"Le persone non fanno viaggi, sono i viaggi che fanno le persone" J.Steinbeck

lunedì 28 marzo 2022

In Grecia con fratello e papà.

Piazza Syntagma
Al tramonto -si spera- di una fase pandemica durata oltre due anni e all’alba di una guerra proprio ai margini dell’Europa, io, mio fratello, e mio papà decidiamo di regalarci una settimana in Grecia: buttiamo giù un tour che parte da Atene e tocca le attrazioni che ci sembrano più interessanti. Per diversi giorni compiamo ricerche e scremature varie; alla fine viene fuori una sorta di percorso ad anello, con partenza da Atene, passaggio a Delfi, salita su in Tessaglia fino a Meteora, discesa verso il Peloponneso attraversando il porto di Patrasso, arrivo a Micene, con tanto di visita ad Argo e Nauplia. Ritorno ad Atene passando per l’istmo di Corinto.

Fuori, un po’ a sorpresa, Olimpia, Maratona e Sparta. 
Che, dai blog consultati, sembrano essere nulla di ché. 

ένας 
Partiamo una notte di inizio marzo, l’orario è improbabile perché, si sa, le compagnie low cost viaggiano in orari assurdi, ma quello che ci stupisce, una volta giunti all’aeroporto di Atene, è il freddo che ci accoglie, accompagnato da forti sferzate di vento: temevamo il covid, scongiuravamo gli effetti della guerra, ma avevamo sottovalutato il meteo. 
L’aeroporto internazionale di Atene dista circa 40 km dal centro della città, e ci sono varie possibilità di collegamento: noi prendiamo la metro, linea 3, che con nove euro e dopo 45 minuti ci scarica in piazza Syntagma.
Sul piazzale antistante il Parlamento greco ci sono pochi curiosi che hanno sfidato il maltempo; lì riusciamo ad apprezzare il buffo cambio della guardia, che avviene ogni ora. Appagati dal cerimoniale, iniziamo a girovagare per le trafficatissime strade di Atene, sempre accompagnati dalle folate di vento. 
Piazza Monastiraki
Arriviamo all’Hotel Studios, da me prenotato (sarò io il responsabile notti); ci viene consegnata una stanza pulita ma minuscola, in cui manca persino un mobile, o una sedia, dove appoggiare i bagagli. Muoversi là dentro è come giocare a tetris; scandalizziamo nostro papà per il modo spartano in cui abbiamo impostato la vacanza, poggiamo le cose per terra e usciamo.
Iniziamo a respirare un po’ di Atene, attraversando i centralissimi quartieri Plaka e Monastiraki, tagliamo l’omonima piazza, mangiamo un gyros, e puntiamo il monte Filopappo, alle cui pendici pare esserci la prigione dove fu rinchiuso Socrate.
Arrampicarsi per quella macchia mediterranea è appagante, specie per la vista che si gode una volta giunti in cima: ovunque distese di tetti bianchi, fin dove si perde la vista, fino al mare Egeo, dove inizia il blu.
Atene vista da lì suscita meraviglia e senso di claustrofobia.
E poi c’è l’Acropoli, imponente e maestosa, che scruta la città dalla sua posizione privilegiata; è il vero gioiello della città, ma decidiamo di tenercelo per l’indomani. A differenza del Licabetto, il monte Filopappo è più vicino all’Acropoli, e permette di vederla da moltissime angolature differenti. 
Ridiscesi nel cuore della città facciamo una sosta al gusto di caffè greco, del tutto simile a quello turco, e poi, quando il corpo inizia a mostrare i primi segni di stanchezza, ci facciamo assalire dalla locura del primo giorno: prendiamo la metro e decidiamo di spendere la serata al Pireo, grosso comune attaccato alla Capitale in cui è ubicato il porto. 
A esser onesti, a parte un paio di chiese ortodosse, non notiamo nulla che attiri la nostra attenzione; ci trasciniamo un po’ nel traffico ellenico, tra scooteristi senza casco e cani randagi. Per cena cerchiamo un posto tipico lontano dalle rotte turistiche, scegliamo un locale che ora, a ricercarlo su Google, faccio fatica a trovar...Questo!, che dall’esterno sembra più un bar che un ristorante; lì veniamo coccolati dalla titolare che ci prepara degli antipasti tipici (insalata greca, tzatziki, melanzane grigliate, feta) e una specie di spezzatino con riso; il cibo non è nulla di ricercato, ma l’atmosfera del luogo rende quella cena speciale.
Rientriamo verso il centro della Capitale prendendo la metro, il primo giorno sembra durato 48 ore. 

