"Le persone non fanno viaggi, sono i viaggi che fanno le persone" J.Steinbeck

lunedì 20 marzo 2023

Cinque giorni in Marocco: Marrakech/Deserto di Zagora/ Essaouira

La prima volta che visitai il Marocco, quattro anni fa in compagnia di mio papà, ne rimasi decisamente meravigliato.
La brevità di quel piacevole soggiorno, che toccò Fes e Meknes, mi ha spinto a tornare, visitando un altro pezzo del Paese, stavolta con al centro Marrakech.
Le impressioni durante questo viaggio saranno meno entusiastiche delle precedenti, ma evito di anticipare troppo.

Innanzitutto ci si potrebbe chiedere, perché andare in Marocco a inizio marzo?
Per prima cosa si tratta di una meta esotica, in grado di regalare paesaggi differenti da quelli nostrani, relativamente vicina e ottimamente collegata all'Italia.
Sul finire dell'inverno, poi, le temperature sono decisamente buone - abbiamo viaggiato tra i 18 e i 28 gradi -, i prezzi sono bassi, e la cultura affascinante.
Il Paese, inoltre, a differenza degli altri Stati Nordafricani, grazie alla sua stabilità politica può considerarsi sicuro.
la scuola coranica di Marrakech

Fatte quete doverose premesse, che hanno come unico scopo quello di sottolineare la mia superflua laurea in scienze politiche conseguita ormai da oltre un decennio, direi che è il caso di proiettarsi direttamente al Riad Couleurs Du Sud , dove, seduti sul tavolino dinnanzi a un bicchierino di tè alla menta fumante, intorno alla cartina di Marrakech, io e mio fratello stabiliamo come impiegare i successivi cinque giorni.
Piccola postilla, i Riad sono alberghi locali che si sviluppano intorno ad un patio con fontane e piante lussureggianti; luoghi rilassanti e freschi buoni per ritirarsi dopo una giornata passata sotto il cocente sole marocchino.
Dopo vari dibattiti, anche accesi*, sull'organizzazione dei giorni, la sintesi è la seguente: il primo giorno e mezzo lo passeremo a Marrakech, poi due giorni nel deserto di Zagora con tour organizzato (prenotato tramite Get Your Guide, costo 85 Euro), ed infine l'escursione a Essauira, la città del vento, sull'Atlantico.

Per ciò che riguarda il viaggio d'andata c'è poco da aggiungere, l'aereo Ryanair è partito in orario, l'aeroporto d'arrivo si trova a 5-6 km dal centro città ed è ben collegato ad esso grazie ai pullman locali che fanno da spola in cambio di una decina di dirham**. Per non farci mancare nulla, mio fratello si è dimenticato a casa il sacchetto con dentro la biancheria intima, toccherà raddoppiare il tempo di utilizzo delle mutande.

*a dir la verità tutto l'itinerario era già stato programmato con lauto anticipo, ma descritto così fa più "traveller".

** al momento del nostro soggiorno valeva il cambio 1 Euro = 10 dirham.


Giorn1 1-2 MARRAKECH

A Marrakech non ci sono tanti musei da vedere, è una città che va vissuta. 
Più o meno così recitava uno dei libricini dal titolo "Marrakech e dintorni" procurato al volo dalla biblioteca sotto casa. Noi l'abbiamo preso in parola.
Ci siamo immersi per un giorno e mezzo nel centro di una città caotica, costellata di souq (bazar cittadini) che espongono di tutto, sopratutto cibo, spesso dall'aria non troppo invitante, in cui gli scooter fanno lo slalom tra i turisti manco fossero Alberto Tomba al Super G lasciandosi dietro un continuo odore di benzina, dove basta un'occhiata semi interessata per avere il venditore di fianco che tenta in tutti i modi di farti provare la merce, chiedendo quanto sei disposto a spendere, quasi facendoti entrare a forza nel suo maledetto bazar.
Una città, Marrakech, in cui noi non consigliamo tanto di visitare i Giardini Majorelle o la Scuola Coranica Madrasa di Ben Youssef (ingresso 50 dirham, ne vale comunque la pena)- luoghi assaliti da italiani in cerca dello scatto instagrammabile- quanto di camminare lungo le rossa mura cittadine, provando a farsi un giro anche all'esterno di esse, scoprendo vicoli e negozietti assurdi, letti di fiumi secchi da tempo immemore, campi da calcio impolverati e stradine percorse da muli emaciati.
Consigliamo anche di visitare le concerie, luogo in cui si lavorano a mano le pelli che poi diventeranno borse, cinture e molto altro: basta avvicinarsi al luogo facendosi guidare dalla puzza e si farà avanti, automaticamente, un ragazzo del posto che si offrirà come cicerone; vi doterà di un mazzo di menta per coprire, parzialmente, l'odore abominevole del posto, e la visita finirà in uno dei negozi con l'intento di rifilarvi il prodotto finale.
le concerie

