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venerdì 11 aprile 2025

Ma che ci vai a fare a Cipro?

Se chiedessi a cento persone di dirmi cosa gli viene in mente quando nomino Cipro, sono convinto che la quasi totalità risponderebbe con un bel Boh? Lo stesso pensai io quando mio fratello tirò fuori dal cilindro quest’isola come soluzione all’ormai classico viaggio primaverile.
Ma che ci andiamo a fare, a me non ispira proprio. Però considera che si trova a sud, in mezzo al Mediterraneo, sotto la Turchia, insistette lui. Guadagnamo una decina di gradi rispetto alla temperatura italica. Poi costa tutto meno (bufala a cui non seppi rispondere) ed è divisa! Andiamo in uno Stato diviso, la cui Capitale è spartita tra turchi e greci.
Ma non sarà pericoloso?Ma va! E poi, anche lo fosse, meglio! Mettiamo un po’ di pepe al viaggio…Andata. I biglietti aerei costano un’inezia: con 100 euro ci accaparriamo Milano Larnaca a/r, incluso un bagaglio da 10 kg in tre. Ma d’altronde a Cipro a fine marzo chi ci vuole andare?
Mia mamma, reclutata per la spedizione, progetta di grandi nuotate. Vedremo. Prima di partire con il resoconto dei sei giorni in giro per la Cipro greca, però, occorre fare alcune precisazioni:
-  Sull’isola si guida a destra. Retaggio del solito dominio inglese, non sarà una passeggiata guidare per le strade cipriote. A venirci incontro vi è il fatto che le targhe applicate sui veicoli a noleggio sono rosse, a differenza di quelle locali, in modo che l’indigeno si renda conto di avere a che fare con un imbranato alla guida, e di prevedere eventuali intralci.
- Cipro è un’isola relativamente grossa, la terza per estensione nel Mediterraneo dopo la Sicilia e la Sardegna, Perlustrarla tutta sarà impossibile in una settimana scarsa. Utilizzano l’euro nella parte greca, ma è largamente accettato anche in quella turca. Conta circa 1 milione di abitanti, due terzi dei quali nella parte greca, la rimanente parte in quella turca, a nord.
- Come già accennato, l’Isola è divisa in due parti, la linea di separazione è detta Green Line; si può transitare da una parte all’altra mostrando un documento presso gli “hotspot”, per noi italiani basta la carta d’identità. Se si noleggia l’auto nella parte greca, le agenzie ci tengono a sottolineare che non rispondono di eventuali sinistri avuti in terra turca. Quindi , qualora si volesse viaggiare nella parte turca con l’auto a noleggio, o si stipula un’altra assicurazione o si spera che non capiti nulla. Noi, prudentemente, scegliamo di entrare nella parte turca solo a piedi, a Nicosia. A fine viaggio, probabilmente, saremo pentiti della scelta. Ma così è andata.

Dintorni di Larnaka
Il viaggio comincia alle due di notte, da Torino, quando carichiamo la Pandina e imbocchiamo l’autostrada direzione a Milano Malpensa. Più che un viaggio è un atto di penitenza. Il decollo è previsto per l’alba, e quando il velivolo si stacca dalla pista di decollo siamo già nel mondo di Orfeo, Ci svegliamo quattro ore dopo, cinque perché lì sono un’ora avanti, regoliamo gli orologi e ci tuffiamo nel caldo ventilato di Larnaca. Via la felpa, ci saranno almeno dieci gradi in più rispetto all’Italia. Sbrighiamo le pratiche per il noleggio dell’auto (Avis, 150 euro per sei giorni), e ci dirigiamo verso il Lago Salato, situato nella periferia di Larnaca, noto per la presenza di fenicotteri rosa e una suggestiva moschea sulle sue sponde. I passi sono pesanti, questa giornata sarà caratterizzata da un profondo stato di catalessi dovuto al molto sonno arretrato, penso mentre veniamo bloccati all’ingresso della moschea. Con i pantaloncini non si entra.Prendiamo l’auto e ci dirigiamo verso est, verso Capo Greco. Prima di uscire da Agia Napa ci perdiamo tra le statue del Parco delle Sculture, gratuito e straniante, e prendiamo confidenza con la guida a destra. Quando incrociamo altri veicoli con la targa rossa si innesca un simpatico balletto: destra o sinistra, indecisione, grattate di frizione, veicolo spento. Ridiamo.

