corsica, c'era stata già diverse volte, mentre per ciò che mi riguarda, l’ho sempre vista come un’entità geografica anonima posta tra la Liguria e la Sardegna. Lei con il feticcio delle tende Quechua e della cucina liofilizzata, io infastidito dalle zanzare e da tutto ciò che richiede una certa manualità.QUESTA VOLTA GIOCO FUORI CASA. L’itinerario del viaggio l’abbiamo preparato in maniera piuttosto elastica (leggasi, abbiamo sfogliato distrattamente la guida “Marco Polo”), con un unico obiettivo: vedere il più possibile dell’isola di Napoleone in quindici giorni.

Avremmo fatto quattro, cinque, forse più tappe, prevalentemente lungo la costa e ignorando la parte Est, quella che si stende dinnanzi all’Italia, a detta di Viola meno interessante e troppo affollata. Parola dell’esperta.

I campeggi non sono stati prenotati, ci saremmo fatti guidare dall’ispirazione del momento, in modo che, qualora avessimo ritenuto una zona meritevole di più tempo, ci saremmo fermati senza troppi rimpianti.
Sbarchiamo a Bastia dopo nel tardo pomeriggio del 25 agosto, dopo una traversata di 7 ore. Puntiamo immediatamente a Nord, nel “dito” della Corsica, Capo Corso, più precisamente al campeggio “L’isolottu”: alle 20.00 chiude il check-in, ma, ancora peggio, calano le tenebre con relativa difficoltà nel montare la tenda.

Il nostro hotel 4 stelle

Affrontando le prime curve mi rendo conto che questa è la parte più selvaggia dell’intera isola: strade strette e tortuose dai guard rail inesistenti affacciate su strapiombi con vista mare, che, faticosamente, si aggrappano ad una sequenza infinita di monti. I centri abitati sono rari, e paiono mantenere l’autenticità della provincia. Arriviamo in campeggio in tempo per gustarci il primo tramonto: si tratta di un luogo grazioso ed essenziale, la tariffa giornaliera, per due, con auto, tenda (piccina) ed elettricità, si aggira sui trenta euro, grossomodo quello che spenderemo anche negli altri campeggi.

Il Nord

Sopravvissuto indenne alla prima notte in tenda, iniziamo a girare per Capo Corso. Lasciamo l’auto a bordo strada e raggiungiamo il Moulin Mattei, un mulino utilizzato in diversi spot pubblicitari e associato ad un celebre aperitivo noto in Corsica, da cui si gode una vista meravigliosa, e da cui partono numerosi sentieri per gli amanti del trekking. Poco distante si trova un suggestivo monumento dedicato alla Madonna.
Proseguiamo lungo l’unica strada, dirigendoci verso il punto più a Nord del nostro itinerario, Plage de Barcaggio. Con tre euro si parcheggia a pochi metri dalla spiaggia, il mare è trasparente, come solo in Sardegna avevo visto. Mancano le mucche, mi lamento io indicando una foto sulla guida turistica. Poco male, per stavolta ci accontentiamo delle merdacce che si nascondono tra la sabbia. Abbozziamo il Sentiero dei Doganieri, un suggestivo percorso che, se fatto nella sua interezza, dovrebbe condurre a Macinaggio. Noi ci fermiamo in una delle decine di torri genovesi che arricchiscono l’isola. Se ne trovano ovunque sulla costa, a volte ben conservate, spesso sgarrupate. Ma cosa ci fanno tutte queste torri genovesi in Corsica? Aimè ,tocca studiare un po ' di storia del posto…

Moulin Mattei
Rientrando cerchiamo invano un supermercato, un supermarché, prova in francese, magari così google ti mostra qualcosa. Rien de rien.
In questa parte di isola non se ne trovano, o, se ce ne sono, fanno orari ridotti. Finiamo con il farci spennare in un alimentari di Centuri Porto, in cui cedo alla tentazione di un melone particolarmente maturo che mi terrà compagnia per due giorni.
Il sole sta tramontando sul primo nostro giorno di vacanza, e per la prima volta realizzo che ad aspettarmi non ci sarà una casetta con piano cottura, frigo pieno di birra e una comoda doccia, bensì una striminzita tenda, scatolame preparato con militare precisione da Viola, e dei cessi a cui fare la coda con carta igienica in mano. Saranno due settimane impegnative, penso mentre, seduto sul water, sento il vicino di gabinetto, un tedesco di mezza età, effettuare flatulenze inaudite.

Rotolando verso sud ci fermiamo a Nonza, delizioso paesino appollaiato su una falesia, in cui svetta la Chiesa di Santa Giulia e la Torre cittadina; da qui è eccezionale la vista sulla spiaggia nera. Per pranzo ci fermiamo a Saint Florent, cittadina graziosa e turistica, da cui partono i battelli per le spiagge di Saleccia e Lotu, all'estremità del deserto Des Agriate, non raggiungibili con auto privata. Dopo qualche tentennamento decidiamo di proseguire, riservandoci di approfondire il deserto un’altra volta.
A Saint Florent mangiamo dello scatolame preso in un supermercato, giriamo per il porticciolo e saliamo su un bastione da cui si osserva il paese calare nell’acqua.

Nonza vista dalla sua torre.
Sempre seguendo l’unica strada disponibile, la T30, tagliamo tutta la Corsica del Nord fino a giungere dalle parti di Lumio, luogo in cui cerchiamo un campeggio che, nelle memorie della mia compagna di viaggio, doveva essere splendido (per bontà evito di scriverne il nome). Ne troviamo uno secco, polveroso, sciatto: approfittiamo dell’assenza del personale per fuggire via. Ne raggiungiamo uno decisamente migliore, il camping Panoramic, da cui si gode effettivamente di un panorama fantastico. Piccola postilla: questa parte di Corsica è quella migliore per godere dei tramonti, quella in cui si vede il sole calare direttamente in acqua.
Il resto della giornata lo impieghiamo nel rito del campeggio: montaggio della tenda e gonfiaggio del materassino sono appannaggio di Viola, mentre io ho il ruolo meno prestigioso del tirare fuori il tavolino e gli scatoloni con il cibo, sistemarli, appendere i fili per il bucato e andare a riempire la bacinella d’acqua. Mi specializza anche nella gestione del fornelletto e ricambio bombola. Mica poco.

