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venerdì 22 agosto 2025

Spagna del Nord in van: quel che siamo riusciti a vedere in due settimane.

La traversata francese

Il primo passo per organizzare una vacanza in Spagna del nord con il van è ottenere un van. Noi abbiamo aggirato questo scoglio facendocelo prestare dai genitori di Viola (che ringraziamo).Tutto il resto è in discesa. L’itinerario è volutamente approssimativo: la libertà che assicura un mezzo del genere è quella di potersi muovere liberamente, concedendo maggior tempo alle località più meritevoli e togliendone a quelle meno interessanti, o in cui minaccia brutto tempo.
La partenza avviene in un luogo imprecisato vicino Milano, dove è depositato il van; dopo un breve briefing in cui ci viene ricordato come cambiare le acque chiare, quelle scure (la merda), fare rifornimento, e alcune specifiche relative al mezzo che, fatta la prima curva, ci dimentichiamo immediatamente, partiamo verso ovest, direzione Monginevro. Percorrendo l’A4 gocce di pioggia battezzano il nostro viaggio, e noi ne approfittiamo per prendere confidenza con questo bestione lungo 6 metri e largo 3.

Bibbia digitale di ogni camperista è l’applicazione Park for Night, gratuita, che mostra per ogni località campeggi, aree di sosta, parcheggi pubblici e servizi utili per chi vuole dormire sul proprio veicolo. Abbastanza indispensabile per chi si cimenta in un viaggio del genere.
Dopo un breve pit-stop a Briancon, ci fermiamo alle Camargues, in Francia, dove troviamo una squallida area di sosta che ha il merito di trovarsi a poche decine di metri dal centro di Saint Marie de la Mer. E’ già pomeriggio inoltrato quando percorriamo le stradine del centro della cittadina francese, sgrananchiendo gli arti inferiori. Qui ci regaliamo il primo bagno della vacanza (chissà come sarà freddo l’acqua dell’Oceano! Ci aveva ammonito qualcuno), entriamo nella graziosa cripta della Chiesa (quella su cui si può salire sul tetto) e in un alimentari acquistiamo i primi viveri per i successivi pasti. In serata il cielo si colora con dei fuochi d’artificio!
La mattina seguente, saldato l’obolo per la notte e assaporato il classico croissant, ricominciamo la traversata del sud della Francia: a metà pomeriggio sostiamo a Carcassonne, città medievale che in precedenza conoscevo solo per il gioco da tavola (se passiamoda lì lo compro, cit*). Carcassonne la metto sullo stesso piano di Bonifacio, Monteriggioni, Pienza, e tutte quelle cittadine suggestive se osservate in foto o in qualche ripresa dall’alto, ma, una volta in loco, risultano traboccanti di turisti, colonizzate da gelaterie, negozi di souvenir e file di persone ovunque. Insomma, un incubo.
Nel pomeriggio inoltrato arriviamo a Lourdes, che è sempre una buona idea. Si tratta di una perla accolta tra i monti dei Pirenei, in cui è difficile differenziare il sacro dal commerciale. Riesco perfino a convincere Viola a partecipare alla messa delle 22.30 nella grotta dove Bernardette ebbe le celebri apparizioni mariane a metà ‘800. Mio fratello via telefono annuncia la nascita di sua figlia, divento zio. Potrebbe essere interpretato come segnale divino?
La mattina seguente facciamo il nostro primo carico/scarico di acqua: io mi occupo di riempire il serbatoio da cento litri, mentre Viola si diletta con i liquami. Faremo un po’ a turno.Cit.
L’uscita dalla Nuova Aquitania viene accolta con un sospiro di sollievo: le autostrade francesi ci hanno spremuto come arance siciliane.

*vabbè su Amazon lo vendono a metà prezzo, lo prendo lì.
Attualmente é ancora nel carrello.

