"Le persone non fanno viaggi, sono i viaggi che fanno le persone" J.Steinbeck

venerdì 15 settembre 2017

B come Berlino, Baltico e Bici...


Berlino uno tende a ignorarla, forse a ragione.
Ma poi salta fuori così, un po’ per capriccio, un po’ per curiosità.
Forse perché passate le classiche capitali europee uno pensa automaticamente a quella tedesca.
O forse è l’aura di città cool-alternativa che si porta dietro.
Gli stessi tedeschi non è che si mettano a strabuzzar gli occhi quando parlano della propria capitale, e in effetti Berlino non mi convincerà a pieno, ma sarà il caso di parlarne dopo.
L’aeroporto su cui voliamo è quello di Amburgo e la prospettiva di girare quattro giorni all’ombra del Muro ci sembra eccessiva, quindi io e mio fratello stiliamo un piano un po’ più corposo, che ci porti fin sul mar Baltico, e solo dopo scendere verso la Capitale.

Giorno 1
Manca poco alle elezioni
Eurowings è decisamente la compagnia low cost migliore per andare in Germania.
Con 20 Euro a testa riusciamo a trovare un Milano Malpensa - Amburgo, e nonostante alcune turbolenze, in serata siamo col culo sul suolo teutonico.
Dall’aeroporto al centro città basta prendere la metro, efficientissima, come tutti i mezzi di trasporto tedeschi. Con 2,70 Euro e una quarantina di minuti arriviamo alla stazione centrale.

Pochi metri nella gelida notte tedesca e ci rendiamo conto che Amburgo non è il paesino di periferia che ci eravamo immaginati: conta quasi due milioni di persone, che la rendono la città non capitale più popolosa d’Europa - almeno questo è quello che mi racconta mio fratello e che prendo per buono-.
E’ tardi, oltre mezzanotte, e per un po’ vaghiamo stralunati tra luci e traffico.
Entriamo in un parco, è pieno di persone, ragazzi contro gli alberi, sdraiati su teli, che figo dev’esserci un party, pensiamo mentre ci mischiamo a loro. Notiamo subito, però, che la gente non ha espressione di gioia, i volti sono scavati, alcuni urlano, e gli accendini scaldano cucchiai che sciolgono droga.
Scappiamo esterrefatti da quella serie di zombie, ci buttiamo in ostello carichi per il giorno dopo.

Amburgo non è una città per turisti.

E’ ricca. Il doppio delle altre città tedesche, che già sono ricche.
Il problema è che è stata spazzata via dai bombardamenti durante la seconda guerra mondiale, ed è stata rifatta a nuovo.
Per carità, è piena di palazzi e strutture moderne, tutto è luminoso e sà di fresco, e la qualità della vita dev’essere eccezionale: solo che c’è poco da vedere.

Per un rapido giro turistico si potrebbe partire dal porto, per estensione il secondo d’Europa, e dalla sua lunghissima passeggiata, fare un giro al mercato del pesce. Sempre sulle rive dell’Elba c’è il museo sul mondo in miniatura (Miniatur Wunderland), che ci siamo rifiutati di visitare per la troppa coda e l’impressione che un’attrazione così a Torino non l’avremmo nemmeno considerata.
Ma poi?
Certo, un paio di chiese e qualche museo si trovano sempre, e l’idea di affittare una bici (sui 12 Euro giornalieri) per coprire le enormi distanze è stata ottima … ma un giorno può bastare!
Quello che non ha offerto durante il giorno, tuttavia, Amburgo ce lo dona la notte.
Il quartiere San Paoli è una sorta di Pese dei Balocchi per adulti: birra, giochi, luci, localini, musica e, soprattutto, prostituzione.
Lì, come nel resto del paese, è legale, e vari locali fungono da bordello.
C’è anche una via, vietata a donne e minori, con le celebri ragazze in vetrina: i prezzi sono modici vista la qualità; 50 Euro, diceva un mio amico che ci è stato :)