Nel campeggio Panoramic passiamo tre notti, infatti risulta l’ideale punto d’appoggio per visitare:


  • Pigna e Sant’antonino, due affascinanti paesini incastonati sui monti corsi; il primo è celebre per la rassegna “Festivoce” che si tiene a luglio, mentre dal secondo, che visitiamo velocemente, parte uno spettacolare sentiero a lato del cimitero che a malincuore interrompiamo a causa delle tante cose da vedere durante la giornata.

  • Plage de l’Ostriconi, alla foce di un rigagnolo, la si raggiunge mediante una breve camminata attraversando un ponticello in legno, tra vegetazione lacustre. Lì ci sollazziamo mezza giornata, e io rompo l’ombrellone.

  • l'ile Rousse, cittadina tres chic, con il suo centro curatissimo, il lungomare con annessa sirenetta adagiata sugli scogli che ricorda quella di Copenaghen, e il tramonto sull’isola rossa, propaggine rocciosa che dà il nome all’intera cittadina, su cui si erge l’imponente faro.

  • Calvi e la sua cittadella fortificata, in cui scalinate e negozietti abbondano. Vi è anche un curioso (e gratuito) museo sulla Legione Francese, in cui accarezzo l’idea di arruolarmi. Ma neanche per sogno. A pochi chilometri si trova l’imponente Notre Dame de la Serra, monumento religioso da cui si gode di una vista magnifica su tutto il golfo di Calvi. Super Consigliato.


Questi primi giorni nel nord ovest della Corsica mi portano a formulare alcune parziali riflessioni sull’isola: la prima è che me l’aspettavo più selvaggia! Dalle testimonianze di chi ci era stato, mi ero fatto l’idea di un’isola semi abbandonata a sé stessa, invece il turismo non manca, magari è più discreto che da altre parti, l’edilizia è più curata, però targhe straniere e servizi abbondano.

Uno scorcio di Sant'Antonino

Secondo pensiero: è piuttosto cara, specie per ciò che riguarda il cibo. Sarà che tocchiamo aree turistiche, sarà l’essere in Francia, ma i prezzi sono decisamente più alti che in Italia.

Inoltre non ho ancora visto uno stabilimento balneare, le spiagge sono libere e spaziose, l'acqua limpida e calda.
Le strade non sono a pagamento, il parcheggio è spesso frutto di fantasia a causa degli spazi ristretti,ma non mi pare si aggirino loschi individui con il taccuino pronti a fare cassa (perdonate la digressione, frutto della mia deformazione professionale).


Il Centro

Attraverso le mille curve che caratterizzano la frastagliata costa corsica scendiamo più a Sud, ci lasciamo alle spalle la Riserva Naturale di Scandola (“prossima volta…”cit.) e planiamo nel Golfo di Porto, con la classica torre genovese posta in bella mostra su uno sperone a darci il benvenuto.
Scegliamo un campeggio posto a qualche chilometro dal mare,“Funtana a L’ora”, ricco di vegetazione, pulito e con ampie piazzole.
Quest'area della Corsica è perfetta sia per chi ama la montagna, che per chi cerca il mare. Lasciando l’auto a Ota improvvisiamo un trekking lungo fiume direzione Evisa: non riusciamo ad arrivare alla meta, complice anche una frana che ha parzialmente reso inagibile il percorso, ma attraversiamo due splendidi ponti ad arco romano -Pont de Pianella e Pont de Zaglia-, ci immergiamo in una vegetazione rigogliosa, a tratti montana, facciamo il bagno in una splendida acqua dolce.
Tornati a Ota ci mettiamo alla ricerca degli animali allo stato brado che occupano la carreggiata: notiamo un allevamento di maiali e qualche capra che razzola indifferente sul cemento. La giornata termina davanti a una bella Petra ghiacciata, e riflettiamo su come sia stata interessante questa parentesi interna dell’isola.
Ad Evisa ci torniamo il giorno seguente, in macchina. Iniziamo il cammino  nella foresta d’Aitone, che pare il preludio di qualcosa di eccezionale, però ad un certo punto ci blocchiamo, ci sentiamo un po’ sciocchi a camminare nei boschi quando viviamo tutto l’anno vicino ad ambienti del genere, mentre un mare simile chissà quando ci ricapita. Tronchiamo così il trekking e ci catapultiamo a Porto.

Porto, che è una frazione di Ota, consiste in una stradina che scende fino al mare ai cui lati si alternano baretti e stand in cui vendono escursioni con battello. Nulla di esaltante.
La spiaggia, poi, è una delle poche trascurabili della Corsica.
Dopo una visita alla Torre genovese, prenotiamo un’escursione via mare per le Calanche di Piana, per il tramonto.
La fortuna, però, non ci assiste:  una strana foschia si alza dall’acqua, rendendo il tramonto una formalità. La minicrociera costa 35 euro - il prezzo varia da compagnia a compagnia, ma ballano pochi euro di differenza - , dura un ora e mezza e non mi ha entusiasmato. Le scogliere sono suggestive, e le insenature attraversate dalla piccola imbarcazione affascinanti, ma forse sono troppo abituato a questo tipo di paesaggi per meravigliarmi come un nord europeo, e poi non prendo bene la stoccata della guida che, descrivendo una fessura a forma di Sardegna, cita un detto corso “la Sardegna è 2.5 volte più grande della Corsica, 5 volte più popolosa e 7 più brutta”. Merci.
La tappa seguente è nei paraggi di Ajaccio: prima di raggiungere la città che ha dato i natali a Napoleone, facciamo tre piccole tappe, prima Plage de la Ficajola, poi Cargese, cittadina costiera nota per la sua chiesa ortodossa, e infine la spiaggia du Stagnone, ampia e poco frequentata.