Finalmente Spagna! Paesi Baschi y Pamplona
San Sebastian si trova a pochi chilometri dal confine francese, e ci accoglie con della pioggerellina che aumenta di intensità man mano che ci avviciniamo alla spiaggia. E’ ricca di spazi verdi, moderna, in alcuni angoli un po’ inglese, in altri francese, viste le numerose ville in stile liberty presenti lungo La Concha, baia su cui si srotola la città basca.
La Concha di S. Sebastian
 Dopo aver posteggiato il van in un’area di sosta periferica, percorriamo il lunghissimo lungomare che si affianca alla baia, incastonata tra i monti Igueldo e Urgull. Percorrendo le stradine strette della città vecchia riconosco la Spagna di cui ho memoria; attraversiamo Plaza de la Costitution, la Cattedrale, la Chiesa di San Vincente, sbattendo continuamente in locali in cui vendono pintxos, sorta di tartine basche con sopra un po’ di tutto, specialmente pesce, che si divorano in pochi bocconi. Meglio se accompagnati da cerveca o tinto de verano. Ne proviamo un po’ con pareri contrastanti.
Nel pomeriggio saliamo sul monte Urgull, mentre in spiaggia dei soccorritori provano a rianimare un corpo ormai esamine-pessimo presagio-. Entriamo nell’Aquarium dove Viola riempie la propria galleria del telefono con foto di cavallucci marini, mentre io penso che un altro pintxo me lo mangerei volentieri a merenda. Il tuffo nel mar Cantabrico salta causa pioggia in atto; peccato, la spiaggia è enorme, libera ed attrezzata.
Il giorno successivo, l’8 Luglio, è dedicato a Pamplona, in festa per San Firmino. Esatto, quella in cui tori corrono insieme alla folla, non di rado incornando qualcuno. Specifico di essere contro le corride, e trovo inutilmente sadico spettacolarizzare la morte di una bestia, tuttavia ci trovavamo a pochi chilometri da Pamplona, durante una festa conosciuta in tutto il Mondo, tirare dritti sarebbe stato poco saggio, no?
Il van riusciamo a posteggiarlo in un’area di sosta prossima al centro città, e la festa è esattamente quello che uno si aspetta di trovare: strade brulicanti di gente che canta, balla, intona cori, beve, tutti rigorosamente vestiti di bianco con il fazzoletto rosso al collo. Una festa diffusa e partecipata, contagiosa, con però in agguato sempre l’ombra ingombrante della tauromachia. Alle 8.00 di mattina, infatti, per tutta la durata della Festa, ha luogo l’
encierro
, ossia il passaggio dei tori dal luogo in cui sono custoditi all’arena dove, nel pomeriggio, troveranno la morte. Questo tratto di strada, lungo poco meno di 900 metri, viene transennato, e chi vuole può percorrere la strada a fianco dei tori. Noi, la mattina seguente, ci alziamo di buon’ora cercando di sbirciare qualcosa, ma il muro di persone che accalca l’Estafeta (la stadina dell’encierro) è troppo fitto, e non sentiamo nemmeno gli zoccoli dei tori. Solo una mandria di persone spostarsi.
Pamplona dev’essere una bella città, chi l’ha visitata durante il resto dell’anno la descrive come tranquilla e ordinata: noi, avendola vista durante quei giorni di orgasmo collettivo, facciamo fatica a giudicarla. Entriamo in maniera piuttosto casuale in un paio di chiese (anche quella in cui sono custodite le spoglie di San Firmino) e visitiamo un ponte romano da cui passa il cammino di Santiago. Può bastare così.
Torniamo nei Paesi Baschi, dove ci godiamo un po’ di mare nella splendida spiaggia di Zumaia, celebre per le scogliere in cui si può notare il flysch, singolare stratificazione rocciosa. Imperdibile l’Eremita di San Telmo, cappella da cui parte uno splendido sentiero in cresta a una roccia da cui ammirare le scogliere circostanti. La notte viriamo verso l’interno, Guernica, città distrutta dai bombardamenti durante la guerra civile spagnola, da cui Picasso prese spunto per la sua celebre tela. Com’è noto, l’enorme dipinto si trova a Madrid, mentre a Guernica ci si deve accontentare di un murales.
Ciò che ci resterà di questa città, che ha subito una veloce ricostruzione, è l’enorme area di parcheggio gratuita in cui passiamo la notte, pasteggiando a base di sardine e radler.
L’indomani è in programma la visita all’isola di Gaztelugatxe (prenotazione gratuita ma obbligatoria!): la prima parte della giornata la riempiamo con un trekking di una decina di chilometri nella Riserva Naturale di Urdaibai. Il percorso in alcuni punti è poco segnalato, ma i paesaggi sono incantevoli e la vista da San Pedro Atxarre merita tutta la sudata.
Dopo un po’ di melina, entriamo nel sito di G. (
ho un bug, non riesco a scriverlo correttamente
): il luogo è incantevole anche per chi non è un appassionato del Trono di Spade (da queste parti è stata girata qualche scena) e a ogni passo della discesa viene da tirare fuori il telefono per immortalare questo spettacolare mix di natura e lavoro dell’uomo. Il tutto esaltato da una giornata splendida.
** Forse le sensazioni sono ampliate dalle due birre e i vari pintxos che mi sono scofanato al bar vista mare prima di entrare nel sito**
Dopo aver rifornito il camper di cibarie, puntiamo la capitale dei paesi Baschi, dove troviamo uno splendido parcheggio sui monti che sovrastano Bilbao, vicino alla teleferica, da cui godere di un maestoso tramonto, che perdiamo per pochi istanti. Da queste parti a luglio tramonta tardissimo, dopo le 22.
A Bilbao attribuisco un 7.5, Viola un 7. La città è curata, moderna, ha slanci artistici, però forse manca quel qualcosa che faccia dire wow! C’è da sottolineare che non siamo entrati al Guggenheim Museum (abbiamo solo una giornata, e poi non ci capiremo nulla), ma ci siamo limitati a circumnavigarlo, come fanno in tanti col braccino corto e interesse artistico nullo.
Casco Viejo, Ponte Zubizuri ("quello del Lingotto è meglio"), Basilica di Begona (chiusa, ma le scalinate le abbiamo salite tutte), zona moderna, mercato centrale, viaggio in teleferica con annesso mirador, sono stati i punti toccati durante queste frenetiche ore nella capitale basca. Aupa Athletic e panino col chorizo!