δύο
La mattinata è dedicata all’Acropoli. 
Fino a fine marzo la tariffa per accedere a tutte le attrazioni greche è dimezzata causa bassa stagione, e un flebile sole inizia a splendere sulle disordinate strade cittadine: tanto basta a far cominciare con il piede giusto la giornata.
Il Partenone
Ci intratteniamo diverse ore in quel magnifico sito archeologico disquisendo sulle colonne doriche, ioniche e corinzie: il Partenone, l’ Eretteo (dove troviamo le celebri cariatidi), il Tempio di Atena Nike e l’Odeo di Erode Attico sono le quattro attrazioni cardini. 
Dinnanzi a tanta cultura veniamo colpiti dall’informazione che parte del Partenone fu buttato giù da cannonate sparate da navi veneziane: le nostre radici venete vengono colpite da un profondo senso di colpa, pertanto, con la coda tra le gambe, usciamo dal sito archeologico puntando l’Agorà, un’area di 12 ettari ai piedi dell’Acropoli, cuore politico, amministrativo e sociale dell’ Atene antica. Si tratta di un luogo immerso nel verde, dominato dal tempio di Efesto, da varie colonne e resti antichi, al cui fondo vi è un museo cinto da un lunghissimo colonnato in cui sono conservati moltissimi pezzi preziosi. Nel centro di quest’area colpiscono la nostra attenzione due statue, una di Socrate e una di Confucio, intenti a discutere, a simboleggiare il punto d’incontro tra la cultura occidentale e quella orientale.

Tempio di Efesto
Dopo un veloce boccone in un bar centrale, ci incamminiamo verso il Licabetto, probabilmente il colle più celebre di Atene, da cui guardare il tramonto. 
Pare che metà della popolazione ateniese sia lassù godersi il calar del sole: dimenticatevi il silenzio religioso che quel momento meriterebbe e immaginate decine di testoline e smartphone che si frappongono tra voi e il Mar Egeo. Mio fratello si fa anche turlupinare quindici euro per tre birre al limone e, non contenti, decidiamo di andare a mangiare in un posticino in cui ci rifilano dell’acqua venduta come fosse champagne.
Così cala il sipario su questi due giorni nella capitale ellenica: la città ci è piaciuta molto! L’indomani si punta a Nord, al selvaggio, al mistico, alle Meteore. 


τρία
Il noleggio della macchina si rivela un affare: 110 euro per una dignitosissima Nissan Micra da tenere cinque giorni (autonoleggio).
Dopo un breve periodo di assestamento nel traffico ateniese, prendiamo la statale diretti verso Delfi. Scegliamo di non percorrere l’ Autostrada in quanto vogliamo immergerci nel paesaggio greco: in poco più di due ore arriviamo in quello che era un luogo cruciale nell’antichità.
Delfi

I potenti, prima di prendere qualsiasi decisione importante, passavano di qua a chiedere consigli all’Oracolo. Questo si esprimeva attraverso la Sacerdotessa (Pizia), e, spesso, lo faceva con frasi ambigue: fa impressione pensare ai viaggiatori che si mettevano in marcia per settimane, mesi, nella speranza di ricevere le risposte agognate.
Delfi si trova sul monte Parnaso, circondata da altri monti, in un paesaggio rigoglioso e selvatico, un’ampia vallata si apre ai suoi piedi: se ad Atene c’era poco turismo qui ce n’è ancora meno. Il sito archeologico è stato recentemente ristrutturato, ed è molto scenografico: il tempio di Apollo, il tempio di Athena, il teatro e lo Stadion sono alcuni dei monumenti che sfileranno sotto i vostri occhi.
A concludere la visita, il solito museo. 
Cerchiamo qualcosa da mangiare per l'omonima cittadina, ce la caviamo con dei biscotti, una banana e della Coca Cola, poi ripartiamo per Meteora. 
A metà tragitto decidiamo di fare una piccola sosta alle Termopili, sede della famosa battaglia dei “300”. Una targhetta sbiadita ci informa che il paesaggio nei secoli è profondamente cambiato, e, a fianco della statale, c’è un memoriale semi abbandonato con un guerriero che inforca una lancia. 

