"Le persone non fanno viaggi, sono i viaggi che fanno le persone" J.Steinbeck

domenica 27 dicembre 2015

Repubblica Ceca

L’idea di fare un tour della Repubblica Ceca ci è venuto un pò per caso. Così, escludendo le altre possibilità; vuoi per questioni economiche, vuoi per questioni logistiche. Effettivamente, a parte Praga, che tutti dicono essere molto bella, non è che conoscessi molto di questa Nazione.
Allora alla domanda “Ok...ma perchè la Repubblica Ceca?”, io rispondo col più banale “Bè..ma perché no?”
Il volo Bergamo - Praga è assolutamente economico (https://wizzair.com/it-IT/FlightSearch) poi il costo della vita è inferiore al nostro. I cechi sono persone alla mano e le ragazze molto belle. La birra è quasi regalata. Ci sono dei luoghi, fantastici, assolutamente da visitare. Solo che non sono conosciutissimi!
Il progetto prevedeva di girare una settimana con bus e treni per la Boemia occidentale e meridionale, e poi, gli ultimi due giorni spenderli nella capitale. L’abbiamo rispettato abbastanza.

UNO
Questa giornata non ha regalato grandi emozioni. Diciamo che è stata sacrificata al viaggio!
Tram fino a Porta Nuova (Torino) – Treno fino a Milano Centrale – Navetta fino all’aeroporto di Bergamo – Aereo fino all’aeroporto di Praga – Navetta fino alla stazione di Praga (Praha hlavnì) – Treno fino a Plzen.
Il che, condito da un caldo clamoroso, ci ha reso piuttosto stanchi. Usciti dalla stazione di Plzen verso le 11 di sera, spaesati, siamo stati praticamente scortati fino all’ostello da un simpatico ragazzo del posto che deve aver preso a cuore la nostra nobile causa. Giunti in ostello...colpo di scena: reception chiusa! Ma niente panico! Abbiamo chiamato il proprietario dal bar di fianco che ci ha raggiunto nel giro di dieci minuti. Tuta trasandata, cane al guinzaglio e lattina di birra in mano. Col sorriso sulla faccia ci ha detto “No problem” e ci ha fatti entrare.

DUE
Il secondo giorno l’abbiamo dedicato alla visita di Plzen. Situata nella Boemia occidentale è la quarta città della Repubblica Ceca, per popolazione. Importante centro industriale (qui è stata fondata l’azienda automobilistica Skoda) questa città è famosa per la leggendaria birra che produce: la Pilsener. L’originale Pilsener. 
Il centro storico, curato ed elegante, si articola intorno alla piazza principale dove troviamo la cattedrale di San Bartolomeo con l’imponente campanile gotico. Con i suoi 103 metri è il campanile più alto del Paese. Ovviamente noi ci siamo saliti…per ammirare l’intera città vista dall’alto. Indubbiamente panoramico.
Sempre sulla piazza principale, la Piazza della Repubblica, c’è da vedere la facciata del municipio cittadino e la colonna della peste (Praticamente in tutti i centri abitati del Paese si trovano colonne di questo tipo. Da qui la supposizione che la peste abbia fatto stragi massicce da quelle parti)
Bisogna fare un salto anche alla sinagoga della città. La terza più grande del mondo (che ci vogliate credere o no) dopo quella Gerusalemme e di Budapest. Interessante per chi voglia farsi un’idea di come sia strutturato un luogo di culto ebraico. Da leggere è anche tutta la storia, travagliata, che coinvolge la sinagoga e i nostri amici tedeschi durante la seconda guerra mondiale.
Dopo aver consumato il nostro umile pranzo seduti sulle sponde del fiume, ci siamo diretti verso la storica fabbrica di birra da dove partono due tour turistici: il tour della fabbrica della birra, con annesse degustazioni e il tour dei sotterranei della città. Il primo dedicato ai giovani che si vogliono divertire, il secondo alle famiglie e alle signore di mezza età. Noi ovviamente abbiamo scelto il secondo! Haha! E sì…perché il mio socio (incredibile ma vero) detesta la birra. Anche solo l’odore. Inutile ogni commento a riguardo.  Vabbè…comunque il tour dei sotterranei è discreto. Certamente la spiegazione, interamente in lingua ceca, non ha aiutato. La buona notizia è che con il biglietto d’ingresso al tour si ha (http://www.prazdrojvisit.cz/en/tours)  diritto ad una birra omaggio nel caratteristico pub del birrificio.
Curiosamente, tra tutto quello visto in città, ciò che ha interessato di più il mio amico è stato…lo stadio del Victoria Plzen. Bell’impianto comunque. Niente da dire.
Per concludere la giornata, cenetta nel tipico ristorante vietnamita di Plzen!
(A parte gli scherzi, la comunità vietnamita è molto numerosa in Repubblica Ceca) 