Cantabria e Asturie
Lo spostamento verso Oviedo ci prende una giornata e mezza: per prima cosa facciamo tappa a Playa de Legre, dove il vento e le nuvole ci vietano la gioia di un tuffo in acqua, mentre per la notte veniamo respinti da ben due aree di sosta, e troviamo riposo solo a Cabreces, località ai più sconosciuta, che ricorderò per l’enorme chiesa di colore rosso appoggiata tra i verdissimi colli cantabrici, come fosse un pezzo del presepe troppo grosso.
Santillana del Mar è un borgo medievale carino ma afflitto dalla stessa malattia di Carcassonne, mentre Comillas è una rinomata località marittima nota, tra le altre cose, per il Capriccio di Gaudì, opera progettata dal celebre architetto catalano su commissione privata. Dinnanzi all’ingresso del parco che custodisce il Capriccio, ci viene comunicato che ci sono almeno due ore di attesa: il van è parcheggiato da cani, e non possiamo permetterci di buttare tutto quel tempo. Scusaci Antoni, sarà per la prossima.
Ripariamo sulla Playa de Rodiles, caratterizzata dalla presenza di una fitta pineta di eucalipti, in cui i merenderos spagnoli celebrano le vacanze a colpi di cocomero e cerveza.
La sera giungiamo ad Oviedo, prima di allora conoscevo per aver dato i natali a Alonso, e perché confondevo con Orvieto. Girovaghiamo un po’ per la città in cerca del parcheggio migliore dove accamparci: finiamo in un quartiere elegante, sede di un polo universitario, dove, discretamente, ormeggiamo sperando di non destare troppo fastidio ai residenti.