Giorno 2
Sedotti e abbandonati dal quartiere a luci rosse, facciamo fagotto e partiamo per Lubecca: la città anseatica  si trova a una 40’ di minuti a Nord di Amburgo e, seppur sia vicina al Baltico, non lo tocca ancora.
Lubecca è una deliziosa città medievale, ricca di storia e cultura, dichiarata Patrimonio dell'Umanità Unesco nel 1987. Ha dato i natali a Thomas Mann, e tante altre belle cose che potete leggervi direttamente da Wikipedia.
A piedi sul mar Baltico
Alla parte vecchia si accede attraverso la maestosa porta Holstentor, simbolo della città, e da si può tranquillamente girare tutto il perimetro della cittadina a piedi, fare capolino sul campanile della chiesa di St. Pietri, un giro attorno al Duomo e confondersi tra la folla nella piazza del mercato, la Rathaustplatz.
Dopo qualche ora però, iniziamo a sentire il richiamo del Baltico, decidiamo che della carinissima cittadina medievale ne abbiamo a sufficienza, e prendiamo un treno per Tramevunde, che sarebbe una frazione di Lubecca, a 13 km dalla stessa, finalmente sul mare.
Arrivati a destinazione restiamo spiazzati: ci aspettavamo un luogo selvaggio, sperduto, con poche anime e un filo di nebbiolina. Ci troviamo in una località turistica da ricchi: centinaia di tedeschi che approfittano dell’ultimo sole estivo, imbarcazioni e un’enorme spiaggia ricoperta da coloratissimi Strandkord, sorta di sedie a sdraio a mò di cestino diffusissime nei paesi del Nord.
E’ ora di riposarsi:  ordiniamo una birra gelata e un po’ di fish and chips, immergiamo i piedi nell’acqua ghiacciata, respiriamo a pieni polmoni.
Alle 16.00 c’è da prendere il treno per Berlino.

Il viaggio dalla località balneare alla capitale tedesca è quello che dura di più, tre ore, e ci salassa economicamente, 50 Euro a testa..
Non va il wifi, non ci sono posti decenti a sedere, fatto sta che iniziamo a rimpiangere Trenit … vabbè no.
La stazione centrale di Berlino è enorme e avveniristica, ci mettiamo decisamente troppo a capire il complesso ma efficientissimo sistema che integra bus, metro e treni cittadini.
L’ostello, il Plus Berlin, è un po’ lontano dal centro, in un quartiere decisamente fricchettone. Il Friedrichshain.
Arrivati pensiamo subito a dove poter vedere Italia- Spagna, senza accorgerci che siamo a due passi dai resti più rilevanti del Muro, la East Side Gallery, con i due graffiti più celebri: il bacio tra Breznev e Honecker e la Trabant che sfonda il Muro.

Per fortuna non troviamo un locale che trasmetta la partita, vaghiamo un po’ per il Rav, quartiere alternativo e giovane di Berlino, agli angoli delle strade incontriamo un sacco di persone che ci chiedono se va tutto bene e, felici di tanto interesse, ce ne andiamo a dormire.

Giorno 3.
Visto il grande amore e rispetto che i tedeschi nutrono per le bici, decidiamo di affittarne una anche noi, puntiamo Alexander Platz, moderna ma non più il centro di Berlino, poi l’antenna della televisione, alta oltre trecento metri su cui non saliamo, costeggiamo lo Sprea e ci imbattiamo nei busti di Marx e Hengel, una Chiesa famosa ma di cui non ricordo il nome, Potsdamer Platz, disegnata da Renzo Piano, e infine la Porta di Brandebrurgo. Foto di rito.
Un giro davanti al Bundestag, il parlamento tedesco, in cui prenotiamo una visita per il giorno dopo. Puntiamo il memoriale dell’Olocausto ma inizia a piovere.
Poco male, ci rifugiamo in un centro commerciale.
Appena rispunta il sole ci immergiamo in questi blocchi di cemento posti a memoria della Shoah.
Nonostante sia una costruzione controversa e criticata, riesce - a nostro parere - ad avere un forte impatto sulla persona, anche se la presenza dell’imbecille che si arrampica sui parallelepipedi per scattare selfie non manca mai.
E’ il momento del museo relativo, posto sotto il memoriale.
Poi il panico.
Mi rendo conto di non aver più le chiavi della bici in tasca.
Se le ho perse sono trenta Euro di cauzione, con una bici legata in mezzo a una piazza tedesca da recuperare.
Dopo una disperata corsa le ritrovo attaccate al lucchetto della bici.
Quattro ore dopo averla parcheggiata.
Danke!