TRE
L’obiettivo di giornata era quello di raggiungere la cittadina di Cesky Krumlov, nel sud del paese, quasi al confine con l’Austria. Volevamo, però, fare una tappa lungo il percorso: la scelta è caduta su Holasovice.
Preso il treno alla stazione di Plzen, in meno di due ore siamo arrivati nella città di Ceske Budejovice. Qui avremmo dovuto aspettare un paio d’ore per la corriera che ci avrebbe portato alla meta desiderata, così abbiamo deciso di comprarci qualcosa da mangiare e farci un giro in centro. La città è nota per la produzione della birra Budwiser (l’originale Budwiser, da non confondere con l’americana Bud. Se foste interessarti andate a leggervi la storia a riguardo: curiosa). Pur non offrendo grandi opportunità turistiche, merita sicuramente un’occhiata l’enorme piazza principale, elegante circondata da palazzi barocchi. Qui abbiamo consumato il nostro umile (ed economico) pranzo e siamo ritornati all’autostazione (la stazione ferroviaria e quella degli autobus sono collegate e raccordate da un centro commerciale).
Breve nota di colore: il mio socio, girovagando tra ufficio turistico, biglietteria, e negozi vari, riesce a smarrire la sua GoPro (in realtà una versione tarocca). Lo psicodramma incontrollato che ne deriva viene, fortunatamente, risolto da un onesto impiegato pubblico che la ritrova e glie la restituisce. Se volessimo fare un po’ di populismo potremmo chiederci “Chissà se l’avessimo smarrita in Italia cosa sarebbe successo?” …forse la risposta è meglio non conoscerla.
Comunque, preso il pullman, siamo arrivati a destinazione in mezz'oretta. Eravamo gli unici turisti, circondati dalla vita di tutti giorni della gente del posto.
Holasovice è un piccolo villaggio immerso nella campagna Ceca. Le fattorie, espressione dello stile medievale-barocco della Boemia meridionale, sono state ristrutturate integralmente nel 1990. Nel 1998 il borgo è stato dichiarato Patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Passeggiare tra le case di questo paese di 150 abitanti, sperso nel nulla, dove un bar vuoto rappresenta la “cosa più turistica” che ci sia, è stato davvero affascinate. Quasi come essere in un film western.
Nonostante la sua straordinaria semplicità…mi sento di consigliarvelo ;)
Rientrati all’autostazione di Ceske Budjovice un altro pullman ci ha scarrozzati fino a Cesky Krumlov.
Stancati dal lungo peregrinare, giunti in ostello, ci siamo buttati sotto le coperte.

QUATTRO
Spoilerizzo! Dicendo subito che quella che vado a raccontare è stata la più bella giornata dell’intero viaggio.
Cosa si può dire? Semplicemente che Cesky Krumlov è uno dei posti più straordinari che abbia mai visto. Una perla. Questa cittadina, dominata dall’imponente castello, si specchia sopra un’ansa del fiume Moldova. L’intero centro abitato, in stile rinascimentale e medievale è stato dichiarato patrimonio mondiale dell’umanità dall’Unesco.
Anche l’ostello in cui alloggiavamo (https://www.hostelmerlin.com/en), oltre ad essere economico e situato nel centro del paese, era in stile medievale, con la terrazza che dava sul fiume (molto suggestivo).
La mattina abbiamo usufruito di un Free Tour per girarci la città. Il Free Tour consiste in un giro a piedi per la città, di un paio d’ore, con una guida che parla inglese. Al termine, se si è soddisfatti, si può lasciare una mancia al ragazzo (www.wisemanfreetour.com/)
Il pomeriggio, invece, siamo saliti al castello. Maestoso, raffinato, per dimensioni è secondo solo al complesso di Praga. La sorpresa è che, nei pressi dell’ingresso, messo a guardia del castello, c’è un orso. Un orso vero. Vivo.
Dopo il castello, per non farci mancare nulla, abbiamo optato per un giro turistico in canoa. Attività molto praticata da quelle parti. Percorso breve, un’oretta, giusto per ammirare questo splendido borgo da un’altro punto di vista. Non troppo economico, ma lo consiglio.
Per cena, siamo entrati in una delle molte osterie locali e finalmente abbiamo assaggiato qualcosa di caratteristico (dopo giorni a panini e cucina cinese)

CINQUE
Questa giornata era dedicata allo sport e all’escursionismo, sapendo che la parte meridionale della Repubblica Ceca si presta a questo genere di attività. La scelta è caduta sul Lago di Lipno, quasi al confine con l’Austria. Precisamente abbiamo raggiunto Horni Plana, a circa un’ora e mezza di treno da Cesky Krumlov
(A differenza dell’autostazione, la stazione ferroviaria è fuori dal centro, a 2/3 km dal castello, sopra una collinetta)
Arrivati ad Horni Plana, mediocre cittadina balneare, abbiamo deciso di noleggiare una barca a remi. Due ore passate a remare ed esplorare le coste del lago.
Rientrati all’attracco abbiamo fatto vita da spiaggia nell’area attrezzata con ombrelloni docce e sdraio. Niente di che.
In conclusione, a parte le due orette in barca, giornata piuttosto sottotono. Poteva essere “spesa” meglio. Forse un’escursione nel Parco Sumava (Parco Nazionale della Selva Boema) , o il tour in bicicletta del lago sarebbe stato meglio.

SEI
L’obiettivo di giornata era quello di raggiungere Praga, dal sud del paese in cui ci trovavamo. E dato che si attraversava mezza nazione, abbiamo pensato di fare una sosta strategica per visitare una località. Indecisi tra Trebon, Telc (sicuramente la migliore) e Tabor (la più comoda) abbiamo optato per quest’ultima.
Perse due ore all’autostazione di Cesky Krumlov per un malinteso sugli orari dei bus, siamo finalmente partiti in direzione Ceske Budjovice; e da qui, in treno, verso Tabor.
Su Tabor che dire?  Sicuramente è una cittadina che definirei “carina”: elegante il centro, interessanti le mura antiche ed un paio di torrette… ma poi finisce lì. Diciamo che in 3 ore la giri due volte ;)
Forse anche la giornata di oggi poteva essere organizzata meglio, con la visita di Telc. Vabbè sarà per il prossimo viaggio in Boemia.
Ma la vera sorpresa di giornata è arrivata giunti a Praga, in serata. Lì abbiamo scoperto che l’ostello prenotato, per un disguido con Hostelbookers.com, si era venduto i nostri posti. Eravamo in mezzo alla strada. Sabato sera a Praga. E tutti gli ostelli contattati nel giro di un km “pieni”.
Ci ha salvati l’ostello A&O (https://www.aohostels.com/it/praga/), a sette km dal centro!! Ma con la fermata della metropolitana lì vicino. Ottimi prezzi. Consigliato.
(Comunque Hostelbookers.com, dopo avergli comunicato l’accaduto, si è scusato e mi ha rimborsato i 10 euro spesi per la prenotazione…lo perdoniamo!)