A parte qualche camionista in sosta, siamo soli. 
Saliamo su una piccola collinetta che lambisce la strada. 
Una volta in cima odiamo un colpo secco. 
Guardando dall’alto verso la statale scorgiamo, in mezzo alla carreggiata, il corpo di un cane disteso, solo la testa sporge in su, rivolta verso un piccolo branco di cani che si sta allontanando. 
Poi la testa crolla giù, sull’asfalto.
Scendiamo verso la strada: vicino al corpo morente della bestia, un cucciolo, ci sono i detriti di un’auto, quella che l’ha colpito. Non si è fermata.
Non senza difficoltà, spostiamo la carcassa a lato della strada, un camionista che ha visto tutto da vicino pare sconsolato, le macchine continuano a sfrecciare su quel rettilineo. Mentre ci allontaniamo, vediamo aggirarsi nei dintorni quella che pare essere la madre del piccolo, tornata a cercarlo.
Questa scena, terribile, è una di quelle che mi porterò dietro da questo viaggio.

Arriviamo a Meteora che fa già buio, riusciamo solo a intravedere nell’oscurità i profili di quelli che dovrebbero essere gli imponenti massi su cui sorgono i monasteri.
Dovremmo accontentarci di questa visione, ma ancora non lo sapevamo. 
Ho prenotato una casa su Airbnb: è calda e spaziosa, ma come doccia ha uno spruzzino che, quando lo azioni, allaga tutto il bagno. 
Continuo a non essere fortunato nella scelta delle sistemazioni. 

Τέσσερα 
Questo doveva essere il giorno clou della vacanza per due motivi: 
1. Era il compleanno di Dario, mio fratello. Trent’anni. 
2. Eravamo a Meteora, località caratterizzata dalla presenza di spettacolari monasteri costruiti in cima a falesie di arenaria (ho usato Wiki per evitare di usare impropriamente monti, speroni, rocce). 
3. Per unire il punto 1 al punto 2 abbiamo percorso circa 500 km e oltre cinque ore di macchina. 

E’ stato un fallimento. 

Le previsioni meteo non erano buone, e la località in questione è nota per il brutto tempo, ma quello che si è verificato quel 5 marzo 2022 ha sfiorato l’incredibile: ogni minuto di quella maledetta giornata è stato caratterizzato da pioggia, vento e, cosa peggiore, fittissima nebbia, che ha di fatto reso invisibile lo spettacolo ai nostri occhi. 
Ostinatamente abbiamo tenuto fede al nostro essere viaggiatori, siamo ascesi a tutti i monasteri – in un paio siamo entrati, 3 euro a persona l’ingresso-, incuranti dell’acqua che entrava nelle scarpe abbiamo battuto tutti i gradini, siamo discesi in una valle sperando di trovare qualcosa di interessante che non fosse fango e umidità, abbiamo girato come trottole per Kalambaka- questo il nome della cittadina-fino a restare soli, cani e gatti randagi esclusi, in attesa dello spiraglio di sole che ci avesse dato la possibilità di dire “ok, dopo tanta attesa, ne è valsa la pena”.
Solo che l’acqua non è cessata, la nebbia non si è diradata, mentre il sole è calato, battendo il gong finale alle nostre speranze (e sofferenze).

Per la festa di compleanno abbiamo comprato una paella surgelata e della birra al limone al Lidl, mi piacerebbe scrivere che ci siamo ubriacati ma non sarebbe veritiero.
La serata si è spenta senza essersi mai accesa. 