Passata la paura inforchiamo i mezzi e costeggiando l’enorme Tiergarten, il parco centrale,ma forse sarebbe meglio definire foresta, tocchiamo l’imponente Colonna della Vittoria e puntiamo il Castello di Charlottemburg.
Non entriamo, e ci dirigiamo verso la stazione della metro dello Zoo.
Memoriale
Entrambi abbiamo letto “Noi, ragazzi dello zoo di Berlino” e ci aspettavamo di rivivere almeno per un istante le atmosfere crude del libro. Nulla di tutto ciò, la stazione è modernissima, e nemmeno una lapide ricorda le avventure di Christiane.F.
Da lì è un passo la Gedächtniskirche, chiesa bombardata e lasciata così a memoria delle generazioni future.
Sul sagrato c’è anche uno spazio carico di lumini accesi che ricordano la strage terroristica dello scorso anno.
Rientriamo in ostello dopo aver macinato un numero esagerato di chilometri, ma con negli occhi centinaia di immagini e informazioni nuove.
La sera cerchiamo invano un quartiere a luci rosse che ci riporti alle atmosfere d'Amburgo: nichts!

Giorno 4.
Il muro! Tra tutte quante le cose, ci eravamo quasi scordati di quella più importante.
Dedichiamo un’oretta all’oltre un chilometro di graffiti che abbelliscono la lunghissima colata di cemento che separava la parte Est da quella Ovest della città.
Certo, di pezzi di Muro Berlino è piena, ma la parte più lunga e celebre ce l’abbiamo a due passi, e può bastare così.
Sulla cupola del Bundestag

E’ l’ora del Checkpoint Charlie, il luogo in cui “comunicavano” le due parti di città; solitamente era usato per scambiarsi prigionieri o siglare accordi. Visitiamo il museo, e non possiamo non notare la pagliacciata che si consuma all’esterno: due finti soldati americani si fan pagare tre euro per scattare delle foto in un fittizio posto di blocco.
Con un surplus economico si può anche indossare il cappello e fare ‘yea’ col pollicione alzato.
Da rimpiangere i gladiatori davanti al Colosseo...

La parte più bella della gita, però, ce la regala la visita alla cupola del Bundestag.
Primo perché è completamente gratuita, secondo perché dall’enorme vetrata in cima all’edificio si può vedere tutta la città, e un audio guida riesce a indicarti tutte costruzioni più importanti e storiche della Capitale.
Gli ultimi scampoli berlinesi li passiamo a Potsdam, la Versailles tedesca.
La si raggiunge comodamente in metro, circa una mezz’oretta per 30 km, e anche stavolta optiamo per la bici per girarla tutta.
Si tratta di una cittadina elegantissima arricchita da un parco, il Sanssouci, in cui risiede la reggia di Federico II, oltre che varie palazzine di caccia e tempietti.
I prati sono curati alla perfezione e adornati con giochi d’acqua e aiuole.
Impossibile non stendersi e chiudere gli occhi.
Non troppo però, l’aereo, questa volta Blue Air, partirà puntuale da lì a poche ore.
Auf Wiedersehen, Germania!