Proprio la prima spiaggia, con quel nome in grado di attirare i doppi sensi del malizioso uomo italico, vince il personalissimo premio come miglior spiaggia della Corsica: da Piana una stradina piuttosto ripida di circa 5 chilometri conduce ad un parcheggio dove lasciare l’auto, e dopo un breve sentiero, si giunge in questo gioiello incastonato tra le calanche, con acqua cristallina, un paio di casupole perfettamente inserite nel contesto, e rocce bianche alla cui base fare snorkeling. Viste le ridotte dimensioni, da visitare la mattina presto, prima che si riempia di turisti.

Plage de la Ficajola: voto 10


Attirato dalle piscine in evidenza su Google Maps, scelgo U Prunelli, un campeggio nei pressi di Ajaccio, posto di fianco all’aeroporto Napoleone Bonaparte, con ingresso direttamente sulla tangenziale: non la scelta più azzeccata. A peggiorare la situazione ci pensa un attacco di zanzare, che ci sorprende mentre siamo intenti a montare la tenda. L’idea di prendere e scappare ci sfiora la testa per un attimo, poi lo sciame se ne va, entriamo nei maestosi bagni, e pensiamo che per un paio di notti possiamo pure resistere.
Al di là dell’impatto complicato, il camping mostra alcuni lati positivi, come le dimensioni delle piazzole, i già citati servizi, e le notevoli piscine, ma l’idea di ficcarsi sul materassino e sentire il rumore delle auto sfrecciare, fa passare tutta la magia legata all’esperienza del campeggio.
La mattina seguente visitiamo Ajaccio, piccola capitale della Corsica, e più precisamente: la casa di Napoleone, il quartiere genovese, la fortezza -restaurata e abbellita, sede di alcune mostre-, il mercato centrale e il monumento a Napoleone, in Piazza d'Austerlitz.
Una città sicuramente interessante, meno turistica e più vissuta delle altre visitate sinora, in cui è impossibile trovare parcheggio gratuitamente. Ci torneremo la sera per mangiare un tipico piatto corso, la pizza.
Nel pomeriggio ci rechiamo a vedere le Isole sanguinarie, un arcipelago composto da quattro isolotti di porfido rosso (da ciò il nome), con incluso un imponente faro.
Le isole, che si possono raggiungere in kayak o in battello, sono perfettamente osservabili da “La Parata”, un promontorio alla cui cima sorge la solita torre genovese. Gran parte dei turisti si limita a lasciare l’auto in uno dei parcheggi (rigorosamente a pagamento), e, percorrere il sentiero che conduce a questa torre. Da lì il panorama sulle isole sanguinarie è notevole. Alcune gocce di pioggia e sudore lambiscono il tabulè comprato per pranzo.
Appagati da tanta vista (e scaduto il ticket della salata sosta), ci accampiamo in una deliziosa spiaggetta posta tra le isole Sanguinarie e la città di Ajaccio, Plage Terre Sacrée, dove attendiamo placidi l’ora della già citata pizza.

Isole Sanguinarie

Al termine di questa quarta tappa il mio rapporto con la vita da campeggio inizia a essere, se non piacevole, più confortevole. Ormai smontiamo e rimontiamo il nostro accampamento automaticamente, riesco a capire dove recuperare e posare gli oggetti, apprendo l’importanza dell’ordine e apprezzo quei rituali che all’inizio mi pesavano particolarmente.Inizio a notare i vantaggi della vacanza in campeggio, ossia l’assenza di tempi morti, la complicità con i vicini di piazzola, un maggiore contatto con la natura e la sera, spostandosi di qualche decina di metri, un cielo incantevole.
Ah, e il risparmio. Fare questo tipo di vacanza, oltre a essere più economico sul costo della notte, porta ad uscire decisamente meno la sera. Finito di cenare bisogna andare a lavare i piatti, fare il bucato, programmare il giorno seguente, e poi i campeggi sono quasi sempre fuori dal centro abitato…chi ha voglia di muoversi? 


Il Sud e Corte.

Dopo l’esperienza agrodolce del precedente campeggio, selezioniamo con calma il luogo in cui avremmo passato le successive tre notti: la scelta ricade sul camping Des Iles, adagiato su un promontorio a pochi chilometri da Bonifacio, con minimarket e piscina. Tale decisione risulta azzeccata.
Da lì, a piedi, raggiungiamo Plage de Piantarella (piena di alghe verdi), e, camminando sulla battigia, tiriamo dritti per Plage du petit Sperone (veramente troppo affollata) e pointe de Sperone, dove stendiamo i nostri asciugamani e facciamo un bel tuffo in acqua.
La prima sensazione circa il sud dell’isola è che il turismo sia decisamente superiore rispetto al nord: per la prima volta scorgo qualche timido venditore ambulante, uno sparuto stabilimento si fa largo tra le spiagge libere, e qualche agghiacciante esemplare di palazzone turistico getta la sua ombra sulle strade cittadine. Da Ajaccio in giù, della Corsica selvaggia che mi era stata raccontata non vi è traccia; anzi, a dirla tutta, il selvaggio l’ho percepito solo a Capo Corso e in alcune parti interne.

La giornata dedicata a Bonifacio è parzialmente rovinata dalla pioggia.
E poi Bonifacio è una splendida cartolina, ma per me tale resta.

Cartolina da Bonifacio
Una località da osservare, fotografare da più angolazioni, ma costruita ad arte per i turisti:  nella città vecchia ci si lascia trascinare dalla folla che riempie le viuzze, tra costosissime boutique e negozietti luccicanti.
Se si arriva in auto, occorre lasciarla in uno dei parcheggi a pagamento che si trovano a valle: meglio non prendersela troppo con calma, poiché anche quelli terminano in fretta.