Il cristo panteocratore

Capo Greco è un parco naturale che si estende su un promontorio, con strade che da asfaltate diventano sterrate, arrivano fino a delle formazioni rocciose che si tuffano in mare. Lo facciamo anche noi, il tuffo in mare: l’acqua è gelata ma ci desta un minimo dal torpore. Cerchiamo invano uno scoglio particolarmente fotografabile che si trova su varie guide, Sembra si sia smaterializzato. Dopo l’ennesimo trekking ci arrendiamo e puntiamo alla periferia di Larnaca, dove ci attende un caseggiato moderno e bianco, disposto su due piani nella Fat CowApartament. L’alloggio è spazioso e dotato di tutti i confort, a tema Lego. 5 stelle strameritate.Prima di giungere sull’estremità orientale della punta, ci fermiamo ad Agia Napa, una cittadina turistica in attesa dell’inizio della stagione estiva, dove acquistiamo un pranzo frugale che gustiamo all’ombra del secolare sicomoro piantato all’ingresso del Monastero. Chiuso per ristrutturazione.

Nicosia
La mattina seguente lasciamo Larnaca e puntiamo la Capitale dell’isola, Nicosia.Prima, però, una breve sosta a Lympia, dove c’è una simpatica scalinata colorata in cui fare alcune foto. Fermarsi può essere una buona idea se si è di passaggio, ma non consiglierei di allungare apposta per vederla.A Nicosia ho prenotato tre posti letto in una camerata di un ostello, un po’ perché le case economiche nel cuore della città scarseggiano, un po’ per continuare a sentirmi giovane nonostante aver scavallato i trenta da un pezzo.
La scelta ricade sul Nex Hostel, e si rivela azzeccata perché, oltre ad essere a un quarto d’ora a piedi al centro di Nicosia, offre un parcheggio sotterraneo per gli ospiti. Lasciato al sicuro il bolide, ci immergiamo nella capitale divisa. Una città relativamente piccola (116mila abitanti), piuttosto moderna, che ai nostri occhi appare ordinata e pulita.
Sulle facciate dei muri e dai balconi garriscono orgogliose le bandiere greche, a ricordare costantemente l’appartenenza di questa parte i città al popolo ellenico. Costeggiamo le mura veneziane partendo dalla Porta di Famagosta, saliamo sulla torre di Nicosia da cui osserviamo l’imponente bandiera turca incisa sui fianchi del monte Pentadaktylos, entriamo nella maestosa cattedrale ortodossa, percorriamo Ledra Street fino al confine con la parte turca. Lì ci prendiamo un’oretta per camminare lungo la barriera, fatta di barili, lastre e filo spinato. Ogni tanto una guardiola, spesso deserta. Spingiamo l’occhio oltre la recinzione, dove regna la “buffer zone”, uno spazio largo una trentina di metri che fa da cuscinetto, in cui gli edifici sono rimasti abbandonati dal periodo dell’avanzata turca, 1974.