Altra regola aurea per chi va in Marocco, sempre recuparata da quel dannatissimo libro reperito all'ultimo in biblioteca, CONTRATTATE SEMPRE!
Loro proveranno a sparare cifre assurde per ogni cosa, facendo leva sul fatto che siamo europei, non abbiamo bene a mente quanto possa valere quel prodotto e non siamo allenati a contrattare. 
Mediamente si dovrebbe dare il 30-40% del prezzo che loro richiedono, ma non è una regola aurea.
Vale anche per la guida alla concerie, che per un giretto di dieci minuti e qualche informazione approssimativa ci chiede 100 dirham a testa; gliene diamo 50 in due e mi sa che comunque l'affare l'ha fatto lui.
Sempre destreggiandoci con estrema fatica tra gli immensi bazar del centro visitiamo le Tombe Saadiane: l'ingresso costa 70 dirham, e non ne vale la pena.
Una lunga fila porta a un affaccio su una stanza/ mausoleo si bella, ma che può essere visionata facilmente in rete **; per il resto ci sono dei giardini ben curati, alcune tombe della dinastia Sa'adi, ma nulla che giustifichi il prezzo. 

Comunque dalle tombe Saadiane è facile osservare il minareto della moschea di Koutubia, e proprio camminando in quella direzione si arriva nell'enorme piazza Jamaa el Fna, la piazza più trafficata d'Africa (mi fido di mio fratello che l'ha ripetuto innumerevoli volte), centro della città in cui confluiscono decine di vie, da cui si riversano centinaia e centinaia di persone, turisti e local.
La piazza è continuamente afollata:  vi è l'area dei venditori di succhi di frutta, quella dei banchetti di cibo, gli immancabili banchi di abiti che espongono marchi contraffatti, e poi c'è un grosso spazio libero in cui si alternano incantatori di serpenti, ammaestratori di scimmie, cantastorie, gruppetti musicali, giocolieri, persone che invitano a fare giochi ai nostri occhi strambi: il premio lo vincono quelli con la canna da pesca dotata di un anello al fondo che provano a tirare su bottiglie di aranciata e coca cola.
Questa piazza, oltre ad essere il cuore della città, cambia continuamente durante la giornata, regalando incessantemente cartoline differenti. Si potrebbero passare ore là sopra senza annoiarsi, prima di essere colti da un forte malditesta dovuto alle urla dei venditori che provano ad attirare l'attenzione.
La seconda sera decidiamo di mangiare in uno dei banchetti presenti sulla grande piazza: veniamo leteralmente contesi dai "buttadentro"; le proposte culinarie sono tutte simili; carne grigliata, tajine, zuppe, cous cous... Ce la caviamo con quelche spiedino e una zuppa calda dal gusto non definibile.

[MOMENTO RIFLESSIONE NO GLOBAL:ON]
La cosa che ci lascia piacevolemente sorpresi è l'assenza, almeno tra le mura cittadine, dei soliti marchi che ormai contraddistinguono tutte le grandi città: qui Starbucks non c'è, al più vi è il signore con il suo carretto che per 10 dh ti offre un caffè alla turca. E se, stanco del lungo camminare, ti va un panino, niente M gialla; ma con tutti i barbecue che grigliano continuamente, morire di fame è una "mission impossible". [MOMENTO RIFLESSIONE NO GLOBAL:OFF]

** potete risparmiare l'ingresso
In questo dedalo di colori e vita vale la pena sottolineare anche il quartiere ebraico, più ordinato e definito rispetto al resto del Centro, e l'area delle spezie/te/aromi, che si sviluppa a partire da uno degli angoli di piazza Jamaa el Fna, estremamente suggestiva.
Mio fratello prova ad acquistare un sacchetto di tè, glielo vogliono far pagare come avessero imbustato un altro tipo d'erba, i due si mandano affanculo a vicenda e la trattativa naufraga.