Dopo una rapida occhiata al porto e alle sue scintillanti imbarcazioni, iniziamo a salire i gradoni in pietra. Per avere un’ottimale visione della città vecchia, appollaiata su altissime scogliere bianche e protetta da imponenti mura, percorriamo il sentiero Campu Romanilu, che si inerpica tra le rocce, e regala una vista eccezionale su Bonifacio. Peccato la pioggia, ma è una delle conseguenze della vacanza settembrina.
Nel pomeriggio il cielo si apre un po’, così  decidiamo di fare una salto a Capo Pertusato. Con l’auto si arriva fino al faro, poi si prosegue a piedi per circa venti minuti, tra bassi arbusti e rocce bianche. La spiaggia a cui si accede è estremamente suggestiva, e due speroni ricordano chiaramente una barca e una sfinge. L’unico problema è il vento, che tira in maniera costante, e rende la permanenza sulla spiaggia difficoltosa. A leggere le recensioni su Maps, pare sia un fenomeno abbastanza frequente: però un paio d’ore qui sono ben spese.

Il giorno seguente ci spingiamo fino a Porto Vecchio, località turistica della Corsica nord orientale, dove percorriamo distrattamente le vie del centro e assaggiamo i miccioli, frittelle al formaggio. Nel pomeriggio puntiamo alla rinomata spiaggia di Santa Giulia; il parcheggio per tutto il giorno costa 10 euro, noi però troviamo spazio lungo la carreggiata, e, troviamo più salutare percorre 1-2 km a piedi prima di mettere i piedi sulla sabbia. 

Questa spiaggia ha il potere di farti sentire in due luoghi contemporaneamente: se guardi l’acqua pare di essere ai Caraibi per quanto sia limpida, con scogli affioranti bianchi, e una passerella in legno che si protende verso l’orizzonte. Se rivolgi lo sguardo verso la spiaggia, invece, sembra essere a Rimini, visto l’ammasso di gente (moltissimi italiani), che si riversa su questa sottile lingua di terra.

Vista su Corte
Secondo il programma avremmo dovuto visitare un’altra spiaggia nel pomeriggio, ma,visto che a fatica ci siamo conquistati il nostro spazio al sole, conveniamo sul fatto che sia meglio trascorrere qui il resto della giornata.
Il giorno seguente è nuovamente ora di sbaraccare e spingersi a nord, verso Bastia. Prima però, tappa a Corte. Anzi, prima ancora tappa nella Plage de Palombaggia, scartata il giorno precedente.

Il costo per il parcheggio “full day” è di 8 euro, obolo che versiamo senza troppi rimpianti; il problema è lo stesso della spiaggia Santa Giulia: la troppa gente! Ancora una volta fatichiamo a trovare i nostri due metri quadri di spazio per piantare l’ombrellone, ma, consapevoli che molto probabilmente questo sarà il nostro ultimo bagno in terra corsa, ci facciamo spazio accaparrandoci la nostra parte di spiaggia. Verso mezzogiorno decidiamo di scappare da questo carnaio, facciamo il solito pit stop al supermercato “Casino”, riforniamo la macchina e ci spingiamo fino a Corte, tappa fortemente voluta dallo scrivente.
Collocata nel centro dell’isola, rappresenta la vecchia capitale corsa, da alcune guide viene dipinta come il covo dei nazionalisti, ai miei occhi appare come una splendida cittadina, la cui vecchia cittadella che include il castello, abbarbicato su uno sperone di roccia, viene definita nido d’aquila.

A Corte troviamo rifugio nel campeggio Chez Bartho, ai piedi della cittadella, ai cui lati scorre un fiumiciattolo. Il campeggio, posto su più piani, è ombreggiato da platani e noci, i cui frutti ogni tanto vanno a cadere sulle auto dei turisti incazzati; ma la parte migliore è l’area centrale, una piazzetta ricoperta di tavolini, in cui è possibile degustare un’ottima pizza -per gli standard francesi-, con  birra Pietra. Noi non ci limitiamo questo ma testiamo anche l’aperitivo Matei e il tradizionale Pastis.

La città di Corte si gira in una giornata scarsa: il belvedere che punta sul nido d’aquila, il Museo della Corsica, moderno ma con un taglio che mi ha soddisfatto poco, la Fontana dei Quattro Cannoni, Place Gaffory, e, in generale, il saliscendi tra le stradine acciottolate.
Corte è anche un luogo ideale per i trekking: infatti la cittadina si apre sulla meravigliosa Valle Restonica, area inserita all'interno del Parco Naturale Regionale della Corsica, che presenta vette di oltre mille metri. E’ abbastanza frequente vedere in città camminatori che usano Corte come punto di partenza per arrivare al Lac de Melu e Lac de Capitellu. Anche noi abbiamo mezza intenzione di provare a raggiungere i due laghi, ma arrivati a metà strada, la circolazione veicolare viene interrotta, causa frane. Bisognerebbe aspettare la navetta, che comunque non porterebbe all’esatto punto di partenza. L’impresa, che già partiva in salita, viene accantonata immediatamente per far posto a una più semplice camminata che, partendo dalla Cappella di Sant’Antonio, e tenendosi sulla sinistra l’Università di Corsica Pasquale paoli, conduce fin sulla punta U Corbu, da cui il panorama sulla valle e sulla città è magnifico. Si sale ancora un pochino tra pini e larici, e poi si prende una lunga discesa che porta fino alla Passerelle de Chjarasgiolu; lì ci fermiamo a pranzare su un paio di scogli lungo il fiume. Per rientrare a Corte basta seguire la strada asfaltata, poco battuta causa limitazioni del traffico, e in 4-5 chilometri torniamo dal nostro caro Chez Bartho.