La Moschea nel caravanserraglio
Varchiamo il check point con l’intento di mangiare nella parte turca. Gli impiegati dietro al bancone scannerizzano annoiatamente il documento dei turisti che fanno avanti e indietro tra le due anime della città. Pensavamo di respirare maggiore tensione nelle zone di confine, invece a tratti pare più una questione turistica.La Nicosia turca ricalca quella greca, ma con alcune differenze: i piccoli negozietti di souvenir visti in precedenza hanno le sembianze dei tipici bazar, l’insistenza dei commercianti nel vendere capi d’abbigliamento contraffatti e le proposte culinarie a base di baklava e kebab tingono di turco quella porzione di città.Mangiamo un piatto kebab, entriamo nei due caravanserragli, il primo dei quali, più ampio, presenta vari negozietti all’interno del loggiato e una moschea al centro di esso. Mia mamma riesce a perdere lo zainetto, se ne accorge un’ora dopo, ma lo ritrova nello stesso punto in cui l’aveva lasciato. Mio fratello compra un paio di pantaloni Adidas, io  mi accontento di un caffè greco, che poi è uguale a quello turco, ma meglio non dirlo.Passeggiamo ancora un po’ per il cuore di Nicosia, proviamo ad entrare in una moschea senza successo, ci soffermiamo su alcuni dettagli che rendono unica questa città, e poi i gatti sono ovunque. Torniamo nell’ostello per farci una doccia. Conosciamo qualche anima errante, alcuni sono di passaggio, un tizio italiano riferisce di vivere da mesi qui dentro, quasi ad indicarci il segreto della felicità. Mio fratello scova un delizioso ristorante per cena (Piatsa Gourounaki), ci coccolano con moussaka, formaggi di capra, olive, pita e altre delizie greche, dolce e ouzo.
Mia mamma riesce a farsi fischiare da un vigile a causa di una foto da un punto vietato. La città è semideserta, l’alta stagione qui inizia ad aprile, diceva qualcuno in ostello.La notte verrà ricordata per il fragoroso russare di un signore nella nostra camera. Dopo un’ora abbondante cado sfinito sotto i suoi colpi.

Edro III

I monti Troodos.
Visto che abbiamo abbandonato l’idea di esplorare la parte turca dell’isola, proviamo almeno a costeggiare per un po’ la linea di confine tra le due parti con la macchina, sempre rimanendo in terra greca. A un certo punto ci fermiamo lungo un check- point perso nel nulla, indecisi se varcare o meno il confine; il coraggio viene meno, e decidiamo di seguire l’itinerario prestabilito, verso i monti Troodos.
Quest’area del paese, secondo le guide turistiche, dovrebbe essere caratterizzata da vigneti alternati a deliziosi paesini. Noi vediamo poco di entrambi.
Puntiamo il monte Olimpo, non quello famoso che si trova in Grecia, ma comunque la vetta più alta di Cipro, a cui non si può accedere poiché occupata da una base militare. Pochi metri prima di arrivare nell’area interdetta, però, parte un sentiero (di Artemide) che costeggia la cima, regalando viste eccezionali sul mare. O almeno, così avevamo letto su qualche sito specializzato. Il sentiero è lungo circa 7 km, ben segnalato, con dislivello praticamente nullo: al km 3.5 veniamo colti da una pioggerellina sempre più insistente che, intorno al km 6, diventa neve! Concludiamo il percorso correndo, ci buttiamo in macchina completamente fradici: mai avremmo pensato di trovare la neve a marzo a Cipro!
Intirizziti e con l’auto che timidamente si muove nella bufera puntiamo al Monastero di Kykkos. Nonostante i 40 minuti di macchina non riusciamo a scrollarci di dosso la pioggia, che come per Fantozzi, ci segue senza sosta. Imbocchiamo un paio di stradine con l’obiettivo di cercare un posto riparato dove mangiare; miracolosamente, a pochi metri dal Monastero, scoviamo un gabbiotto dotato di lavandino e bagno, e, come disperati, consumiamo pane, noci e sardine.
Percorriamo le logge infinite, le cui pareti sono decorate da centinaia di dipinti e mosaici biblici. Tutto profuma di nuovo. Entriamo in una chiesa ricoperta d’oro.
Mia mamma chiede a un sacerdote se avrebbero ospitalità per la notte. Le dicono di si. Abbiamo già la casa prenotata, le ricordiamo. Sarà il suo più grade rimpianto della vacanza.