martedì 31 gennaio 2017

Alla scoperta della Bulgaria



Questo viaggio low cost nasce da tre elementi essenziali.
- Tempo libero: mi trovo a metà gennaio senza nulla da fare (e desolatamente solo).
- La presenza di biglietti Milano Malpensa- Sofia a 7,98 Euro.
- il fallimento di un viaggio più esteso e completo che prevedeva la tratta Sofia- Istanbul.*

Alcune note prima di procedere: la Bulgaria è un paese post comunista parecchio povero, probabilmente quello con lo stipendio medio più basso d’Europa, è fondamentalmente sicuro e come moneta ha il lev (1 Euro= 2 lev) .
Il costo della vita è molto conveniente per noi italiani.
Ah, c’è il cirillico come alfabeto, e sono un’ora in avanti rispetto al nostro fuso orario.

Arrivo.
L’aeroporto Internazionale si trova a una decina di km dal centro di Sofia, per arrivarci si può usare il pullman: linea 844 o 84 con fermata a pochi metri dall'uscita principale del Terminal 1 e una durata di quaranta minuti, il cui ticket costa 2 lev. Oppure la metro o il taxi.
Io decido di usare il bus, anche se, con il senno di poi, utilizzerei il taxi, generalmente molto economici e un po’ sgarruppati, ma funzionali**.  
Poiché è già tardi, la prima mezza giornata la spendo per arrivare in ostello: il pullman non passa molto vicino alla mia meta, fuori è buio e fa freddo, scende la neve e tutte le indicazioni sono in cirillico.
Per fortuna prima di arrivare a destinazione mi imbatto nella cattedrale Nevskij, simbolo della città.
Riesco a immortalarla sul mio cellulare. Magnifica. 
Cattedrale Nevskij
L’ostello più economico di Sofia, il Nightingale Hostel, è un buco. Le camere non sono granché pulite e lo stesso si può dire per la camera comune. Il gestore, un uomo di 50 anni è parecchio espansivo, forse un po’ troppo, e decide di occuparmi la serata a colpi di alcol e canzoni popolari bulgare.


Giorno 2.

Questa giornata decido di dedicarla a Sofia.
Vengo avvisato dal gestore dell’ostello che alle undici, davanti al municipio, parte il free Sofia Tour , un giro a piedi gratuito di due ore in cui si toccano le parti più interessanti della città: quindi, gli scavi di Serdika, il Parlamento, il teatro nazionale Ivan Vazvov, l’ex palazzo sede del Partito Comunista, la moschea e la sinagoga cittadina, la chiesa di San Giorgio, quella di San Nicola (russa) , la chiesa Santa Sofia e, per concludere, la cattedrale Nevskij.
I ragazzi che ci accompagnano per questo gelido tour sono preparatissimi e molto cordiali, e a fine giro ci scappa anche una bella foto di gruppo.
Per pranzo conosco un traveller polacco con cui mi fiondo a prendere una zuppa calda e uno stufato di carne e funghi tipici del posto (non chiedetemi i nomi).
Il resto della giornata lo passiamo insieme camminando tra le vie di una Sofia meno centrale, passeggiando per il Museo Nazionale, visitando la chiesa medievale Bojana e il parco dedicato a chi ha combattuto per la liberazione dagli ottomani: peccato sia tutto nascosto sotto un pesante strato di neve e il buio, come la temperatura, cala in fretta.