SETTE
Il primo giorno a Praga, non siamo stati a Praga. Ma a Karlstejin. 30 km a sud ovest della capitale. In questo minuscolo borgo, tra le colline ceche, è situato l’omonimo castello. Probabilmente il secondo castello più importante del Paese, dopo quello di Praga. (40 minuti di treno, dalla stazione centrale, a circa 95 corone)
La giornata era stupenda e la passeggiata, dalla stazione al castello, che attraversa tutto il borgo… veramente piacevole.
Il castello è eccezionale! Gratuitamente si può accedere agli ambienti esterni come i cortili e un paio di torrette. Per la visita degli spazi interni è necessario acquistare il biglietto. Non molto economico.
Nel pomeriggio abbiamo fatto un’escursione nella foreste che circonda il castello. Seguendo un percorso segnato ed un gruppo di brasiliane che ci precedeva, siamo giunti in un luogo meraviglioso: una specie di canyon, un  lago di montagna, scavato nella roccia, dai mille colori. Passeggiata davvero consigliata. 

OTTO, NOVE e DIECI
Sui due giorni e mezzo passati a girare per Praga non mi dilungo perché c’è già post su questo blog dedicato alla città (http://marcopolo011.blogspot.it/2015/01/praga.html). Allora mi limiterò a dare due consigli: 


  •   Cosa FARE assolutamente: Passeggiare sul Ponte Carlo all’alba. Alle 5 di mattina. Quando non è ancora invaso da orde di turisti selfie-dipendenti. Quando fa ancora fresco. Quando è ancora possibile assaporarne tutta la magia. Ne vale la pena.
  •   Cosa NON FARE assolutamente: Entrare all’Ice Pub. Un pub interamente realizzato in ghiaccio. Compresi i bicchieri per le consumazioni. “Wow”, “Figata”… potrebbe pensare qualcuno (inclusi noi). La verità è che quando realizzi di aver pagato euro sonanti per stare 20 minuti al gelo (meno 10 gradi)…capisci di essere un idiota. E allora te lo meriti.

 In conclusione, la Repubblica Ceca ci è proprio piaciuta!


FINE.

lunedì 18 maggio 2015

Cronaca di una giornata a Bruxelles



 Cronaca di una giornata a Bruxelles


Ci si potrebbe domandare perché Bruxelles e, soprattutto, perché solo un giorno.
Bè, in realtà il viaggio andava da venerdì pomeriggio a domenica mattina...quindi un paio di giorni in teoria; ma alla fine l’effettiva visita alla città non è stata che di poco oltre le 24 ore.
Per quanto riguarda la scelta della città, invece, io e il mio amico eravamo vincolati da una promozione (una storia lunga). Comunque il volo Torino – Bruxelles è notoriamente tra i più economici, in qualsiasi momento dell’anno (a riguardo:
http://www.ryanair.com/it-it/)

-Venerdì-

Dato che il volo era previsto per l’una e venti, ci siamo presentati in aeroporto a mezzogiorno e lì, ecco, la prima sorpresa. E che sorpresa!!! Il volo per problemi tecnici/logistici (rispetto ai quali il personale ha provato a dare confusionarie spiegazioni) è stato posticipato alle 19:20. Dunque 6 ore di ritardo. Quando si dice “partire con il piede giusto...”
Vabbè. Indecisi se partire lo stesso o rinunciare ed ottenere il rimborso dei biglietti cominciamo a vagare senza meta per l’aeroporto. Aeroporto che, ora posso dirlo, conosco meglio di casa mia! Ma, come tutti sanno, anche nelle avversità c’è sempre una nota positiva. Questa ci è apparsa sotto forma di buono pasto che la gentilissima compagnia aerea ha elargito ai suoi gentilissimi clienti per scusarsi del disagio. Un panino e una coca-cola gratis...come dicono i saggi: “meglio che un calcio in culo.”
Chiaramente questo fuori programma ha scombinato i piani che avevamo nel pomeriggio.

Atterrati su suolo belga ci siamo precipitati alle navette per raggiungere la città. 
Breve parentesi: il Brussels South Charleroi Airport si trova a 45 km dal cento di Bruxelles ed è raggiungibile con taxi, pullman o treno. Noi abbiamo prenotato da casa il pullman alla mica-tanto-economica cifra di 28 uro A/R (http://www.brussels-city-shuttle.com/it#/). Ottimo servizio, però.
Comunque, allo stesso prezzo si possono condividere delle corse in taxi con altri clienti. Sistema molto gettonato da quelle parti.