πέντε 
La giornata inizia come era finita quella precedente: pioggia e nebbia. 
Dobbiamo assolutamente andare giù, verso sud. 
Vista la lunghezza del viaggio che ci attende, decidiamo di prendere l’autostrada. 
Anche in Grecia la benzina supera i 2 euro al litro (dedicato a chi pensa che sia un’esclusiva italica il caro carburante), e, sommata ai frequentissimi caselli autostradali, renderà questo viaggio verso il Peloponneso un discreto salasso
Ma il clima è soleggiato, superiamo il ponte di Patrasso -anch’esso a pagamento-, affascinati da quel prodigio architettonico, e arriviamo a Micene che sono le due di pomeriggio. 
Lì ci accolgono due notizie, quella buona è che, essendo la seconda domenica del mese, l’ingresso è gratuito, la seconda, meno buona, è che in un ora e mezzo il sito chiuderà. 
Ci fiondiamo verso la tomba di Agamennone (conosciuta anche come “Tesoro di Atreo”), poi, attraversata la strada a circa trecento metri sulla destra, si apre la vecchia Micene. Costruita su una collina, l’inizio di primavera ci regala una versione della cittadina in fiore, ancora parzialmente protetta dalle mura ciclopiche. 
Porta dei Leoni

 Percorriamo la strada lastricata fino alla Porta dei Leoni, antico accesso presente in tutti i libri di storia dell’arte. Una volta dentro si possono ammirare le fondamenta delle antiche abitazioni, i tempietti, alcune tombe reali e, in cima, il palazzo reale. 
Il quartiere degli artigiani costeggia la dorsale del colle, mentre un’altra porta d’accesso, meno nota di quella dei leoni, si apre a nord. 
Ormai di queste costruzioni è rimasto ben poco, ma il panorama fantastico e un briciolo di fantasia rendono memorabile questa tappa. 
Vi è ancora il museo Archeologico, contenente i pezzi trovati dagli scavi di Schliemann e successori: attenzione alla maschera funeraria di Agamennone, quella che vediamo esposta qui è una copia, mentre l’originale si trova al Museo Nazionale di Atene! 
Prima di fare tappa al Morfeas Hotel, questa volta scelta azzeccata, veniamo attratti da una fortificazione presente su una collina rocciosa che sovrasta Argo. 
Scopriamo si tratta di Larissa, antica acropoli della città, su cui è stato in seguito costruito un castello bizantino-veneziano, cui sono rimasti solo alcuni resti. 
La costruzione, frequentata da ragazzi che vogliono godersi una birra prima del tramonto, o giovani coppie, versa in stato di semi abbandono, ma è l’ideale per regalarsi una vista eccezionale a 360°, da Argo fino al mare, e non solo. 

Posiamo i bagagli presso l’hotel, nel cuore della cittadina, in giro c’è fermento, la gente è vestita tipo carnevale, i locali sono assaliti da ragazzi che fanno baldoria. Noi troviamo conforto in un tavolo del Kompologaki, mangiamo un antipasto tipo gnocchi di pasta, seguito dal piatto del giorno a base di agnello; mio papà non gradisce, noi si. 
Il ristoratore ci omaggia con un vasetto di marmellata e un dolce finale, cosa volere di più?