Visuale dalla nostra stanza
Gli ultimi giorni sono stati caratterizzati da un clima uggioso; una notte ha persino piovuto, regalando le immaginabili seccature che l’acqua può regalare ai campeggianti.
La mattina seguente tocca fare un’ora e mezza di macchina per raggiungere Bastia, il porto, poi casa. Quando ripongo l’ultimo picchetto nel sacchetto mi sale un nodo alla gol…non esageriamo!  A un Leclerc agguantiamo qualche ricordo, una serie di marmellate tipiche, una bottiglia di birra Pietra e un tagliere con la testa del moro, simbolo della Corsica.
A bordo della Sardinia Ferris viene riprodotta una compilation musicale tamarissima, mentre dalla poppa della nave vediamo allontanarsi sotto una leggera pioggerellina il profilo di Bastia. Missione compuita. Au revoir, Corse!

In questo link il tragitto compiuto, con le indicazioni dei campeggi e dei punti più interessanti visti: Giro della Corsica 2024

mercoledì 26 giugno 2024

La Via degli Dei. Da Bologna a Firenze.

Con questo post proverò a raccontare la mia esperienza sulla Via degli Dei, un percorso di circa 130 chilometri che si snoda lungo l’Appennino tosco-emiliano, collegando Bologna e Firenze.Metterò l’accento sulle sensazioni provate più che sui dati oggettivi come le quote raggiunte, le distanze percorse o l’attrezzatura necessaria, elementi che si possono facilmente trovare in rete. O su una guida. Compratene una e non fate i mozzoni!L’avventura si è svolta tra la fine di maggio e l’inizio di giugno, cinque giorni e una mattinata (un bel modo per non dire sei), e ha visto come protagonisti il sottoscritto e la sua ragazza, Viola, esperta di cammini*.
Ci sono alcune regole che vanno seguite, altre che verranno apprese solo durante la marcia.
La prima riguarda lo zaino! Deve essere LEGGERO: alcuni youtuber** sostengono debba pesare massimo un decimo del proprio peso.
Quando saliamo sulla bilancia entrambi gli zaini pesano circa 10 chili l’uno.
Iniziamo quindi a togliere felpe, doppie scarpe, t-shirt, pigiami, ciabatte, scendiamo a otto chili. Meno non siamo in grado di fare. Su internet sono facilmente reperibili liste di cose che non possono mancare: io mi limito a sottolineare l’importanza di un kit contro le verruche, magliette termiche che si asciugano in un batter d’occhio, e mantella per proteggere lo zaino in caso pioggia.

Altra regola aurea è che bisognerebbe preparare il cammino con escursioni via via più intense, selezionando le scarpe più adatte e l’asset migliore. Ovviamente questa regola è stata ignorata.
Per ciò che riguarda i posti in cui dormire, scartando l’opzione tenda, soluzione che garantisce massima libertà ma anche maggiore peso sulle spalle, non resta che affidarsi alle strutture ricettive presenti sul percorso. Sono parecchie e per tutte le tasche, ma se si organizza la VDD in primavera conviene prenotare con un certo anticipo. I prezzi sono mediamente più alti rispetto a quanto ci si aspetterebbe da camerate e cene spartane: solitamente con 25 euro si dorme in camere condivise, e con altri 25 si cena.
Su Facebook sono presenti alcune pagine ricche di recensioni circa le strutture alberghiere che si incontrano lungo la VDD: mi divertirò anch’io a dare le mie valutazioni (Bruno Barbieri, spostati!).
Infine, un nodo da sciogliere affrontando questo cammino riguarda il tempo di percorrenza: 4,5 o 6 giorni. Questa scelta va fatta considerando la propria condizione fisica, il tempo a disposizione e la volontà di gustarsi il viaggio con calma. Per me cinque giorni erano sufficienti, Viola spingeva per i sei. Alla fine ne è venuto fuori un ibrido***.
Finito sto inutile pippozzo, possiamo metterci in marcia.
*Ne aveva fatto uno circa dieci anni fa.
** Mia principale fonte di informazione
*** A fine percorso siamo entrambi d’accordo sull’affermare che, per due persone in forma, cinque giorni vanno più che bene.