Giunti al capolinea della navetta, cioè alla stazione Gare du Midi, alle 22 e 30, abbiamo scelto di andare verso il centro a piedi, per cominciare a dare un’occhiata a questa città a noi sconosciuta. Percorsa l’Avenue de Stalingrad, che ricorda vagamente le ramblas spagnole, in un quarto d’ora si è arrivati nel centro storico. Il cuore della città. Questo consiste in una serie di viuzze, piazzette, locali e caratteristici edifici che si sviluppano intorno alla Grand Place. Proprio in una di queste stradine ci siamo imbattuti in uno dei più celebri simboli di Bruxelles: il Manneken Pis, letteralmente “il bambino che piscia”. Statua in bronzo, alta non più di mezzo metro, che raffigura un ragazzotto nell’atto di espletare funzioni fisiologiche fondamentali, è il simbolo della indipendenza di spirito degli abitanti della città, i quali le sono molto affezionati.
Da lì alla piazza principale, il passo è breve. Sulla mia pratica guida di Bruxelles (rigorosamente presa in biblioteca per non gravare sul bilancio del viaggio ;) ) c’era espressamente scritto che la sola vista della Grand Place valeva la visita della capitale belga. Bè…che dire?…non posso che confermare!!! Troppo bella. Un gioiello. Non mi dilungherò sulla sua descrizione…andate a vederla dal vivo. Di notte, poi, con gli edifici gotico/barocchi illuminati è il massimo.
Dopo aver girovagato ancora un po’ per il centro, ci siamo diretti verso ovest, per raggiungere il nostro ostello. Questo, che distava circa 1 km dal centro, ci è costato 28 euro a testa (http://www.meininger-hotels.com/en/hotels/brussels/). Lo consiglio.

-Sabato-

Sveglia alle 9, colazione con i resti dell’ultima cena, e subito in strada per quella che sarebbe stata la nostra unica giornata piena a Bruxelles. Sotto una pioggerellina molto british raggiungiamo la stazione della metro più vicina e compriamo l’abbonamento giornaliero ai mezzi pubblici  (6€, o giù di lì…). Poi, montiamo sul treno della linea 6. Alla periferia nord della città, infatti, si trova l’Atomium, imponente monumento realizzata per l’Expo del 1958 che rappresenta un cristallo di ferro. Questo, con i suoi 102 metri d’altezza, è senz’altro diventato il simbolo più famoso della città, ed è una tappa obbligatoria per chi la visita. Situato nel parco Heysel (dove, tra l’altro, c’è l’omonimo stadio tristemente noto) è raggiungibile a piedi, in pochi minuti dalla penultima fermata della linea 6. Molto suggestivo l’interno dell’edificio; soprattutto l’ascesa fino all’ultima “sfera” dalla quale si gode di un panorama impareggiabile. (Per info: http://www.atomium.be/ )

Dopodiché siamo tornati verso il centro…direzione: la città Alta. Bruxelles, infatti, è divisa nella città Alta e nella città Bassa. Quella Bassa, storicamente più povera, è quella che si articola intorno alla piazza grande e rappresenta il centro storico vero e proprio; Quella Alta, invece, è storicamente la zona facoltosa dove, tra viali maestosi e palazzi regali, hanno sede banche, società e le principali istituzioni cittadine e comunitarie.

 

Dopo una rapida occhiata interno/esterno della notevole cattedrale di San Michele, realizzata in stile gotico, ci siamo diretti verso la Place Royale, sulla quale si affacciano i principali musei cittadini. Per dare un tocco di cultura alla nostra spedizione, abbiamo deciso di visitare quello di Magitte, che ci sembrava il più “leggero”. Magritte è quel tizio che dipingeva bombette, mele e pipe…dai…impossibile non averne mai sentito parlare!! Comunque, tessera universitaria alla mano si entra con 2 euro (guardaroba/deposito gratuito). La galleria è molto bella, se si è interessati al surrealismo, anche se, bisogna ammettere che le due o tre opere più celebri del pittore non si trovano lì.

 

Usciti da “Magritte”, sapendo che tutti i musei e monumenti avrebbero chiuso alle 18:00, siamo andati spediti verso il Quartiere Europeo.

Breve digressione politico-istituzionale: Bruxelles è sede della Commissione Europea (potere esecutivo), mentre a Strasburgo si trova la sede principale del Parlamento Europeo(potere legislativo). Comunque molti dei lavori parlamentari e delle adunanze plenarie si tengono qui, nel colossale palazzo di vetro Espace Leopold.

Le visite dell’Emiciclo, solo nei giorni feriali, sono gratuite ma vanno prenotate. Ci siamo dovuti accontentare, quindi, del Parlamentarium. (http://www.europarl.europa.eu/visiting/it/visits/parlamentarium.html). Questo è il centro visitatori del Parlamento e contiene una mostra interattiva permanente che celebra la nascita dell’Unione e la fratellanza dei 28 Paesi cha la compongono. Ingresso gratuito con audio-guida in italiano, anch’essa gratuita ;)

Sfruttate fino all’ultimo le comodità offerte dal museo (servizi, divanetti e tepore), alle sei di sera siamo stati costretti ad uscire per tornare in strada. La giornata sarebbe stata ancora molto lunga.

 

In città ci sono almeno 3 o 4 parchi degni di nota. In attesa di cena, siamo andati verso quello che, guida alla mano, ci sembrava più bello: Il Parco del Cinquantenario. Cominciava a fare freschino e si mostravano i primi segni di cedimento. Per sollevare il morale della truppa ci siamo concessi un waffle al cioccolato, gustato ai piedi del monumentale arco di trionfo che domina il parco.

 

Calava il sole sulla nostra giornata a Bruxelles.