Visitiamo ance il museo interno al Monastero (ingresso 5 euro), poi, sazi di tanta spiritualità, montiamo sulla Kia direzione Omodos.
Questo paesino, caldamente consigliato da molte guide, sotto la pioggia perde gran parte del suo fascino, che già di per se non ci sembra irresistibile. Percorriamo la piazza centrale, in rifacimento, entriamo nel monastero della cittadina, carino ma mai quanto quello visto in precedenza, compriamo una forma di arkatena, un pane dolce tipico del luogo, con cui sfamiamo noi e alcuni gatti locali.
Il sole sta calando sempre più velocemente quando decidiamo di fare un’ ultima puntata: le cascate di Millomeris.
Raggiungiamo la vicina Pano Patres, da cui parte il sentiero per le cascate. Costeggiamo un fiumiciattolo e quasi corriamo in questo bosco per evitare d’esser sopraffatti dalle tenebre. Con il cuore in gola raggiungiamo le cascate di Millomeris, in un sito che potrebbe essere turistico in alta stagione (ad aprile, è già stato detto!), ma ci si presenta fascinosamente trascurato. Selfie d’ordinanza e via, nella boscaglia. C’è  raggiungere l’auto prima di essere attaccati da qualche belva cipriota.
Arriviamo nella casetta, Ayios Nicolaos River Park, che sono quasi le 20. Fuori è buio, e la pioggia si è addirittura intensificata. Il proprietario di casa ci illustra tutti i punti imperdibili dei monti Troodos: li abbiamo già visti tutti. L’indomani possiamo tornare verso il mare.Verso Pafo.

La costa Occidentale.
Le temperature sono decisamente più basse rispetto al primo giorno, tuttavia, man mano che ci avviciniamo verso la costa, il sole torna a splendere sulla nostra vacanza.
La prima tappa è lo Scoglio di Afrodite; scintillante e maestoso si offre alla nostra vista, senza nulla chiedere in cambio. Questo è uno dei punti che stiamo notando e che noteremo di Cipro: le attrazioni turistiche spesso sono gratuite o veramente economiche. Altro che le rapine senza passamontagna di certe località più a nord.
Il Monastero di Kykkos è quanto di più bello si possa trovare nella regione dei Monti Troodos. Imponente e prezioso, i nuvoloni neri gli regalano un aria severa, e lo liberano dai molti turisti che, sicuramente, lo infestano durante le giornate di sole. In tarda mattinata giungiamo a Pafo, città di riferimento della Cipro Occidentale: con i suoi due siti archeologici, quello di Nea Pafhos e Le Tombe dei Re, facciamo un’abbuffata di colonne, mosaici, archi, anfiteatri, tombe scavate nella roccia, capitelli e piante di antiche abitazioni cipriote.
Lo scenario, in entrambi i luoghi, è estremamente suggestivo: ci troviamo sul mare, la primavera sta esplodendo, e l’occhio gode di fronte a questo meraviglioso mix storico-naturalistico.
Lo scenario, in entrambi i luoghi, è estremamente suggestivo: ci troviamo sul mare, la primavera sta esplodendo, e l’occhio gode di fronte a questo meraviglioso mix storico-naturalistico.
Lo scenario, in entrambi i luoghi, è estremamente suggestivo: ci troviamo sul mare, la primavera sta esplodendo, e l’occhio gode di fronte a questo meraviglioso mix storico-naturalistico.