Tappa 1. Bologna-Brento
(27.88 km + 2 extra) La Via degli Dei parte ufficialmente da Piazza Maggiore, cuore di Bologna, ma poiché abbiamo dormito presso l’ostello Combo, che si trova a un paio di chilometri da suddetta piazza, c’è da considerare anche questa piccola aggiunta.
Un’inezia, se si pensa ai chilometri totali da affrontare, ma sarà la levataccia, sarà la calca di persone che iniziano ad affollare la grassa Bologna fin dal mattino, saranno le spalle che devono abituarsi a sorreggere gli otto chili dello zaino, trovo questi due chilometri tra i più pesanti di tutto il Cammino.
Nelle orecchie ci risuonano ancora le note del festival tecno ospitato dall’ostello Combo la sera precedente quando imbocchiamo i portici di via San Luca che, dopo un’interminabile salita, ci conducono al noto Santuario. La giornata è soleggiata, ed arriviamo in cima grondanti di sudore. Ricarichiamo le borracce e testo per la prima volta l’attendibilità di Walkplus, un’applicazione che mostra i punti d’acqua presenti sul percorso, le strutture ricettive, la traccia da seguire ed altre chicche interessanti sui luoghi da incontrare durante il percorso.
Primo errore: dimentichiamo di timbrare le credenziali! Ce ne vogliono almeno cinque per ottenere un MERAVIGLIOSO gadget una volta giunti a Firenze. Ce la faremo? Chissà.
Ci rimettiamo in marcia seguendo le indicazioni CAI , e, scendendo dal monte, superiamo per la prima volta un uomo dal passo incerto ma dalla parlata sciolta, accento del centro-sud, sigaretta tra le dita ed età decisamente avanzata, la cui figura leggendaria tornerà costantemente durante questi sei giorni.
Ci mettiamo alle spalle Casalecchio di Reno e finiamo in una zona paludosissima dalle parti di Sasso Marconi. Le piogge dei giorni precedenti hanno reso questo tratto irto di enormi pozzanghere: il trucco per saltare questa parte è quello di percorrere la Via della Lana e della Seta, sentiero alternativo che si allunga sull’altra parte del Reno. Questo, però, lo scopriamo solo a fine tappa. Quindi giù di fango e melma per cinque chilometri buoni!
Superata l’Oasi di San Gherardo, troviamo un meraviglioso luogo attrezzato con tavolini e acqua, dove mangiamo due panini presi in una gastronomia bolognese. Ci concediamo una deviazione di un chilometro a Vizzano, dove percorriamo un ponte in ferro che ricorre spesso nelle guide turistiche; sulla strada incrociamo una signora che offre caffè e, pochi chilometri dopo, un uomo con un banchettino che, in cambio di una mancia, elargisce ciliegie, bicchieri di tè e un pezzo di torta. La natura appare rigogliosa e colorata dai molti fiori, le salite sono dolci, e di camminatori, che aspettavamo a frotte, se ne vedono pochi.
Il percorso, sempre ben segnalato dalle bande bianco - rosse del CAI, sale ancora un pochino fino al monte del Frate (547 metri), e, quando le gambe iniziano a sentire il peso della giornata, arriviamo al primo B&B chiamato molto semplicemente “Sulla Via degli Dei”, a poche centinaia di metri dal Monte Adone. L’edificio è immerso nella natura, ed ha un bel portico in cui rilassarsi davanti a una birra gelata, cosa che facciamo con gli altri viandanti che alla spicciolata arrivano a destinazione. Il posto in camerata costa 25 euro, e consiste in una grossa stanza con una quindicina di materassi adagiati sul pavimento e un unico bagno a disposizione.
Coda per fare la doccia, e, se ci si alza tutti insieme la mattina, è un casino.
Prima di cenare dobbiamo attendere un’ultima persona che aveva prenotato ma che ancora non si è palesata. Quando sono quasi le otto di sera, e inizia a scendere qualche goccia sull’Appennino, ecco spuntare un pick-up con il signore superato a San Luca: dice di essersi perso e di aver girato mezza provincia con un povero malcapitato che si era fermato a soccorrerlo. Una birra accompagnata da un paio di sigarette rimettono in sesto l’uomo, che scopriamo avere 76 anni ed una vita quantomeno entusiasmante.
La cena, conviviale e goduta tutti insieme, è un’enorme quantità di pasta al ragù, seguita da abbondante insalata. Vino e caffè. .
Si va a dormire presto, prestissimo. Forse non sono nemmeno le 22.
Altra regola del camminatore da appuntare: si va a dormire con le galline, ci si alza con il gallo.
Sulla via degli Dei
Costo: 42 (25 posto letto e colazione + 17 di cena)
Pro: rapporto qualità/prezzo, struttura e accoglienza, colazione.
Contro: La camerata troppo spartana, un unico bagno per tutte quelle persone.
Voto 7.

Tappa 2. Brento-Madonna dei Fornelli.(26 km)
 
il Monte Adone
Come previsto, il primo che si alza a pisciare sveglia tutti. E allora eccoci qui, alle cinque, tutti in piedi, un po’a fare colazione un po’in coda al bagno. Fa freschino quando ci mettiamo in marcia, ed il primo ostacolo che incontriamo è il Monte Adone, che fa più impressione a nominarlo che a raggiungerne la vetta. Infatti si trova a 650 metri di altezza, bazzecole per chi da del tu alle Alpi!
Nebbia, arenarie e lecci caratterizzano la salita al Monte, sulla cui cima sventola una bandiera del Bologna, appena qualificatosi per la prossima Champions League.
La strada per Monzuno è la meno entusiasmante del percorso, infatti si svolge perlopiù su asfalto; ci abbeveriamo nella frazione Tre Fasci e compriamo due panini in un alimentare. Un tizio armeggia contro le vesciche, e io mi auguro i piedi tengano.
Altro consiglio non richiesto: portarsi dietro un kit anti verruche, vasellina, e calze tecniche.
Arrivati a Monzuno si giunge a un campo di calcio, -del Real Monzuno, che scatena l’ilarità ingenerosa di qualche viandante- e da lì parte una salita piuttosto lunga ed impegnativa, in cui si attraversa la comunità hippie di Meraki, che con la sua fantasia abbellisce quella frazione di bosco, e che culmina con un bel castagneto in cui ci fermiamo a mangiare.
Sul Monte del Galletto le pale eoliche spazzano via le nostre fatiche; da lì parte uno splendido crinale che, dopo qualche chilometro immerso tra campi fioriti, porta direttamente a Madonna dei Fornelli, termine della seconda tappa.
A causa della partenza anticipata, riusciamo ad arrivare al B&B Romani prima delle 14, salvandoci da un temporale che si abbatte sul posto nel primo pomeriggio.
Anche stavolta dormiamo in una camerata, ma con letti normali.
Madonna dei Fornelli, nome dovuto in parte alla devozione dei cittadini verso la Vergine e in parte grazie alla numerosa presenza dei carbonai, si trova a 800 metri d’altezza, tanto da obbligarci la sera alla felpa; presenta alcune strutture ricettive, un paio di alimentari, una chiesa, ed addirittura una birreria, tanto da sembrare una località turistica!
Al nostro arrivo Gianni, l’anziano signore tanto attesao ieri, è già con i piedi sotto al tavolo a gustarsi una birra, e la cosa insospettisce un po’ tutti noi viandanti che giuriamo di averlo superato durante il cammino. C’è chi sostiene di averlo sorpassato due volte nell’arco della giornata, e si sprecano congetture e ipotesi assurde su come egli stia affrontando il percorso. E’ la nascita del mito.
Dopo la cena (alle 19!), la proprietaria del B&B allieta i suoi ospiti raccontando della nascita della  Via degli Dei e di come essa abbia aiutato economicamente un territorio in stato di abbandono.
Decidiamo, con alcuni altri ospiti del B&B, di fare un salto nella birreria del posto (Skal!), e notiamo che quello che ci sta piacendo maggiormente del cammino è proprio questo clima di solidarietà che si instaura con gli altri partecipanti. Si viene a creare una specie di bolla spazio-temporale in cui una manciata di persone, con storie, età, provenienze diverse, condividono un tratto di strada in comune, raccontando davanti a una birra della propria vita, o delle difficoltà incontrate durante la tappa odierna.
B&b Romani.
Costo: 50 euro (25 di letto e colazione + 25 di cena)
Costo: 50 euro (25 di letto e colazione + 25 di cena)
Pro: Posizione centrale, il lavatoio, il giardino e la colazione artigianale.
Contro; camerata umida e con poche prese per la corrente, alcuni extra addebitati in maniera poco chiara.
Voto 6,5.