Presa la metro, siamo tornati in zona Stazione per cercare un posto economico dove mangiare e stare tranquillamente seduti per un po’. La scelta è caduta su un ristorante arabo-belga che proponeva un’invitante frittura di pesce a prezzi accettabili.

Usciti da lì, in attesa della prima navetta per l’aeroporto, delle 4 di mattina, abbiamo deciso di spendere le ultime ore che ci rimanevano vagando senza meta per il centro. Per la città Vecchia. E così, tra una ri-visita alla Grand Place e al Bambino che Piscia, ci siamo infilati nel primo pub non troppo affollato per gustare la famosa birra belga. (Il mio amico, però, facendo una scelta più che discutibile, ha optato per una squallida Sprite...mha...)

Comunque, sbattuti (con gentilezza eh) fuori dal pub che chiudeva, verso le tre, siamo andati a prenderci sta famosa e, ormai, ardentemente desiderata navetta.

Crollati sui sedili posteriori, ci siamo risvegliati un’oretta dopo in aeroporto.

 

Stanchi ma felici, non ci rimaneva altro che aspettare.

 

Aspettare l’aereo che ci avrebbe riportato a casa.

sabato 21 marzo 2015

Cracovia




Prendete Cracovia, tre giorni di metà giugno, un Europeo di Calcio, due fratelli di vent’anni, un caldo infernale, Auschiwitz e i suoi orrori.
Mischiateli, e vi verrà fuori una vacanza memorabile.

Ma facciamo un passo indietro.
Torino, fine maggio 2012.
Io e mio fratello ci siamo tolti dai piedi gran parte degli esami universitari, e abbiamo da poco scoperto la potenza delle compagnie low cost: sul sito della Ryanair troviamo decine di mete disponibili a pochissimo prezzo, città ai confini dell’Europa, che magari manco pensavamo esistessero, mentre ora, eccole là, raggiungibili al costo di una cena presso un ristorante, nemmeno tanto lussuoso.
Puntiamo l’Est.
Il confine dell’Europa, la parte meno conosciuta e probabilmente la più povera.
Di tutti gli stati presenti veniamo subito attirati dalla Polonia: proprio lì, a giugno, si sarebbero disputati gli Europei di calcio,e cosa c’è di meglio che abbinare la passione del viaggio con quella calcistica?
Per cui, senza pensarci su due volte, prenotiamo un doppio andata/ritorno per Cracovia (19.90 Euro a biglietto), e poco importa se scopriamo che in quella città non si sarebbe disputata alcuna partita : proprio lì avrebbero alloggiato le nazionali di Italia, Inghilterra e Olanda, e poi mica avremmo avuto i soldi per vedere un match dal vivo.
I giorni del viaggio sarebbero stati quelli compresi tra il 19 e il 22 giugno, e ci parevano anche troppi, se non che, una volta prenotato il volo, ci mettiamo a sfogliare le guide turistiche inerenti a Cracovia: luoghi di interesse e attrazioni spuntano come funghi, e presto ci rendiamo conto che quel poco non ci sarebbe bastato per vedere tutto.
Cracovia, infatti, non è solo Auschiwitz: essa, proprio perché situata nel cuore dell’Europa, è una città-gioiello, elegante e dai tratti medievali, forgiata popoli differenti,  con un centro pedonale ricco di piazzette e strade lastricate, quartieri che trasudano storia, e, a pochi chilometri di distanza, le fantastiche miniere di sale di Wielickza (http://www.kopalnia.pl/) che abbiamo dovuto saltare per il poco tempo a disposizione.