L'indomani lo passiamo tra le stradine della capitale della Asturie: scopriamo una città deliziosa, con un centro storico diffuso, pulito e ricco di installazioni artistiche. La singolarissima Plaza del Fontan, la Catedral de San Salvador, Mafalda seduta su una panchina e l’imperdibile Calle Gascona - la via della sidra - è quello che più ci resta di Oviedo. Per pranzo ci abbuffiamo a colpi di fagiolata, innaffiando il tutto con la storica bevanda di mele (Sidreria Las Guelas). Bello il servizio, prezzi modici (3,80 al litro) ma…non credo cercherò il sidro tra gli scaffali di un supermercato a Torino, una volta rientrato.
Nel pomeriggio usciamo dalla città per raggiungere la Playa del Silencio: si lascia il veicolo nel parcheggio a pagamento e si scende la ripida discesina, godendosi il panorama. Spiaggia  di sassi e acqua limpida. La notte la trascorriamo nell’area di sosta di  Tapia de Casariego, località marittima in cui è facile imbattersi in scuole di surf e camperisti a riposo. In una lavanderia a gettoni diamo una ripulita a tutto il nostro guardaroba, e ci godiamo il più bel tramonto della vacanza affettando un melone.
Playa del Silencio

Il 14 Luglio tocchiamo il punto più a Ovest rispetto a casa, poi sarà un lento rientro.
La mattina sfruttiamo la piscina naturale di Tapia, facendo due passi lungomare fino al faro, mentre nel pomeriggio approdiamo a Praia del Catedrais, in Galizia, località caratterizzata da spiagge sormontate da formazioni rocciose che ricordano, appunto, cattedrali. Per accedere alla spiaggia occorre una prenotazione, gratuita. Volendo si può partecipare anche a una visita guidata, sempre gratuita, in cui viene spiegata la formazione e l’evoluzione del manto roccioso. Mentre la guida spagnola ci diletta con nozioni geologiche che, vista la barriera linguistica, oltre che culturale capisco approssimativamente, rifletto sul fatto che nel Belpaese un servizio del genere –servizi e docce gratuiti, nessuno stabilimento balneare, bagnini a volontà e addirittura una visita guidata gratuita della spiaggia- sarebbe pura utopia.
La visita si conclude in una mezz’oretta, tempo di vedere le rocce in tutta la loro imponenza: in pochi quarti d’ora la marea coprirà tutto, obbligando i bagnanti a tirare su teli e secchielli, e portarsi in salvo.
Sul van siamo dilaniati (dai, non esageriamo…assaliti) dal dubbio: tiriamo fino a Santiago o no? In fondo manca solo un’ora di strada. Tuttavia, che senso a fare tutto di corsa? Inoltre ci piacerebbe raggiungerlo a piedi, un giorno, alla fine del celebre Cammino. Lasciamo stare, no spoiler, puntiamo nuovamente verso le Asturie, nel Parco Nazionale dei Picos de Europa.

I Picos de Europa.
I Picos de Europa sono una catena montuosa sita nel nord della Spagna, a cavallo tra la Cantabria, le Asturie, e la Castiglia y Leon, chiamata così perché erano le prime vette europee visibili per i naviganti che provenivano dalle Americhe. O, almeno, così narra la leggenda.
Cangas del Onis, cittadina tra le più importanti del parco, ci respinge causa assenza di parcheggio. Ci accampiamo più avanti, nell’area di sosta Munigo, isolata da tutto e tutti, indecisi sul come muoverci nei due giorni seguenti. Qui abbiamo due obiettivi: visitare Covadonga (con i laghi) e percorrere la Ruta del Cares, di cui Viola è grande promotrice.