Tappa 3.Madonna dei Fornelli-Passo della Futa
(16 km).
Il cimitero germanico
Questa è la tappa più corta del Cammino, ed è stata tagliata così a causa della carenza di strutture ricettive nei paraggi. A peggiorare la situazione ci pensa la presenza del MotoGp, che la domenica successiva si sarebbe svolto al Mugello, e che ha intasato tutti i posti letto del luogo.
Tuttavia, per quanto breve, è una tappa significativa per svariati motivi: viene attraversato il confine tra l’Emilia Romagna e la Toscana, e si supera la metà del Cammino (in termini chilometrici); ci si imbatte nella strada Militare Flaminia-percorso romano su cui si è disegnato in parte il tracciato della VDD-; inoltre si sale incessantemente fino al punto più alto del tracciato, il Passo della Futa (903 mt) fino ad arrivare presso un imponente cimitero germanico in cui riposano circa 35000 soldati tedeschi morti durante la Seconda Guerra Mondiale.
Da un punto di vista paesaggistico, poi, questa tappa presenta scorci estremamente affascinanti, in cui si alternano boschi di faggi, distese di felci, zone pianeggianti (in una delle quali, particolarmente suggestiva, si incontra “il Capannone”), e una radura, la Piana degli Ossi, in cui sono presenti resti di un’antica fornace romana. Quest’ultima, aimè, parecchio trascurata ed utilizzata da alcuni idioti a mo’ di toilette.
Arriviamo di fronte al cimitero intorno alle 13 e, prima di accedervi, mangiamo il solito panino in compagnia di una coppia di veneti conosciuta la sera prima. Migliaia di lapidi bianche incastonate in maniera regolare nel curatissimo prato, in cima si staglia un mausoleo: l’atmosfera è di religioso silenzio, e penso sarebbe difficile trovare un posto più azzeccato per una costruzione del genere. Chiamiamo la proprietaria dell’alloggio in cui dormiremo, che si era offerta di venirci a prendere e fare da navetta tra la VDD e la sua abitazione, sita a Roncobilaccio.Si, proprio Roncobilaccio, località nota a chi ascolta spesso la viabilità alla radio per presentare incredibili code all’uscita, che si rivela essere una frazione incassata in una stretta valle dell’Appennino, in cui convivono una RSA, un ristorante, e una serie impressionante di case disabitate.
Riusciamo a lavare gli indumenti e lasciarli asciugare ai raggi di un timido sole: questa pratica è una sorta di preghiera laica del buon camminatore (l’ho letta da qualche parte, non ricordo dove).
Ca' de Chiaroli, questo il nome della nostra abitazione, è la classica soluzione più affascinante da vedere che non da vivere: si tratta di una casetta nel bosco minuscola, presumibilmente ricavata da un capanno degli attrezzi, costituita da un paio di letti e una tettoia. La casetta è umida e ricca di insettini. A metà notte mi sveglio con il cuscino tutto sbavato, un bel lumacone mi ricorda quanto è brutto essere poveri.
Per la cronaca, per cena mangiamo due pizze nel ristorante “Il Ronco”.
Ca' de Chiaroli
Costo: 28 euro a testa (senza colazione).
Pro: località graziosa, accoglienza, navetta da e per la VDD super flessibile.
Contro: interni poco curati, distante dal Cammino.
Voto: 6,5.