1° Giorno
La partenza è prevista dall’Aeroporto di Orio al Serio la mattina del 19, e per risparmiare fino all’ultimo scegliamo di arrivare con la macchina fino a Milano, parcheggiare in periferia, e prendere la metro fino alla stazione Centrale, dove acquistiamo un biglietto dal costo di 5 E presso la compagnia Shuffle per l’Aeroporto di Bergamo. Macchina-metro- pullman per risparmiare una manciata di Euro.
Da non ripetere.
Atterriamo sul suolo polacco dopo due ore scarse di volo, e subito cerchiamo di capire in che modo arrivare al centro della città. L’aeroporto Balice-Giovanni Paolo II si trova, infatti, a una ventina di km da Cracovia, e per raggiungerla ci sono tre possibilità:
-i taxi, costosi ma rapidi, che decidiamo di scartare per paura di prenderci qualche fregatura;
- il treno, probabilmente il mezzo migliore per qualità/prezzo, visto che con 10 ZL[1] in 18 minuti si arriva al centro città
- i pullman (linee 208 e 292). Economicissimi e lentissimi. Chiedono tre zl per un biglietto, e per arrivare al centro città è previsto un tempo di 40 minuti. Ci affidiamo a loro. Non è una questione di soldi, ma la voglia di iniziare a guardarsi intorno, osservando la campagna polacca e la periferia che con quel mezzo, e solo con quello, riusciremmo ad attraversare in toto.
Su quel continuo ondeggiare, possiamo scattare le prime foto, e riempirci gli occhi con le immagini della pianura polacca, che non è poi molto differente da quella italiana, ma siamo all’estero, come turisti,e quindi cambia anche il modo di osservare le cose e approcciarci con loro.
Attraversiamo la periferia e rimaniamo colpiti dalla pulizia e dall’ordine in cui ci imbattiamo: eravamo partiti con l’idea di arrivare nel terzo mondo, una specie di jungla in cui i turisti sarebbero stati assaliti dagli accattoni come le api col miele. Niente di tutto questo, Cracovia si schiude intorno alle portiere del pullman come una città ben tenuta, europea, che diventa elegante via via che ci avviciniamo al centro.
Il 292 si arresta a Krakow Glowny,il capolinea, a pochi metri dalla stazione centrale, e noi puntiamo a piedi verso l’Orange Hostel, in Dielta 64, a pochi passi dal Centro Storico.
La giornata è afosa, e carichi come siamo di zaini e borsoni, ci feriamo a bere diverse volte lungo il tragitto. Tutto costa molto poco, e la birra è più economica dell’acqua.
Semibrilli e marci dal sudore, raggiungiamo l’ostello (molto confortevole, una notte in un dormitorio da 12 stanze costa 35 Zl, 9 Euro, colazione inclusa), posiamo le valigie, e dopo una rinfrescata ci dirigiamo verso il Centro storico .
Occorre dire che il Mare Miasto, così il nome del centro in lingua locale, è stato proclamato dell’Unesco
patrimonio dell’Umanità, ed è un vero e proprio capolavoro a cielo aperto: incastonato lungo tutto il perimetro dalle mura e, tutt’intorno, una pista ciclabile che corre su una stretta lingua di parco, presenta stradine in pietra, edifici storici, chiesette ortodosse, e la più grande piazza medievale d’Europa, Rynek Glowny.
Rynek Glowny vista dalla Torre
 Questa splendida piazza presenta al centro un enorme mercato al coperto, a lato la Basilica di Santa Maria,un’imponente chiesa in stile gotico, e, in un altro angolo della piazza, la Torre del Municipio.
Optiamo per la Torre, paghiamo 6 Zl, e saliamo sù: sono circa 70 metri di scalini stretti e ripidi, spesso traballanti e sdrucciolevoli, ma una volta arrivati in cima il panorama è stupendo, e possiamo mirare il nostro prossimo obiettivo. Il Wawel.
Si tratta di una collinetta poco distante dal centro, sorge a lato del fiume Vistola, ed è il luogo in cui sono situati il Castello Reale e la Cattedrale (nota più pomposamente come Basilica Arcicattedrale di Santo Stanislao e San Venceslao). Ci sarebbe anche la leggenda del drago che abita da quelle parti, ma abbiamo superato i 13 da un pezzo, e queste storie accalappiasoldi non ci attirano per niente.
Quindi puntiamo dritti verso il Wawel, prendiamo Ulica Kanonicza (“Strada dei Canonici”, una delle principali vie della città, che collega il Centro Storico con il Wawel), e iniziamo a salire la collina.
Purtroppo, una volta arrivati di fronte al cancello d’ingresso del castello, ci accorgiamo che è chiuso.
Non resta che godersi il panorama dalla collina,notando lo skyline della città lungo il letto del fiume, fare un giro per la cattedrale e apprezzare il bel monumento dedicato a Papa Giovanni paolo II fatto edificare proprio in occasione della sua morte.
Il tempo sta scorrendo rapido, e iniziamo a sentire la stanchezza del viaggio accumularsi nelle ossa. Torniamo in ostello camminando lungo la Vistola, e ci prepariamo per la serata: le vie sono colme di gente, e in giro si respira l’aria carica d’energia che l’Europeo sta infondendo. Ogni bar, locale, ristorante ha una tv in cui si ammassano tifosi di ogni nazionalità, e in una delle piazzette centrali, a pochi metri da Rynek glowny, è allestito un tendone in cui vengono proiettate le partite su un maxischermo. Con uno stinco di maiale e un litro di birra ci guardiamo Portogallo- Rep. Ceca. O Svezia-Inghilterra. In fondo, chissenefrega della partita.

Giorno 2°
Questa giornata è dedicata totalmente a Auschwitz (Oswiecim in polacco); tra i tanti siti a disposizione, suggerisco questo per avere info Auschwitz.
Non ho intenzione di dilungarmi con frasi emotive e retoriche sul valore della visita,sulle emozioni provate e sulle riflessioni tratte perché penso che certe cose vadano vissute e basta: mi limiterò a spiegare come raggiungere la cittadina partendo da Cracovia.
In teoria ci sono sempre le tre famose possibilità, taxi, treno e pullman. La prima la scartiamo per paura del prezzo che potrebbe palesarsi dopo 60 Km di marcia. Anche il treno è sconsigliabile: la stazione in cui esso si ferma è quella del paese di Oswiecim , che dista 4-5 kilometri dal campo di concentramento, e proprio non ci alletta una bella camminata sotto i quasi 40 gradi presenti.
Rimane il pullman: prendiamo quelli della linea Pks, che partono ogni quaranta minuti circa dalla stazione dei pullman di Cracovia, situata a pochi metri dalla stazione Ferroviaria centrale. Il costo di andata e ritorno è di circa 30 Zl , 7 Euro(ma son passati tre anni, e i prezzi possono essere aumentati).
Il viaggio dura un ora e mezza (sono autobus di linea che compiono diverse fermate), e l’entrata al campo è gratuita. Chiaramente le visite guidate, in varie lingue e in partenza su diverse ore, sono a pagamento e durano circa 4 ore : consigliamo a tutti di entrare nel campo con di questi gruppi.
Tutta la visita sarà fruita con speciali cuffie, collegate con l’auricolare della guida. Questo perché in quel luogo deve regnare il silenzio, e una delle immagini che mi porto dietro è quando mi sfilo la cuffia per un istante e vedo quella massa di persone, colorate e di tutte le etnie possibili, completamente mute, come fossi sotto una campana di vetro.
La guida in lingua italiana parte alle 11.00 e alle 15.00 (per vedere orari aggiornati, eecc consulta sito), e noi riusciamo al pelo ad aggregarci alla comitiva in partenza.
Da notare che Auschwitz e Birkenau sono distanti l’uno dall’altro tre km, e il trasporto è assicurato da delle navette che collegano i due siti con viaggi frequenti, gratuite.
Birkenau è molto più vasto , e avrebbe dovuto completare l’orrore iniziato nel primo e più piccolo Auschwitz: è lì che è presente la famosa rotaia che taglia a metà il campo, entrando dall’imponente cancellata centrale. Il caldo è tremendo e gli spazi tra i vari dormitori sono dilatati: alcuni anziani si fermano all’ombra di certi alberi, rinunciando ad arrivare fino in fondo, luogo in cui sorge un monumento alle vittime dell’Olocausto, oltre che i forni, quasi completamente distrutti.
Alle tre si conclude la visita, e dopo qualche difficoltà riusciamo a raggiungere il pullman che ci porterà indietro. Sono le cinque passate quando mettiamo nuovamente piede a Cracovia, e nonostante sia stata una giornata non faticosa, siamo saturi di emozioni.
Per oggi non ci va di vedere più altro. Filiamo in ostello e lì ci riposiamo fino all’ora di cena.