Mi sarebbe piaciuto, infine, consigliare un delizioso posto in cui abbiamo mangiato la prima sera, che con 65 dh includeva vari antipasti, tajine e bevanda, affacciato su una piazzetta con dei tavolini all'aperto da cui guardare lo sciame di persone che incessantemente fanno su e giù, ma, come scritto da qualche parte (sempre il solito libricino?), a Marrakech tutto cambia di continuo, e quindi mi è difficile ritrovare su internet quel ristorantino, che nel frattempo magari ha chiuso, o è diventato altro. 

Questo è stato il giorno e mezzo trascorso nella città, e se appare confusionario nell'esposizione è perchè ho voluto riproporre, in qualche modo, quel grande caos che è Marrakech. 
Da domani si va nel deserto, il registro cambia completamente.



Giorni 3-4 DESERTO A/R

L'appuntamento è per le 7.20 alle porte della città vecchia, e in giro non c'è nessuno.
Fuori albeggia.
Prima ancora di chiederci se siamo nel posto giusto, scorgiamo una coppia di mezza età, anch'essa persa tra i primi movimenti di una Marrakech che si sta risvegliando. 
Sono evidentemente vestiti da turisti, sono italiani, e, come noi, aspettano il pullman.
Che arriva puntuale.
Si tratta di un minu bus da 16 posti, che presto viene riempito.
Spagna, Italia e Portogallo sono le nazioni dominanti che compongono la compagine di questo tour organizzato che, al nascere del sole, si allontana sonnacchiosa dalla caotica città, puntando la catena montuosa dell'Atlante.
Il pullmino corre spedito, la temperatura , con l'aumentare della quota, si abbassa.
Per farci godere il panorama, l'autista si ferma sul passo che scavalla la catena montuosa, a oltre 2000 mt di altitudine, e in tarda mattinata giungiamo nella cittadina fortificata di Hait Ben Haddou, patrimonio Unesco.
hait ben haddou

Lì veniamo affidati a una guida locale che, in cambio di 30 dhm, ci fa fare il giro della kasbah; ormai abitata da sole 7 famiglie.
Per arrivare nella cittadina, posta su un colle, bisogna attraversare un fiume, l'Ouarzazate, ed è carino saltare da un sasso all'altro per giungere sull'altra sponda.
La guida ci trascina per le ripide viuzze in pietra, entando in un paio di negozietti locali e raccontandoci di come quel posto sia stato il set di numerosi film, tra cui il Gladiatore, il Signore degli Anelli e Babel.
In cima al colle il paesaggio è aspro e affascinante, da una parte la città con i suoi tetti marroncini tagliata dal fiumiciattolo, dall'altra distese sconfinate color ocra che fanno da preludio al deserto.
Prima di riprendere il pullmino, la guida prova a venderci dei foulard per la cavalcata a dorso del dromedario, e il viaggio inizia a trasformarsi in una continua compravendita.
Questa sensazione, di essere "polli da spennare" o, come direbbe mia mamma "vacche piemontesi da mungere", si rafforza poche decine di minuti dopo, quando il pullman si ferma di fronte a un ristorante "convenzionato", in cui veniamo "spintaneamente" convinti a entrare: prezzi doppi rispetto agli altri e qualità meno che mediocre per la nostra pizza marocchina. 
Siamo cascati nel trappolone turistico con entrambi i piedi.

Il viaggio riprende verso il deserto di Zagora, la temperatura aumenta e i villaggi tagliati dalla nuova superstrada diventano sempre più brulli e sporadici. Vale la pena fare un viaggio del genere solo per osservare, dal vetro del finestrino, i gruppetti di bimbi uscire da scuola, o le azioni quotidiane di alcuni contadini sinora viste solo attravererso i documentari alla tv.
Alle 18.30 giungiamo finalmente a Zagora, ultimo avamposto prima del deserto, la superiamo e veniamo fatti scendere in un campo pieno di dromedari (in Marocco non ci sono cammelli!).
Lì una guida ci fa montare ciascuno su una bestia e, per un'oretta abbondante, cavalchiamo dritti verso l'accampamento berbero.

Da una duna osseviamo il tramonto, magico, quindi veniamo richiamati da uno dei gestori dell'accampamento che ci dà il benvenuto spiegando brevemente come è costituito il campo: una serie di tende con comodi lettini (circa 140 posti letto), bagni muniti di docce, piccoli tavolini, una tenda ristorante e un'area centrale circolare per lo spettacolo serale. 
Fatta la doccia, ci godiamo un tè alla menta in compagnia della nostra guida: la luna in cielo la fa da protagonista, rischiarando in parte la volta stellata. Peccato.
La cena, in compagnia della coppia di italiani conosciuti in mattinata, è semplice ma gustosa: zuppa, tajine di verdura e carne, e frutta.
Lo spettacolo intorno al fuoco provando tamburi locali e muovendoci al loro ritmo è un po' forzato, mentre la passeggiata al buio con i piedi immersi nella fredda sabbia è un toccasana.