Giorno3.
Questo giorno me lo ricorderò per il grande dubbio che mi attanaglia per tutta la mattina: Istanbul o non Istanbul?
Mi dirigo alla stazione dei bus, a fianco a quella dei treni, e mi prendo un’oretta per decidere.
Vengo perquisito minuziosamente dalla polizia bulgara e, come ho già anticipato qui*, lascerò perdere, virando sulla seconda città per dimensioni e turismo della Bulgaria: Plovdiv.
Nominata capitale europea della cultura 2017, Plovdiv conta circa 330000 abitanti, vari insediamenti romani e un centro storico di tutto rispetto.
Ci arrivo con un treno regionale che impiega 3,5 ore, pagando 9 lev, e con la sensazione di essere tornato indietro nel tempo in pieno periodo comunista visto lo stile, il modello e il riscaldamento (che non c’è) del lentissimo treno bulgaro.
Con un taxi arrivo all’ostello Old Plovdiv Hostel, nel pieno centro storico: fa già buio e non ho prenotato.
Rischio.
Mi va bene.
Hanno la camera.
E qui permettetemi due righe su quello che da noi verrebbe probabilmente considerato come un hotel di ottimo livello: infatti tale ostello ha un’atmosfera, un arredamento e delle camere uniche, che lo rendono del tutto simile a un piccolo castello.
E il bello lo scoprirò il giorno dopo, a colazione, con un “breakfast internazional” da far impallidire le grandi catene.
Il tutto alla modica cifra di 10 Euro. Fantastico.
La sera faccio un po’ tardi , conosco una koreana e un australiano con cui faccio alcuni giochi da tavola e, complice il costo bassissimo della birra, mi alzo l’indomani col sole bello alto nel cielo.

Giorno 4
La mattina, o quel che resta, la passo in solitaria a smaltire la sbornia, e alle 14 mi aggrego all’ennesimo Free Plovdiv Tour, gemello del Free Sofia Tour, già noto.
A fine giro faccio un piccola donazione, mi sembra il minimo, dopo due ottime guide.
Anche questo tour mi da la possibilità di scoprire un centro storico veramente incantevole, salire sul monte che sovrasta la città, visitare case tipiche e cunicoli inosservati, con tappa finale al teatro romano, suggestivamente imbiancato di neve. Sono quasi le quattro quando decido di sperimentare un locale turco consigliato dalla guida, degustando il tipico caffè, il the e, per non farsi mancare nulla, un bel dolce.
Con un ragazzo giapponese ci facciamo un paio di volte le viuzze centrali, ricche di negozi e palazzi dal sapore storico e un pezzo del lungofiume Martiza.
Plovdiv è una città veramente carina, calorosa e vivace. Pur essendo la seconda che visito, decido che è la più bella del Paese.
Inoltre l’ostello è veramente troppo confortevole per non trascorrere una’altra notte lì.
Sposto la partenza al mattino seguente, gustandomi una bella birra con una coppia di ragazzi conosciuti in giro.


Anfiteatro romano

Giorno 5.
Mi butto giù dal letto a un orario indecente, tipo le 7, faccio in gran fretta la valigia: c’è da prendere il pullman che mi porti a Veliko Tarnovo, prima capitale.
Perché Veliko? Perché da tutti consigliata come cittadina imperdibile grazie alla fortezza che si staglia sul monte. Essa poi si trova nel cuore della Bulgaria, relativamente vicina a Plovdiv (tre orette di pullman) ma a essa mal collegata.
Infatti c’è solo una coppia di pullman al giorno che fanno quella tratta.
Col cuore in gola raggiungo la stazione dei bus (attenzione, ce ne sono due di stazioni, una a sud e una a nord): riesco a prendere il pulmino e poco prima di mezzogiorno giungo a destinazione.
Sarà l’aria gelida, sarà la poca gente in giro, ma la prima impressione non è per nulla buona.
Le persone che incontro sembrano restie a darmi indicazioni, per terra è tutto ghiacciato, e faccio la solita fatica a raggiungere prima il centro città e poi l’ostello.
Maledetto cirillico!