La Santa Grotta
La mattina seguente l’ometto seduto nel gabbiotto turistico poco distante da noi ci comunica che i ticket per i pullman sono esauriti (in alta stagione alcune strade sono inaccessibili ai veicoli privati, ma si percorrono solo con trasporto pubblico): non demordiamo e raggiungiamo a piedi Covadonga, dove veniamo accolti dalla Cattedrale e dalla Santa Grotta, chiesetta incastonata nella montagna in cui è sepolto Pelayo, condottiero cristiano che, secondo la leggenda, nel 722 sconfisse i musulmani dando il via alla Reconquista, conclusasi solo nel 1492 con la caduta di Granada. Storia interessante.
Già questi due monumenti sarebbero sufficienti a giustificare un passaggio nei Picos de Europa, ma, non paghi, montiamo su un taxi per i laghi di Covadonga: con 7,50 euro veniamo scarrozzati tra tornanti e vallate, incontrando non di rado mucche e caprette. I laghi, di origine glaciale, sono spettacolari, e la giornata non ammette nuvole in cielo. Unico difetto? La marea di turisti che si riversa in questo luogo. Ma non possiamo essere troppo critici essendo noi parte del problema. Ci dilunghiamo in un giro ad anello che tocca i due laghi e alcuni altopiani, abbozziamo un picnic ma veniamo minacciati da una mamma mucca. Torniamo al van sporchi di fango.
Il giorno dopo ci spostiamo Las Arenas, sempre nel Parco dei Picos, da dove prendiamo un bus (Las Arenas/ Poncebos) che in pochi minuti ci porta all’attacco della Ruta del Cares, un percorso di circa 26 chilometri totali, che si sviluppa tra le gole scavate dal fiume Cares. Il cammino, scavato con precisione e fatica dall’uomo ai fianchi della montagna, regala panorami mozzafiato. Il dislivello non è eccessivo, e la continua invasione delle capre (o forse la nostra nei loro confronti) rende tutto più allegro. Imperdibile se si passa da queste parti.

Scorcio del Sentiero del Cares
Torniamo via taxi, poiché le corse programmate, già esigue, paiono saltare continuamente. A Las Arenas dormiamo due notti in un enorme parcheggio in cui convivono armoniosamente automobili e camper, il tutto sotto lo sguardo benevolo delle autorità locali. Un fiumiciattolo scorre per il paese, regalando ristoro ai turisti, e le abitazioni rimandano a un’atmosfera di montagna che non ci dispiace affatto.
Durante la notte veniamo continuamente svegliati da un allarme proveniente dal frigo: la batteria è scarica e il suddetto non raffredda più. L’unica soluzione sarebbe quella di riaccendere il motore e partire. Ma sono le tre. Aspettiamo albeggi. L’allarme continua a suonare, ogni mezz’ora, per tutta la notte. E il formaggio in frigo inizia a sciogliersi e a puzzare. Maldición.

Il rientro
Nel viaggio a ritroso, direzione Italia, ci regaliamo una tappa a Lekeitio, paesino marittimo nei Paesi Baschi, colpevolmente saltato all’andata. Anche qui dormiamo in un’area camper ben attrezzata, con la particolarità che il gettone per il carico dell’acqua va recuperato in centro al paese.
Ci godiamo quella che ha l’aria di essere una delle ultime giornate di mare: la spiaggia, di sabbia, è vasta ed attrezzata con servizi e docce; inoltre c’è una sorta di atollo su cui salire per godersi la vista di tutta la baia. La sera ci regaliamo una cena a base di pesce e un gelato dai colori intensi, forse fin troppo. Chimico.
Gli ultimi due giorni della vacanza sono contraddistinti da autostrade, caselli, infiniti chilometri che scorrono, sul cemento e sul navigatore. Ripassiamo da San Sebastian, ancora sotto la pioggia, dove compriamo dei doni per i genitori di Viola: della paprika, una bottiglia di sidra e alcune scatole di aringhe. La sera ci fermiamo a Cap D’Agde, meta dal sapore trasgressivo, dove ci facciamo trasportare dalla folla di turisti lungo la promenade.
Una leggera pioggia, il mattino dopo, ci spinge a riprendere la marcia, ancora chilometri, caselli e cartelli. Sisteron ci regala un kebab gourmet e l’ultima sensazione di vacanza, poi le Alpi si aprono dinnanzi a noi. L’ultima notte la passiamo al Monginevro, in una vasta area camper; la temperatura è fresca, da felpa. Di scorte in frigo non ce ne sono più. Mentre affrontiamo le curve dell’autostrada che ci porta a Torino penso che sicuramente qualche multa l’avremo presa, e che sarà un bel casino mettersi davanti al computer e provare a raccontare questo viaggio.