faro di Pafo
Ci caliamo in una catacomba, segnalata da un albero addobbato con stracci di lenzuola bianche; mia mamma e Dario corrono per vedere il tramonto, io prendo fiato su un pontile lungo mare. Non lo vedo, ma non credo lo segnerò tra i grandi rimpianti della vita. Villa Libellula, situata nella parte alta di Pafo, sarà la nostra casa per le ultime due notti: con meno di cento euro godiamo di una casetta disposta su due piani, che odora di vernice fresca e relax. Pranziamo con un gyros ed un caffe greco del Mc Donald’s; il pomeriggio è dedicato alle Tombe dei Re, che non custodiscono corpi di reali, ma va bene lo stesso.Ci caliamo in una catacomba, segnalata da un albero addobbato con stracci di lenzuola bianche; mia mamma e Dario corrono per vedere il tramonto, io prendo fiato su un pontile lungo mare. Non lo vedo, ma non credo lo segnerò tra i grandi rimpianti della vita. Villa Libellula, situata nella parte alta di Pafo, sarà la nostra casa per le ultime due notti: con meno di cento euro godiamo di una casetta disposta su due piani, che odora di vernice fresca e relax. Dal terrazzino si vede il mare. Meglio di così non potremmo chiedere.Verso la Penisola di Akamas.
L’ultimo giorno –intero- è dedicato al punto più a Nordovest dell’isola: Akamas.
Questa penisola non si raggiunge facilmente in auto: a un certo punto o si rischia di forare percorrendo strade sterrate, o si prosegue a piedi. Ma ci arriveremo.
Prima di raggiungere Akamas ci fermiamo in un paio di spiagge segnalate dalle guide, ovviamente deserte, e fotografiamo il relitto dell’imbarcazione Edro III, una nave arenatasi nel 2011 lungo le coste cipriote, bonificata e lascia lì per la gioia dei turisti che, come noi, si fermano a immortalare questo Titanic in miniatura.
Per la cronaca, tutti i nove marinai presenti sull’imbarcazione al momento dell’incidente furono tratti in salvo.
Giunti nei pressi dei Bagni di Afrodite - una pozza d’acqua scavata in una roccia sormontata alberi secolari, nulla di esaltante - iniziamo a piedi un trail lungo mare veramente spettacolare, che ci conduce alla spiaggia Blue Lagoon e all’insenatura Fontana Amorosa. Per i più pigri, questo percorso può essere fatto anche a bordo di una jeep, ma si tratta di una camminata pianeggiante, estremamente piacevole, lunga una manciata di chilometri. Il clima è perfetto, e le diverse tonalità di blu del mare si susseguono senza sosta. Lungo il sentiero incontriamo varie caprette che brulicano incuranti l’erba, e alla fine della nostra camminata proviamo a prendere il sole in una spiaggetta stranamente sporca.Rientrando a casa osserviamo il tramonto da una località imprecisata della costa, ci fermiamo in un supermercato dove acquistiamo delle pizze surgelate, esaudendo un desiderio di mio fratello. La scelta si rivela pessima: le pizze sono piccole e terribili. Ma d’altronde che senso ha sfamarsi con delle pizze surgelate a Cipro? Fortuna che hanno inventato la birra, buona ovunque, se gelata.
Pranziamo con un gyros ed un caffe greco del Mc Donald’s; il pomeriggio è dedicato alle Tombe dei Re, che non custodiscono corpi di reali, ma va bene lo stesso.
Un faro si staglia tra il verde dei prati, il giallo dei fiori ed il blu del mare. Pafo città, che, vista superficialmente, pare un agglomerato moderno di case ad uso e consumo dei turisti, si caratterizza per una lunghissima passeggiata lungo mare, un bastione e poco altro.Dal terrazzino si vede il mare. Meglio di così non potremmo chiedere.

Il Rientro.
Il tragitto verso Larnaca, dove abbiamo il volo di ritorno, è costellato di parecchie potenziali tappe. Scegliamo Limassol, o meglio, il suo Parco Archeologico. Qui troviamo parecchio turismo, un anfiteatro che si affaccia sul mare e una mamma particolarmente annoiata da troppa cultura. Meglio farsi un bagno; l’abbiamo fatto il primo giorno, ci proviamo anche l’ultimo. Il clima è soleggiato ma non invoglia al tuffo selvaggio. Nonostante ciò individuiamo una spiaggetta a metà strada tra Limassol e Larnaca dove prendiamo qualche timido raggio di sole e ci tuffiamo in acqua.
A Larnaca mangiamo un piattone di fish and chips, e, di fretta, collezioniamo gli ultimi scatti della nostra vacanza cipriota: la Chiesa di San Lazzaro, la Moschea di Sultan Tekke, il porticciolo con il mitico Leone di San Marco, poi via verso l’aeroporto. Pieno e consegna chiavi. Abbiamo guidato una settimana in un paese in cui la guida è a destra senza fare danni, e la cosa curiosa è che dopo una giornata il cambio viene abbastanza automatico.
Dopo quattro ore, e un giro al contrario di lancette atterriamo a Milano. Piove e ci sono almeno 5-6 gradi in meno. La primavera quest’anno la viviamo due volte.
Dario si dimentica lo zaino nel retro dell’auto, se ne accorge quando siamo ormai nell’area del check-in dell’aeroporto, corre a recuperarlo. Ce la fa.
Dopo quattro ore, e un giro al contrario di lancette atterriamo a Milano. Piove e ci sono almeno 5-6 gradi in meno. La primavera quest’anno la viviamo due volte.