Nonostante ciò faccio in tempo a prendere un biglietto (6 lev) per entrare nella Fortezza di Tzvarets da cui si può assistere a un panorama fantastico.
Purtroppo il discorso è il solito: è tutto coperto di neve, le guide non ci sono, per cui mi trovo a girare per questa enorme collina da solo e senza avere grandi indicazioni in merito.
Tuttavia lì almeno un paio d’ore sono d’obbligo spenderle, già solo per arrivare da torre a torre e per salire fin sulla chiesetta che sovrasta tutto.
Finita la visita alla fortezza, decido di scendere per le vie della cittadina, stranamente silenziosa e quieta. Tutta la parte antica è costruita su un monte, cosa che rende particolarmente faticosa la gita, anche per l’abbondante presenza di lastre di ghiaccio.
Decido di dirigermi verso un’imponente monumento che visto dalla fortezza faceva impressione: si tratta dell’Asens Monument, una statua che rappresenta in maniera gigantesca i quattro re bulgari che hanno sconfitto l’impero bizantino.
Il memoriale si trova al centro di un isolotto collegato alla città da un maestoso ponte.
Dietro, un museo d’arte bulgara. Da quel promontorio la vista su tutta Veliko è veramente suggestiva. Rientrando faccio ancora in tempo a visitare una chiesa ortodossa, i cunicoli centrali e una curiosa grotta d’epoca romana.
Fortezza di Tzvarets

Giorno 6.
E’ tempo di rientrare a Sofia, visto che nella notte ho il volo di ritorno.
Prendo un comodissimo pullman con wifi e riscaldamento, e al diavolo i 22 lev che mi costa.
Quest’ultima giornata la passo un po’ per i negozi della capitale, un po’ visitando con un ragazzo argentino conosciuto in ostello la Galleria d’arte moderna (per citar Fantozzi “una cagata pazzesca”).
Riesco anche a vedere il museo d’arte socialista: se interessati prendere la metro fermata Dimitrov, e poi in pochi passi lo si raggiunge.
Più che un museo è un giardino in cui ci sono esposte varie statue e busti d’epoca comunista, tra cui quelli di Stalin e Lenin. C’è anche la stella rossa che era fissa sul parlamento.
La collocazione, un po’ spartana e abbandonata, m’ha fatto riflettere su come i bulgari cerchino di nascondere questo loro passato così ingombrante.
Dispiace aver rinunciato alla visita del monastero di Rila, gran bella attrazione Unesco a qualche centinaia di km della capitale. Il problema è che senza macchina lo si può raggiungere solo con un pullman che parte alle 10.15 da una stazione periferica di Sofia: no treni, no altri pullman.
Non ce l’ho fatta a raggiungere la stazione di partenza per tempo.
Pazienza.
La sera la passo in ostello, dormo un po’ in vista del rientro. Con poco più di sei euro un taxi mi riporta all’aeroporto.
Le impressioni di questo viaggio sono le stesse che mi lascia ogni volta un paese dell’est: una nazione selvaggia, poco valorizzata, sicura, che per colpa della sua poca attenzione al turismo e alla scarsa conoscenza dell’inglese da parte di molta sua popolazione farà fatica ad aprirsi al turismo europeo.
Comunque sempre un bello spasso per chi è abituato agli euro e al relativo potere d’acquisto.
Basta dire che me la sono cavata con 220 Euro, biglietti dell’aereo inclusi.

* Se qualcuno fosse interessato a questa soluzione sappia che dalla stazione dei treni e da quella dei bus della capitale bulgara partono con una frequenza di uno-due viaggi al giorno degli scambi con Istanbul. Il costo è di circa 50 lev (25 Euro) e la durata è di 8 ore con il bus, e 12 con il treno.
Nei miei piani sarei dovuto atterrare a Sofia e subito prendere il bus diretto in Turchia. Poi però ho deciso di lasciar perdere un po’ perché privo di passaporto (serve? Non serve?), un po’ perché sarei stato solo in un paese non proprio tranquillo, un po’ perché, forse, Istanbul sarebbe meglio vederla d’estate e con più calma: insomma, arrivato lì ho deciso di attuare il piano B, girarmi tre cittadine bulgare e a posteriori va bene così.
**Occhio alle truffe. Prendete i taxi originali, quelli denominati “Ok Taxi”.