Tra i colori e l’euforia della gente riusciamo a mettere da parte il pensiero di quanto vissuto in giornata, troviamo un bel ristorante in pieno centro dove mangiare le specialità del luogo, i pierogi (specie di ravioli) e i bigos (un piatto a base di carne e crauti), ci gustiamo le partite della serata davanti al solito litro di birra, e finiamo per trovarci all’una di notte in uno scantinato, seduti su un divanetto con in mano un cocktail, luci soffuse e cinque spogliarelliste che ci ballano davanti.
Ma questa è un'altra storia.

3° Giorno
Ormai siamo totalmente stregati da Cracovia, e decidiamo di girare la città come trottole per vedere il più possibile.
Prima, però, facciamo un salto a Casa Azzurri. Nonostante l’interesse per la squadra sia lentamente scemato a causa delle meraviglie turistiche in cui ci imbattiamo in continuazione, decidiamo di spendere un paio d’ore nella sede ufficiale della spedizione azzurra: a piedi raggiungiamo l’enorme parco Blonia, centralissimo polmone verde della città, e poco distante cerchiamo di entrare a Casa Azzurri. In un primo momento l’ingresso ci viene negato: d’altronde, non è un posto per turisti. Ci spiegano che si tratta semplicemente di un polo da dove trasmettono i giornalisti e media italiani, e che frequentemente ospita gli atleti e alcuni personaggi famosi per interviste. Tuttavia, dopo qualche minuto, riusciamo a impietosire la guardia messa a controllo della struttura: dopotutto siamo italiani,ragazzi, giovani, innocenti,con l’unica colpa quella di amare il calcio, e che han fatto i chilometri per poter vedere i propri beniamini. Passa la teoria tanto nostrana del “volemose bene, che ce costa un giretto veloce veloce in barba alle regole?”, e così pochi minuti dopo ci troviamo di fianco a un raggiante Pierluigi Pardo col quale scattiamo una foto.
Dopo un veloce giro dello stadio del Cracovia, posto a pochi metri da Casa Azzurri, ci concediamo una birretta gelata; rinfrancati, vediamo dall’esterno l’Università Jegellonica, celebre per aver avuto tra i suoi insegnati Copernico, attraversiamo la Porta Florianska e puntiamo il quartiere ebraico.
Esso si trova poco fuori le mura del Centro Storico, a Sud, ed è delimitato dal fiume Vistola: ha origini antichissime, e rappresenta un perfetto esempio di integrazione tra comunità cristiana e comunità ebraica. Lo raggiungiamo a piedi, tanto la giornata è splendida, e ci regaliamo una passeggiata tra i particolarissimi negozietti, i mercatini e le sinagoghe.
Entriamo anche in una, di sinagoga.
Solo che è in restaurazione, e non riusciamo a vedere molte differenze dalle nostre chiese. Ma prima di entrare ci fanno mettere la Kippah (la “papalina” ebraica), e questo ci fa sentire allegri e idioti allo stesso tempo. Visitiamo anche il cimitero retrostante e notiamo le decine di sassi sulle tombe. Chiediamo. E’ una tradizione che proviene dai tempi di Mosè, quando si veniva seppelliti nel deserto, e più sassi avevi sul luogo di sepoltura e più eri importante.
Puntiamo verso la Fabbrica di Shindler (Schindlera Fabryka), che si trova fuori dal quartiere ebraico,dopo il fiume, ma una volta arrivati là davanti pensiamo che stiamo esagerando con la scoperta del mondo ebraico: il tempo stringe, e abbiamo dedicato già l’intera giornata di ieri alla Shoa.
E poi vogliamo vedere un po’ di periferia, scoprire veramente come se la passano gli abitanti un po’ fuori dalle orbite turistiche.
Abbiamo letto che Cracovia ha avuto una forte influenza comunista e che Stalin negli anni ’50 ha tirato su un intero quartiere intorno a una poderosa acciaieria, grossa 5 volte il Centro Storico di Cracovia, che dava lavoro a oltre 40.000 operai e forniva acciaio a oltre il 50 % del Paese.
Questo quartiere, che è riduttivo definirlo tale visto che era stato concepito come un qualcosa di autonomo dalla città, prende il nome di Nowa Huta (Nuova Acciaieria), e seppur non viva un grande momento, complice il calo della produzione, l’inquinamento, la microcriminalità, le leggende legate ad esso ci hanno attirato.
E che Nowa Huta sia.
Essa si trova a 9 km dal Centro di Cracovia, e per raggiungerla prendiamo uno dei tanti tram di collegamento. Dopo mezzora di viaggio una scritta in acciaio, imponente, ci accoglie 
Huta im Sendzimira
Dalla piazza principale, una volta chiamato Josiph Stalin, ora ribattezzata beffardamente Ronald Reagan dipartono tre boulevard enormi, uno centrale e due laterali. Iniziamo a battere quello centrale e notiamo la tipica architettura sovietica: casermoni lunghi e squadrati marroncino/grigio, piazze semplici e spaziose, grandi colate di cemento e aree verdi, file di alberi perfettamente dritte, panchine con vecchi che paiono residui storici,un po’ di incuria, qualche graffito sui muri,nessun locale o concessione al divertimento e alla fantasia.
In giro c’è poca gente. Qualche pensionato che gioca a scacchi, un gruppo di ragazzini sul motorino. Il sole sembra schiacciarci sotto i suoi 40 gradi.
Pare Falchera, ma il paragone è piuttosto azzardato, almeno nelle proporzioni.
Giriamo spaesati per quei vialoni per qualche ora. Com’è distante la Cracovia medievale ed elegante sita solo a pochi Km da noi.
Le palazzine sono tutte maledettamente uguali, tutte così squadrate e allo stesso tempo decadenti.
Sembra di respirare i fasti di un passato che non c’è più.
Siamo colpiti dalla maestosità delle proporzioni, dal fascino che le dittature continuano esercitare su di noi. Costruire in pochi anni un quartiere capace di ospitare centinaia di migliaia di persone. Trasferirle lì. Metterle a produrre per la Patria. Straniera.
Potente e folle allo stesso tempo.
Pensiamo a Letta, che in quel momento è a capo del nostro governo.
Altri uomini, altra storia.
E’ ormai sera quando il pullman ci riporta all’ostello, poco lontano dal centro, in Strada Dielta.
Anche oggi abbiamo vissuto la giornata intensamente, e siamo stanchi morti.
Un po’ per inerzia ci trasciniamo fin dentro il Centro Storico, mangiamo altri piatti locali, di cui non ricordo il nome, accompagnando il tutto dall’onnipresente Tyskie (che con la Zywiec e la Lech sono tra le birre più diffuse). Guardiamo le partite della sera, respiriamo ancora una volta quel clima di festa che sembra aver colpito tutta la città, facciamo ancora una volta avanti e indietro per le vie più centrali osservando i profili delle Chiese  gotiche e spettrali, filiamo all’Orange e ci buttiamo sui nostri letti a castello.