επτά 
L’ultimo giorno prima di rientrare ad Atene inizia con la visita al teatro Epidauro
Si tratta di un sito archeologico straordinariamente conservato, considerato il miglior esempio di teatro greco per acustica ed estetica; conta una capienza di 15.000 posti, e ancora oggi vene utilizzato per concerti ed eventi. 
Noi arriviamo la mattina presto quando ancora non c’è nessuno, proviamo a lanciare una monetina nel centro dell’arena cercando di capire se il suo suono si sente fin sui gradoni più distanti. 
II risultato è dibattuto, ma non siamo nessuno per smentire questa leggenda. 
A lato del teatro si apre il sito archeologico con il Tempio di Ascelpio, la Tholos,lo Stadio, e altre costruzioni. 
Parte dei colonnati sono stati ristrutturati, ed è un passatempo cercare di capire ciò che è stato ricostruito dai pezzi originali. 
Il museo archeologico è un obbligo a cui dobbiamo sottostare, prima di prendere la Nissan e puntarla in direzione Nauplia
La città sul mare si presenta ai nostri occhi più come un luogo per villeggianti che per turisti: passeggiata lungomare, negozietti, gelaterie, porticciolo. 
Una Loano greca, qualcuno azzarda.
Imperdibile la salita presso la Cittadella di Palamedes: si trova 216 metri sopra la baia di Nauplia e per raggiungerla occorre scalare 1000 gradini; nulla di impossibile per noi che da giorni maciniamo chilometri su chilometri. 
La cittadella, il cui ingresso costa 4 euro, si snoda su otto bastioni e lunghissime mura di cinta, regalando il solito panorama mozzafiato. 
Da li si può apprezzare anche l’isola di Bourdki, posta a poche centinaia di metri dal porto. Scendendo decidiamo di fare il bagno (delle caviglie) nel Mar Egeo, poi passeggiamo un po’ lungo il mare. 
Il porto è la solita sfilata di yacht e navi da crociera, il gelato lo prendiamo da un italiano situato nel budello della città vecchia, dedalo di vie assalite da orde di turisti. 
Nel tardo pomeriggio il vento torna a fare la voce grossa: decidiamo di ripiegare verso l’hotel. 
La ricerca del posto per la cena sarà più ardua che mai: il sette marzo dev’essere una specie di festa nazionale, per cui troviamo tutto chiuso. 
Ormai condannati ad andare a letto digiuni, troviamo il ristorantino dell’altra sera aperto, chiediamo del mussaka ma non ce l’hanno: torneremo in Italia senza aver assaggiato il celebre piatto ellenico. 
Ci saziamo con del polpo in umido e patate. 


οκτώ 
L’ultimo giorno si carica sulle spalle la stanchezza della settimana appena passata e le preoccupazioni legate al viaggio di ritorno. 
A metà strada tra Argos e Atene ci fermiamo a Corinto, famosa per il canale lungo sei chilometri che collega il Mar Ionio a quello Egeo. Subito ci troviamo di fronte a un gigantesco cantiere; eccoli là i lavori di manutenzioni che ci impediscono la vista, pensiamo. 
Non ci diamo per vinti, decidiamo di sfidare la sorte – e le autorità greche- introducendoci di soppiatto nell’area di cantiere , rubando qualche scatto dalle impalcature. 
Ripresa la marcia, poche centinaia di metri dopo, ci rendiamo conto che c’è un ponte accessibile a tutti da cui è possibile ammirare il canale in tutta la sua bellezza, liberamente, senza rischiare di finire i propri giorni in un carcere greco. 
Facciamo ancora foto, anche se con meno entusiasmo.
Canale di Corinto

Arriviamo ad Atene nel tardo pomeriggio, ci son ancora varie ore da coprire: un’ amica di papà ci suggerisce un cimitero (cimitero delle ceramiche), in una zona nemmeno troppo centrale, famoso per alcune ceramiche e tombe particolari. 
Leggiamo su qualche blog che la parte più interessante del luogo è costituita dalle tartarughe che, pigramente, popolano il cimitero: anche per noi varrà questa considerazione. 
Posiamo la macchina. 
Restano un paio di ore, come riempirle? 
Resta il Museo Archeologico Nazionale
Non lo nego, avevo sperato di saltarlo, specialmente dopo una settimana passata tra siti archeologici e musei, ma il tempo a disposizione sembra cucito su misura per quest’ultimo ingresso. 
Ironie a parte, questo Museo è estremamente importante- lo si nota dall’imponente ingresso-, ed è ricco di sculture e oggetti preziosi, mi risveglia persino qualche ricordo di stampo liceale. 
Il cronide di Capo Artemiso, il fantino di Capo Artemisio,l’Efebo di Anciterra,la stele di Aristione, e decine di altre opere che avrei apprezzato maggiormente se questo museo l’avessi visto il primo giorno e non l’ultimo. 
Passeggiando verso Piazza Syntagma, luogo in cui prenderemo la metro che ci porterà all’aeroporto, facciamo ancora in tempo a comprare una maglietta, io, e una civetta in bronzo mio fratello. 
Tutti gli obiettivi sono stati portati a termine, non possiamo che essere estremamente soddisfatti del giro fatto, di quanto visto e dell’aspetto logistico legato agli spostamenti; peccato per quelle meteore, che ci ricorderemo per anni avvolte nel mistero e nella nebbia.