Tappa 4. Passo della Futa-Tagliaferro
(33 km)
Dopo la digressione Roncobilaccio, veniamo scaricati dalla gentile proprietaria della casetta nuovamente sul sentiero, sul Passo della Futa, e, come due pedine del gioco dell’oca, riprendiamo dalla casella in cui ci eravamo arrestati.
La fitta nebbia avvolge i boschi che silenziosamente attraversiamo, mentre la rugiada si adagia sulle foglie e sopra le nostre facce assopite.
Il clima è decisamente spettrale, e ciò è stato alimentato anche da alcuni discorsi sui lupi fatti dalla signora in macchina.
Ogni tanto incrociamo qualche viso già noto, ci affianchiamo per qualche decina di metri e poi lo distanziamo. Durante il cammino ognuno va a una velocità diversa, stare ad aspettare o pretendere che qualcuno rallenti il passo non giova a nessuno.
Dopo qualche ora uno sperone triangolare in pietra ci annuncia l’arrivo al Passo dell’Osteria Bruciata: la leggenda dietro a questo nome offre un’ulteriore riflesso sinistro a questa porzione di percorso. La vegetazione è fitta, alcuni tratti un po’ fangosi, poi il panorama di colpo cambia; scendendo tra le vigne e zigzagando tra un paio di aziende agricole, giungiamo a Sant’Agata, i cui confini sfioriamo senza però visitarla, poi un tratto lunghissimo di strada bianca pianeggiante, con annesso cimitero al cui lato c’è una preziosa fontana in cui ci abbeveriamo.
A poche centinaia di metri da San Piero a Sieve troviamo una lettera fissata su una corteccia di un albero, una ragazza ringrazia un'altra persona per i momenti passati insieme lungo questo cammino, per averla aiutata durante un periodo buio. Pezzi di intimità si respirano lungo la Via Degli Dei.
A San Piero a Sieve si arriva passando in mezzo ad un impianto sportivo, e c’è un comodissimo CRAI in cui Viola prende una schiacciata e io una confezione di gelati Bounty che consumiamo in un parchetto della cittadina. Si aggiunge a noi anche una ragazza che stava facendo il cammino in solitaria: come Viola, un’altra educatrice!
Da San Piero a Tagliaferro, luogo in cui è presente il nostro B&B, distano solo sette chilometri, che però sono per metà in salita, decisamente ripida fino alla Villa Medicea del Trebbio: inoltre i precedenti 23 chilometri odierni iniziano a farsi sentire. Non sazi, sulla cima del colle sbagliamo strada, allungando di un paio di chilometri la tappa: fortuna che avevo dato un’occhiata a Walkplus!
Arriviamo al B&B Tagliaferro decisamente sfiancati: è stata la tappa più impegnativa del Cammino!
Adagiato sul letto ritroviamo il buon Gianni che, distrutto, ci racconta di aver alzato bandiera bianca, facendosi aiutare tramite autostop. Oltre a lui ci sono molte persone incontrate lungo la strada, con cui nel frattempo si è creata una certa confidenza.
La gestrice del B&B ci accompagna lungo le stanze di questa antica e nobile cascina al termine della quale ci accoglie una sala da pranzo regale, arredata in maniera medievale, in cui ci strafoghiamo con pappa al pomodoro, vino, arrosto, verdure e un dolce alla crema.
C’è anche una chiesetta incorporata nell’edificio, in cui ci viene raccontata la storia del posto e scattata una foto ricordo. Il giorno dopo molti punteranno direttamente Firenze, mentre noi ci fermeremo pochi chilometri prima, a Fiesole: ci salutiamo calorosamente, siamo consapevoli che probabilmente non ci vedremo più, però abbiamo condiviso una bella avventura, e mi viene da pensare che dovremmo vivere anche la quotidianità come se stessimo percorrendo un cammino.
B&B Tagliaferro
Costo: 50 euro (25 di cena + 25 di notte e colazione)
Pro: Cena e post cena, spazi comuni, cura dei dettagli da parte della gestrice.
Contro: nulla
Voto: 8,5

Tappa 5.Tagliaferro-Fiesole (24 km)
Montesenario
Diamo il via all’ultima tappa con tutta la calma del mondo.
Quasi tutti i viandanti se ne sono andati al sorgere del sole, dovendo raggiungere Firenze, mentre noi ci gustiamo la colazione forti di una tappa leggermente più breve.
Il primo stop della giornata è il Convento di Montesenario (aperto e visitabile), a un paio d’ore di cammino, seguito da una foresta di pini fitti ed altissimi, e un’antica ghiacciaia.
Da lì si scende fino a Vetta Le Croci, e poi si risale verso Poggio Pratone: riusciamo a trovare altro fango per la strada e la stanchezza accumulata nei giorni precedenti si fa sentire. Man mano che ci avviciniamo a Firenze e ci lasciamo alle spalle l’Appennino sentiamo la temperatura salire, aumentano i pezzi di strada asfaltata sul percorso, e con loro i cartelli stradali che progressivamente ci avvicinano alla destinazione. Ciclisti della domenica e villeggianti iniziano a comparire, si mischiano a noi, ed è lì che ho la sensazione il cammino stia volgendo al termine.
Poggio Pratone è l’enorme terrazza d’erba che affaccia su Firenze per chi compie la VDD, l’ultimo luogo in cui riposarsi prima di affrontare la discesa, prima verso Fiesole, poi verso la destinazione finale.Fiesole con i suoi oleandri e le sue abitazioni eleganti ci mette in soggezione: ci ristoriamo presso l’albergo Villa Sorriso, e poi facciamo un giro per la cittadina.
Ci sarebbe il Parco Archeologico da visitare, ma decidiamo di restare umili prima concedendoci uno spritz alla Casa del Popolo (super consigliato per prezzi e vista panoramica!), e poi degustandoci nientepopodimeno che un kebab con incantevole vista sulla Cupola del Brunelleschi.
Ormai il traguardo è a portata di..sguardo.
Villa Sorriso
Costo: 105 euro (per due con colazione)
Pro: Posizione, colazione, simpatia delle due che lo gestiscono
Contro: caro per la qualità della stanza.
Voto: 6

Tappa 5,5 Fiesole-Firenze (7 km)

La vista su Firenze da Fiesole
E’ il “pasillo de honor”, la passeggiata finale e trionfale che porta fino a Firenze. C’è poco da scrivere a riguardo, basta seguire l’antica strada di Firenze e farsi guidare dal Cupolone, che si avvicina a ogni curva. In tre quarti d’ora tagliamo il cartello FIRENZE, poi puntiamo verso il Centro. Più ci avviciniamo al cuore della città e più veniamo inghiottiti da quella specie di babele costituita dalle lingue più disparate, camicie eleganti, scatti fotografici, clacson e code per entrare ovunque. Noi, sudati e con le scarpe scarpe infangate, ci aggiriamo spaesati come due novelli Robinson Crusoe. Che fare? Poi l’illuminazione…c’è il GADGET da andare a ritirare!

Considerazioni finali
La Via degli Dei è stata un’esperienza memorabile. Più che per i paesaggi o i paesini incontrati-che risultano affascinanti, ma non appaiono unici nel contesto italiano- vale la pena percorrere la Via degli Dei per apprezzare il calore dei territori attraversati e i dettagli artistici che abbelliscono il cammino, misurarsi con le proprie forze, conoscere nuovi camminatori, e valorizzare un tipo di turismo lento, riflessivo.
Inoltre, quale occasione migliore per visitare due splendide città come Bologna e Firenze?