Ultimo
Siamo alle battute finali.
Alle conclusioni.
Una, da fare doverosamente, e che ho omesso in queste poche pagine di racconto sta nell’ospitalità.
I polacchi sono estremamente ospitali, ed è stata una sorpresa.
Non c’è stata volta in cui, fermi per strada con una cartina aperta davanti o con lo sguardo spaesato per aria, una persona non si sia fermata chiedendoci gentilmente se potesse aiutarci. Sono un popolo giovane, orgoglioso, e felice di mostrare ai turisti i propri tesori.
Una volta, in un supermercato, un bestione della sicurezza si è avvicinato a noi. Era armato, e noi avevamo lo sguardo perso di fronte al bancone dei salumi e tutti quei nomi assurdi.
Pensavamo ci volesse perquisire, o addirittura randellare. E invece ci ha indicato i migliori prodotti locali per fare un buon sandwich. E anche se aveva dei gusti pessimi, ci è piaciuta la sua apertura verso i turisti.
In generale, è stata una bella sensazione quella di essere considerati dei graditi ospiti.
Forse quella che manca al nostro paese.
Altra considerazione è relativa ai mezzi di trasporto, molto frequenti!
I prezzi variano da molti fattori, tra cui il tempo percorso: il minimo, la corsa semplice di 15 minuti costa 2,00 Zl, meno di 50 centesimi, mentre l’abbonamento completo ai mezzi di trasporto per tre giorni costa 28 Zl, sui 7 euro.
Porta Florianska
Chiaramente bisogna vedere se questi servizi, ottimi, sono stati frutto dell’evento in corso e l’esigenza di farsi belli di fronte al Mondo, oppure sono la normalità.
 A noi hanno colpito, e ve li segnaliamo!
La mattina dell’ultimo giorno scorre senza acuti.
Fuori piove, e carichi come muli, puntiamo la stazione Ferroviaria.
Per l’ultima volta attraversiamo Rynek Glowny entriamo nel mercato al coperto (noto anche come il “mercato dei tessuti”) e compriamo un paio di souvenirs.
Lasciamo Cracovia con la sensazione agrodolce di aver passato tre giornate fantastiche, ma di esserci persi troppe cose, a partire dalle miniere di sale, la Dama con l’Ermellino di Da vinci, situata Museo Czartoryski, scartata perché ci pareva assurdo andare a vedere i geni italiani all’estero, quando magari ignoriamo le loro opere in patria, una serie importante di parchi , e moltissime Chiese poste ai primi posti dalle migliori cartine turistiche della città.
Ma si è già detto, non siamo dei ferventi amanti dell’architettura religiosa.




[1] la moneta polacca è lo zloty, e ce ne vogliono poco più di 4 per fare un Euro.