Il giorno dopo ci alziamo verso le 6.40, rapida colazione nella tenda ristorante, e poi, alla spicciolata, tutti gli ospiti salgono sulla duna a gustarsi l'alba dal deserto.
Lo spettacolo naturale è di quelli rari, che vanno conservati nella mente a lungo.
Dopo una manciata di minuti dall'albeggio, veniamo richiamati all'ordine dai gestori del campo: hanno fretta di farci partire. Carichiamo gli zaini in spalla, montiamo ciascuno su un dromedario e raggiungiamo la statale: a lato di essa vi sono già i pullmini che ci aspettano.

Il viaggio di ritorno si porta dietro la stanchezza del giorno precedente e della notte passata; facciamo tappa a Ouarzazate, altra città fortificata meravigliosa, un tempo tappa obbligatorio per le carovane che transitavano da/per il deserto. La guida locale, dopo un veloce tour, ci fa entrare in un locale nel quale provano a vendere dei tappeti; l'idea non ci sfiora minimamente, e anzi, indispone il gruppetto che progetta silenzioso l'ammutinamento.
ouarzazate

L'ultima tappa è quella dedicata al pranzo, non incluso: il bus si ferma nel solito posto convenzionato, lontano da qualsiasi altra forma di negozio alimentare. Per protesta e memori della pessima esperienza del giorno precedente, io e mio fratello decidiamo di saltare il pranzo e passare l'oretta a disposizione nella vallata e nel paesino limitrofo.
Si tratta di un'escursione semplice, caratterizzata dalla paura di essere lasciati a piedi e dai brontolii della pancia vuota, ma suggestiva:  per un breve istante ci stacchiamo dalle rotte stabilite e ci immergiamo in una realtà locale.

Arriviamo a Marrakech nel tardo pomeriggio, prendiamo posto nel nuovo Riad "Medina", e, dalla terrazza di quest'ultimo, ammiriamo il sole calare sulla città.


Giorno 5. ESSAOUIRA

Nota per essere la città del vento, tinta di blu e affacciata sull'Atlantico, gode di fama turistica.
L'abbiamo tenuta per ultima, indecisi se visitarla o meno, in quanto si trova a tre ore di strada da Marrakech, e la stazione dei bus dista sei chilometri da dove alloggiamo noi.
Tuttavia non ce la sentiamo di passare l'ultimo giorno a Marrakech, vogliamo vedere altro, per cui alle sette di mattina dell'ultimo giorno siamo a bordo di un taxi marocchino che corre dritto verso la stazione CTM.

Durante il tragitto il pullman rallenta in prossimità degli alberi "assaliti" dalle capre, e arriviamo nella ventosa Essaouira verso le undici.
Lo spettacolo è decisamente differente da quello che ci siamo lasciati alle spalle: distese di spiagge, bagnanti che fanno skysurf, folate di vento e coste frastagliate.
Camminiamo un po' per la piccola medina, elegante e curata, ci fermiamo in un ristorantino in cui, per 200 dhm mangiamo pesce in abbondanza in compagnia di qualche gatto di troppo, poi ci togliamo le scarpe e camminiamo a lungo sul bagnasciuga.
Percorriamo per quanto possibile le mura esterne di quella che era chiamata Mogador, le onde si rompono rumorosamente sugli scogli regalando un senso di pace; spuntiamo in mezzo ad un vivace mercato del pesce ed è praticamente già tempo di tornare.
Alle 18.00 il bus "Supratours" lascia Essaouira direzione Marrakech.
Essaouira
Le ultime ore nella città sono all'insegna della frenesia: vogliamo spendere le ultime decine di dirham rimaste in tasca cercando di portare a casa qualche souvenir. Prima proviamo con il mercato dell'abbigliamento contraffatto, illudendo qualche venditore che ci manda a stendere, poi ripieghiamo su un banco carico di barrettte alle mandorle/cocco/pistacchi e frutta secca varia.
La trattativa ormai procede stanca, il venditore annuisce all'ultimo prezzo proposto e ci lascia andare con il sacchetto di dolciumi.

La vacanza è finita, e come al solito di rilassante non ha avuto nulla.
Sull'aereo di ritorno facciamo qualche osservazione finale su questo curioso Paese, che non può lasciare indifferenti, prima di addormentarci e svegliarci sull'italico suolo.